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Creato, cura e conversione. A Camposampiero l’incontro con Ermes Ronchi e la veglia di preghiera

Da 17 anni, il 1º settembre di ogni anno la famiglia cristiana è chiamata a unirsi per riflettere e pregare su come prendersi cura del Creato, la nostra casa comune. Per l’occasione, anche quest’anno l’Ufficio di Pastorale sociale e del Lavoro, Giustizia e pace, Salvaguardia del Creato della Diocesi di Treviso ha coordinato, assieme a varie realtà, una serie di eventi che si svolgono dal 31 agosto al 4 ottobre in varie località della diocesi
22/09/2023

Da 17 anni, il 1º settembre di ogni anno la famiglia cristiana è chiamata a unirsi per riflettere e pregare su come prendersi cura del Creato, la nostra casa comune. Per l’occasione, anche quest’anno l’Ufficio di Pastorale sociale e del Lavoro, Giustizia e pace, Salvaguardia del Creato della Diocesi di Treviso ha coordinato, assieme a varie realtà, una serie di eventi che si svolgono dal 31 agosto al 4 ottobre in varie località della diocesi. Il tema guida di tutti gli eventi è “Che scorrano la giustizia e la pace”, ispirato dalle parole del profeta Amos: “Come le acque scorra il diritto e la giustizia come un torrente perenne” (5,24).

Due di questi eventi si sono svolti nei giorni scorsi a Camposampiero, ai Santuari antoniani e nell’annessa casa di spiritualità Oasi S. Antonio.

Il 31 agosto c’è stato l’incontro con padre Ermes Ronchi (sacerdote e teologo dell’ordine dei Servi di Maria, volto e penna noti al grande pubblico) sul messaggio di papa Francesco per la Giornata mondiale per la cura del Creato.

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Il suo intervento ha avuto come filo conduttore 5 parole chiave, tutte inizianti con la lettera “C”: Custodia, Conversione, Comunità, Cura, Cambiamento. Alcuni suoi spunti di riflessione: ogni creatura ha una parte di divinità e le è assegnato un compito; contemplare significa vedere l’infinito nel finito, avvicinarsi al divino; uscire all’aperto e contemplare è un dovere sacro; benedire, salutare, essere collaboratori con la vita; l’acqua è un dono, dobbiamo educarci al rispetto e all’uso; amare la natura per renderla migliore; “la terra va amata come il tuo prossimo” (Gandhi).

Per prendersi cura del Creato, ciascuno di noi può compiere alcune azioni: essere rivoluzionari, creativi e non conservativi; combattere contro il consumismo; rieducare e rieducarci a non sprecare; adottare stili di vita sobri.

Il secondo evento si è svolto la sera di venerdì 15 settembre ed è consistito in una veglia di preghiera itinerante con partenza dal santuario del Noce fino al parco della Casa di Spiritualità dei Santuari antoniani. Don Paolo Magoga, direttore dell’Ufficio di Pastorale sociale, ha guidato la veglia insieme a don Claudio Bosa, parroco di S. Pietro e Rustega, don Bruno Bevilacqua parroco di San Marco, e fra’ Nicola Zuin, direttore della Casa di spiritualità.

All’inizio del tragitto una monaca dell’attiguo convento delle monache Clarisse ha letto una breve introduzione, e poi lungo il percorso sono stati letti brani dell’enciclica Laudato si’ e dal messaggio di papa Francesco per la Giornata mondiale per la cura del Creato.

Il cammino è terminato nel parco con due simbolici segni coerenti con il tema della veglia.

Il segno dell’Acqua: l’acqua contenuta in alcuni recipienti è stata benedetta dai sacerdoti, e i presenti si sono segnati intingendo la mano nell’acqua benedetta.

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Il segno dell’Ulivo: i partecipanti si sono disposti attorno alla zona in cui i sacerdoti hanno piantato un ulivo come segno di pace tra cielo e terra; l’ulivo piantato è stato poi abbeverato con l’acqua precedentemente benedetta.

Tra i commenti conclusivi di don Paolo Magoga, uno merita particolare attenzione. La Terra va considerata come una persona, come un nostro prossimo, alla quale come cristiani dobbiamo chiedere perdono per tutti i danni che continuiamo a procurarle. Come nel sacramento della riconciliazione, però la richiesta di perdono non è efficace se non è poi accompagnata da azioni riparatrici del male fatto. E quindi se desideriamo essere perdonati dalla Terra, dobbiamo impegnarci a riparare gli oltraggi che le abbiamo procurato.

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