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La politica metta al centro l’interesse delle future generazioni
Per essere normale, l’Italia ha bisogno di credibilità interna ed esterna e di maggior giustizia sociale, che non passa attraverso la flat tax (una tassa che favorisce le fasce più abbienti della popolazione) ma attraverso - una volta per tutte - una seria lotta all’evasione fiscale, ai privilegi e alle baronie.
“Nell’interesse delle future generazioni”. Così recita l’articolo 9 della nostra Costituzione relativamente alla tutela dell’ambiente, della biodiversità e degli ecosistemi, articolo modificato nel corso della legislatura che sta per concludersi e che pone in primo piano la necessità - quasi l’obbligatorietà - che ogni decisione assunta da parlamento, governo, istituzioni, amministrazioni locali, ma anche da semplici cittadini, debba perentoriamente considerare anche l’impatto sul futuro ambientale e climatico del nostro Paese, anche nell’interesse delle future generazioni.
In sostanza, la riforma costituzionale considera i diritti di coloro che verranno alla pari - se non prevalenti - rispetto a quelli di cui oggi godono i cittadini con standard di vita ed economici elevati, spesso sulla scorta di un modello di sviluppo che sta distruggendo l’ambiente, le biodiversità e gli ecosistemi, consumando territorio, patrimonio culturale, risorse economiche, welfare e futuro del Paese, perché anche il debito pubblico e le pensioni incidono sulle generazioni future.
Per questo la Cisl si appella alle forze politiche che stanno per iniziare la campagna elettorale e ai singoli candidati che chiederanno la fiducia agli elettori, affinchè non si limitino a formulare slogan e propaganda a basso prezzo per assicurarsi qualche voto in più, ma abbiano coraggio - troppo spesso mancato in questi ultimi trent’anni - di mettere in campo una visione più ampia nelle decisioni politiche, considerando la debolezza e la vulnerabilità degli interessi delle generazioni future, scardinando la tendenza della politica, della democrazia e dell’economia a essere schiacciate sulle esigenze del presente.
Una cosa è ormai certa: non c’è più tempo, e non solo per gli aspetti climatici. Bisogna smetterla di promuovere illusioni e promesse irrealizzabili.
Dopo trent’anni di mancata crescita, di occasioni di sviluppo perdute, di aumento abnorme del debito pubblico, per 18 mesi avevamo cominciato ad assaporare il gusto della normalità, per quanto fossimo, come tutt’ora, in una situazione straordinaria con la pandemia non ancora conclusa e una guerra alle porte di casa.
Avevamo iniziato a gustare il valore della responsabilità, con una grande coesione delle forze politiche a supporto di un governo di unità nazionale che mai si era visto prima, generatore di credibilità internazionale, di fiducia dei mercati e degli investitori, di crescita economica, di dialogo e concertazione con le forze sociali, come non si vedeva proprio da oltre tre decadi.
Per essere normale, l’Italia ha bisogno di credibilità interna ed esterna e di maggior giustizia sociale, che non passa attraverso la flat tax (una tassa che favorisce le fasce più abbienti della popolazione) ma attraverso - una volta per tutte - una seria lotta all’evasione fiscale, ai privilegi e alle baronie.
Il nostro Paese ha bisogno di certezze e di stabilità, a partire dalla sua collocazione euro-atlantica e dalla consapevolezza che senza politiche energetiche e di sviluppo sostenibili le prospettive, anche di breve termine, per famiglie e imprese saranno dirompenti e imprevedibili.
Sono necessari più che mai investimenti pubblici e privati che passano attraverso la credibilità e la fiducia degli investitori, interni e internazionali, con un sistema fiscale equo e un’amministrazione pubblica efficiente che metta al centro il valore del lavoro, delle competenze e della persona umana.
Al Paese, inoltre, serve nuova forza-lavoro adesso, non tra vent’anni, e non per favorire una politica dell’immigrazione irregolare o clandestina, ma anche per governare flussi migratori utili al funzionamento e al mantenimento delle imprese sul territorio e per far funzionare servizi pubblici, a partire dalla sanità, ma soprattutto forza-lavoro che sostenga la crescita economica e lo sviluppo, senza cui non ci saranno prospettive di tenuta del sistema previdenziale e dell’intero welfare state.
L’Italia ha bisogno di giustizia ed equità a partire dalla tutela delle pensioni più basse, non con promesse propagandistiche, ma attraverso certezza del recupero del potere di acquisto e un sistema previdenziale che rimuova squilibri ed eccessi finora ma presi per mano.
In sostanza, questo Paese ha bisogno di responsabilità verso le future generazioni, che significa responsabilità verso il proprio futuro e la capacità di cambiare e di uscire dalla politica urlata e demagogica.
Il nostro Paese ha bisogno di tutto quello che negli ultimi trent’anni non ha avuto, ovvero di politici che, come amava dire De Gasperi, “cerchino di promettere un po' meno di quello che pensano di realizzare se vincessero le elezioni”.
*Segretario generale Cisl Belluno Treviso