lunedì, 23 giugno 2025
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Adolescenti e salute mentale, ne parliamo con Alberto Pellai

Il medico e psicoterapeuta indica nell’alleanza della comunità educante la strada da percorrere per affrontare l’emergenza

“Questo è un tempo storico in cui l’adolescenza vive la maggiore sofferenza di sempre nell’ambito della salute mentale. Quasi si tratti di una mutazione antropologica”. Parola di Alberto Pellai, medico, psicoterapeuta, ricercatore, scrittore che tanti incontri ha tenuto anche in territorio trevigiano. “L’adolescenza si è sempre caratterizzata per la sua dimensione in uscita, nel conflitto con il mondo adulto contenitivo e il desiderio forte di esplorare il mondo e di farne esperienza”. Oggi, invece, i ragazzi escono poco e un grande pezzo della loro vita si sviluppa nel virtuale, uno spazio che non allena a confrontarsi con la realtà concreta, le sue regole e le sue dinamiche. Molte fragilità nascono qui, perché quando si è sbilanciati online e ci si confronta con il principio di realtà, si cade, si chiude.

“L’immagine costruita di sé nel virtuale non corrisponde a quella della vita vera – prosegue Pellai -. Questo disorienta e si finisce per perdere il senso di sé, della propria identità”.

L’anno scorso uscì un libro epocale: “La generazione ansiosa” di Jhonatan Haidt. La sua tesi, suffragata da molti studi, è che la vita sociale degli adolescenti si sia trasferita in gran parte sui device digitali, anzitutto lo smartphone, e che questo cambiamento sociale sia il motivo sostanziale alla base dell’ondata di malattie mentali tra i teenager. Infatti, anche quando la GenZ non usa alcun dispositivo digitale, una parte cospicua della sua attenzione viene monitorata o comunque è catalizzata da eventi e connessioni che si stanno svolgendo nel web. Quindi, altrove rispetto a dove stanno in quel momento, sia nello spazio sia nel tempo. Questa condizione causa una profonda trasformazione della coscienza e delle relazioni umane.

“Il connubio tra iperprotezione del mondo adulto e trasferimento dal reale al virtuale dei preadolescenti/adolescenti è un mix che modifica il modo di diventare adulti, che necessariamente deve passare per l’esplorazione del mondo – spiega ancora Pellai -. Di fronte a questo scenario due emergenze sono da attenzionare: la prima è quella clinica, che richiede un grande bisogno di servizi adeguati per la presa in carico della salute mentale”. A oggi la psicoterapia è possibile solo in ambito privato, così come numerosi altri servizi di potenziamento e sostegno: in altre parole, servono soldi per offrire questi essenziali supporti alla crescita e a una evoluzione verso un quadro di salute. “Poi c’è il tema della prevenzione primaria, che richiede necessariamente la costruzione di una visione condivisa sulla complessità del nostro tempo e la rifondazione dei prerequisiti per una buona crescita”. Non basta, insomma, spiegare le fatiche degli adolescenti con la difficoltà degli adulti a comprenderli e relazionarsi con loro; tanti genitori cercano davvero di mettersi in contatto con le emozioni e i vissuti dei figli ma, oltre a non poter chiedere loro di diventare degli esperti in materia, non è sufficiente: c’è una dipendenza forte dallo smartphone, che agisce a livello profondo. “La battaglia per non anticipare l’uso del cellulare ai bambini nasce da qui, cosi come l’urgenza di proseguire nel lavoro formativo con gli adulti. E poi, essenziale, serve rigenerare l’alleanza nella comunità educante perché le famiglie non ce la fanno, non ce la possono fare, soprattutto se sono da sole”. Da tempo, Pellai (e non solo lui, vedi le esperienze per esempio del Centro della famiglia o del progetto Famiglie in rete) propone che ogni famiglia sia “gemellata” con un’altra con figli della stessa età: si vedano una volta a settimana, cenino assieme una volta al mese, trascorrano qualche giorno di vacanza condivisa. Tutto questo, per generare legami forti, che offrano una dimensione di famiglia allargata e contrastino il senso di isolamento e solitudine che questo tempo porta tutti a vivere.

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