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Caerano di San Marco: presentato un libro su storia e arte della chiesa
L'autore è mons. Lucio Bonora che domenica 3 ottobre, durante l'incontro in parrocchiale, ha dialogato con Eugenio Manzato
“L’indifferenza ci ha avvelenati un po’ tutti. Abbiamo la chiesa, ma essa è ignorata; abbiamo le campane, ma non le ascoltiamo; abbiamo un'arte sublime che si contempla nel silenzio e nell'interiorità, ma preferiamo il clamore, gli sgorbi e così perdiamo la radice umana più sensibile al mistero”. Parole di mons. Lucio Bonora, officiale della segreteria dello Stato Vaticano e giudice del tribunale ecclesiastico, nel breve intervento alla presentazione del suo libro “Caerano di San Marco: piccola guida alla chiesa parrocchiale”.
L'incontro di domenica 3 ottobre, con il sole che dorava il campanile, ha registrato la presenza di un pubblico attento, del vicario generale mons. Giuliano Brugnotto e di numerosi sacerdoti accolti dal maestro Daniele Guiotto con le note di Girolamo Frescobaldi all'organo settecentesco di Pietro Nachini. Un inizio che ha creato l'atmosfera giusta per ascoltare il professor Eugenio Manzato, già direttore del Museo civico di Treviso, presidente dell'Associazione Amici dei musei, eccellente critico d'arte che ha centellinato intriganti digressioni sui capolavori del territorio trevigiano, collegando sempre ogni opera all'argomento dell'incontro. Il titolo “Caerano di San Marco: piccola guida alla chiesa parrocchiale” in realtà non rende ragione del lavoro, che risulta essere, più che una guida, una vera e propria storia architettonica ed artistica.
L'opera, che raccoglie ricerche fatte da mons. Bonora nel corso di decenni, era già pronta in occasione dell’avvicendamento dei parroci, don Paolo Zago uscente e don Roberto Stradiotto entrante, avvenuta nell'ottobre 2020, ma non si era potuta presentare a causa del Covid che aveva colpito l'autore proprio in quel mese.
La pubblicazione, che reca in copertina un particolare della dell’affresco del soffitto della Chiesa, opera di Giovanni Battista Canal del 1789, si presenta in un formato e una veste grafica molto elegante. Il testo è corredato da oltre una sessantina di foto, alcune d'epoca, che mostrano le trasformazioni dell'edificio sacro avvenute nel corso del tempo, altre eseguite per l’occasione, che illustrano le opere d'arte presenti.
Il libro di Monsignor Bonora è da leggere per capire affetto e sforzi riposti dagli antenati nei luoghi sacri e di identità della comunità, perché la chiesa era sì la casa di Dio, ma anche del popolo. La scrittura di facile comprensione, adatta a tutti, senza note, ma basata su documenti storici, è un invito a leggere fino alla fine per dedicare alle opere d'arte uno sguardo meno negligente, consci che non si può amare ciò che non si conosce.
La parrocchiale esisteva già nel 1400 e prima ancora, ma nel 1680, visto l'incremento della popolazione, fu decisa la costruzione di un nuovo edificio inaugurato nel maggio del 1693, come si legge nella lapide sopra la porta meridionale. Nella sua unica navata c'è la larghezza delle chiese a tre navate, e questa è già una caratteristica, alla quale si aggiunge la facciata neoclassica, precedendo quel neoclassicismo di metà '700 che si ispirava alla perfezione dei greci. Il progettista si lasciò sicuramente orientare dalle ville del Palladio: le quattro colonne doriche della chiesa mandano in fuori un porticato con tre statue sul timpano.
Nel primo novecento venne ampliata con transetto che insieme al nuovo coro le diede la configurazione a croce latina. Sopra la crociera fu costruita la cupola dalle fattezze michelangiolesche. Altra nota singolare: nell'ampliamento si utilizzò per la prima volta in Italia il cemento armato.
L'altare maggiore con il ciborio e le statue dei santi Giovanni e Pietro è un punto d'arrivo di un percorso lungo la navata tra statue e dipinti. E per chi, finalmente, alza lo sguardo al soffitto, ecco la Vergine e San Marco di Giovan Battista Canal. Una chiesa nella quale gli antenati hanno messo impegno e cuore ed è proprio il cuore che mons. Bonora fa emergere con il suo lavoro storico.
Ha fatto riflettere l'affermazione di Eugenio Manzato: le chiese sono frutto di volontà e sacrificio e quindi tutt'altro che scontate. Nei secoli passati le popolazioni si affidavano ai migliori artisti, si impegnavano in spese che poi saldavano a fatica col raccolto. Non c'era denaro, ma si riusciva a erigere opere che restano nei secoli. E con divertimento ha raccontato le peripezie di Lorenzo Lotto per farsi retribuire la sua pala nella chiesa di Santa Cristina con rate in tre anni e con un carico di vino per il saldo finale.
Anche le 14 stazioni della via Crucis della parrocchiale di Caerano hanno un risvolto simpatico. Sono state dipinte nel 1831 da Ippolito Caffi, origini bellunesi, per nulla noto all'epoca. Con i soldi guadagnati dal lavoro, l'artista potè trasferirsi a Roma per studiare e liberare l'ingegno. Qualche mese fa a Treviso in via Manin è stato inaugurato nel palazzo Spineda, con vista sul Siletto, il Caffè Caffi che custodisce quattro pitture murali di due metri per due del maestro che raffigurano Atene, Egitto, Napoli, Roma.
Eugenio Manzato ha ricordato che il Made in Italy non è frutto del caso: siamo nati e cresciuti dentro la bellezza e l'armonia di dipinti e statue, ogni giorno abbiamo sotto gli occhi capolavori, qui in Italia possediamo, grazie alla passione e alla sensibilità degli antenati, oltre la metà del patrimonio artistico mondiale, viviamo nell'indifferenza dentro un museo all'aperto che ci forma anche psicologicamente.
Certo anche agli inizi del 1900 Montebelluna e Caerano, con il loro reddito pro capite più alto d'Europa dovuto allo sviluppo del calzaturiero, dedicarono risorse alle chiese e un esempio è dato dal Duomo di Montebelluna dove mons. Bonora ha trascorso alcuni anni da cappellano. Ed ha voluto raccontare alla platea una piccola avventura dell'epoca. Una sera, insieme a Manzato, si avventurò, furtivamente con una torcia, alla caccia di opere d'arte nella sacrestia di Santa Maria in Colle, e vi scoprì una tela del '600.