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Prevenzione del melanoma: addio alla mappatura dei nei


L’importanza della prevenzione e della diagnosi precoce, in sanità, è un fatto ormai accettato. Non solo, infatti, scoprire alcune patologie in uno stadio iniziale può salvare molte vite, ma, inoltre, impatta anche sul sistema sanitario nazionale, poiché le cure, spesso, sono molto più costose degli screening di prevenzione.
Melanoma: l’importanza della prevenzione
Questo discorso vale anche per il melanoma, tumore della pelle che può evolvere in forme molto pericolose. “Il melanoma maligno – ha, infatti, spiegato in occasione di un convegno sul tema l’assessora regionale alla Sanità, Manuela Lanzarin – è in continuo aumento, e in Veneto rappresenta più del 5% di tutti i tumori. Dato che impone la massima attenzione delle istituzioni sanitarie, prima di tutto sul piano della prevenzione, e poi su quello delle cure, nei casi in cui la malattia si evolva”.
Addio mappatura dei nei
Nonostante le dichiarazioni, tuttavia, da un anno a questa parte, gradualmente, in tutte le Ulss venete, la Regione ha comunicato ai medici di medicina generale la scomparsa dell’impegnativa per la cosiddetta “mappatura dei nei”, una visita dermatologica volta specificatamente al controllo delle lesioni cutanee.
Ne abbiamo parlato con il dottor Giuseppe Palmisano, segretario della sezione veneta della Federazione italiana medici di medicina generale (Fimmg): “Queste impegnative – ci ha spiegato – facevano parte delle cosiddette prestazioni traccianti, cioè di quelle con cui la Regione Veneto monitora l’andamento delle liste d’attesa. Quindi ci è stata richiesta maggiore attenzione nel valutare l’appropriatezza delle prescrizioni. Però la cancellazione della prestazione ci ha messi molto in difficoltà, capiamo la necessità di contenere i costi, ma allo stesso tempo se il controllo dei nei è importante per la prevenzione, crediamo debba essere messo in programma senza tanti filtri. Il problema qui è stato quello delle lunghe liste d’attesa, tuttavia era necessario almeno fare dei distinguo sull’accesso alle prestazioni”.
Servivano dei distinguo
Tra le persone che richiedono la mappatura dei nei, infatti, Palmisano distingue tre diversi casi: da un lato persone che hanno già avuto un melanoma, e che dopo cinque anni sono considerati guariti e, quindi, non più seguiti come pazienti oncologici, ma hanno comunque bisogno di un’attenzione particolare; persone con un tipo di pelle maggiormente a rischio, o che hanno già dovuto rimuovere dei nei, anche se non si trattava ancora di melanomi, e, infine, il resto della popolazione. “Le prime due categorie dovevano essere tutelate e continuare ad avere accesso all’esame, mentre per la popolazione meno a rischio poteva valere quello che ci è stato richiesto, e cioè di valutare i casi specifici di nei sospetti e prescrivere una visita dermatologica solo per quelli. Ne abbiamo parlato al tavolo con la Regione, ma in questo momento il dialogo è complicato, ci avviciniamo alle elezioni, e sembra che ci sia più voglia di tagliate nastri, con la corsa alle case di comunità, che di affrontare le difficoltà concrete. Case di comunità – precisa – che potrebbero essere un grande aiuto alla medicina territoriale, se affrontassero acuzie, cronicità, gestione della fragilità e che, quindi, potrebbero migliorare il lavoro sia degli ambulatori medici che dei pronto soccorso, ma che, oggi, sono solo degli scatoloni vuoti”.
Controllo dei nei sospetti e ricorso al privato
Quindi, da ora in poi, sarà il singolo cittadino a dover fare attenzione all’evoluzione dei propri nei, e, se nota qualche cambiamento anomalo, rivolgersi al proprio medico di famiglia per valutare la necessità di una visita dermatologica specifica per la singola lesione della cute. L’alternativa, per una corretta prevenzione, sarà quella, per chi se lo può permettere, di rivolgersi alla sanità privata, come già in larga parte avviene per le cure odontoiatriche “e anche per quelle oculistiche – ci tiene a precisare il medico – che, anch’esse, servirebbero a diagnosticare in tempo importanti patologie”.
“Inoltre – prosegue il segretario della Fimmg Veneto – ci sono colleghi con grande esperienza e competenza in materia, altri, invece, che non sono altrettanto preparati. La richiesta di fare da filtro alle prestazioni dermatologiche doveva essere accompagnata da un’adeguata formazione e fornitura di strumentazione, come ad esempio di un dermatoscopio per valutare correttamente i nei”.
La situazione della Medicina generale
Oltre a ciò, bisogna considerare anche in che contesto, le nuove richieste ai medici di famiglia si inseriscono. Già oggi, in molti faticano a trovare il tempo per visitare i pazienti. Ogni specialista in medicina generale segue dai 1.500 ai 1.800 pazienti, molti con patologie croniche o polipatologie, a cui si aggiungono le normali esigenze di una popolazione a cui capita di ammalarsi e le incombenze burocratiche. E sono proprio queste ultime che preoccupano maggiormente il sindacato: “Il Veneto aveva una scuola di formazione di Medicina generale molto importante, ma oggi i nostri giovani la stanno abbandonando, perché la nostra professione è continuamente frustrata, i tagli alla spesa non ti rendono più appropriato, aumentano le incombenze e alle necessità non vengono date risposte”.
Palmisano è critico anche nei confronti del numero unico per le cure non emergenti 116 117: “Chiami un numero a cui ti risponde del personale amministrativo, che non ha accesso alla tua cartella sanitaria, il meglio che può fare è rimandarti al tuo medico di famiglia. Quello di cui davvero avremmo avuto bisogno, è di eliminare la burocrazia, che ci porta via la gran parte del tempo che potremmo dedicare ai pazienti. Richieste di invalidità, esenzioni, agevolazioni per gli acquisti di dispositivi medici. Per questo bisognava potenziare i Pua, i punti unici di accesso che forniscono informazioni e filtrano le necessità socio-sanitarie dei cittadini”.
La soluzione nelle Aggregazioni tra medici
In ogni caso, Palmisano crede che una sanità pubblica più efficiente e che dia risposte concrete alla cittadinanza, una Medicina generale che faccia davvero la differenza nella prevenzione sia possibile, ma a patto di un vero e proprio cambiamento nella gestione: “L’unico modo per i medici di famiglia di fornire un buon servizio ed evitare il «burnout» è quello di aggregarsi, grazie alle Aggregazioni funzionali territoriali (composte da 15-20 medici) e alle Medicine di gruppo integrate (aggregazioni più piccole), si riesce a fare formazione, ad avere momenti di incontro e confronto, inoltre, i medici si sostituiscono a vicenda, in modo tale che nel tempo in cui un medico non ha orario di visita, il paziente possa rivolgersi al collega, che ha accesso alla sua cartella sanitaria. Ci sono strutture aperte 12 ore al giorno, grazie alla turnazione dei professionisti e alla presenza di personale amministrativo e infermieristico. Il problema più grande rimane quello delle zone montane, dove i medici sono isolati e non riescono a lavorare in rete. In generale, ai nostri medici servono più tutele e un riconoscimento economico adeguato”.