Penso che molti, come me, siano rimasti inizialmente un po’ sorpresi dalla elezione al pontificato del...
Beato Enrico: celebrazione eucaristica a 710 anni dalla morte

Celebrazione eucaristica in cattedrale presieduta dal Vescovo, martedì 10 giugno, nella memoria liturgica del beato Enrico da Bolzano.
Mons. Tomasi, nell’omelia, ricordando la “esagerazione” di Enrico nella carità, nella preghiera, nella penitenza, ha evidenziato che, “se riuscissimo a immaginarcelo per le strade di Treviso oggi, ci metterebbe in difficoltà, lo giudicheremmo forse in molti modi differenti. Anche allora, del resto, Enrico aveva tanti ammiratori, ma nessuno che ne seguisse l’esempio di vita. Oggi lo potremmo considerare quasi una persona senza fissa dimora che gira per la città, che chiede l’elemosina, che organizza aiuto per gli altri suoi compagni di sventura, che passa di chiesa in chiesa, che si perde con lo sguardo rivolto ad alcune delle immagini sacre ancora presenti sulle pareti dei nostri palazzi. Forse lo considereremmo un po’ esagerato, forse ci disturberebbe, anche”.
Certo, erano altri tempi, era il XIII secolo. “Anche la vita in città, e le questioni rilevanti per loro e per noi, anche il rapporto delle persone con la religione e con la fede erano differenti. All’epoca sembrava ancora strano che qualcuno potesse non credere, o non essere cristiano, e la religione era importante anche per la società civile. La cultura moderna tollera la fede, e spesso devi rendere conto delle ragioni del tuo credere. Tempi e questioni differenti, senza dubbio. Ma esagerava lui, o non esageriamo forse noi, nel tentativo di essere pacati, ragionevoli, equilibrati, moderni?”.
Mons. Tomasi si è chiesto se questa figura, pur lontana nel tempo (sono passati 710 anni dalla sua morte, il 10 giugno 1250), non abbia qualcosa da dire anche a noi oggi, ai cristiani di Treviso del XXI secolo: magari nella sobrietà dello stile di vita, nella condivisione di fatiche e problemi degli altri, nell’impegno a costruire il bene vero, nel vivere bene la celebrazione eucaristica, a partire dalle nostre comunità; nella ricerca di un tempo per la preghiera; nella cura di ciò che guardiamo quotidianamente, impegnandoci a una “pulizia” dello sguardo, magari vivendo le nostre belle chiese e le opere d’arte in esse contenute come delle finestre verso il cielo, verso l’infinito, e non solo come dei musei; e, poi, vivere relazioni autentiche di solidarietà, di carità e di cura: “Non ci è richiesto di sicuro di girare per Treviso e di chiedere elemosine per i poveri, ma di vivere relazioni autentiche di solidarietà, il dono di qualcosa del nostro per i più poveri, l’impegno di volontariato e di cura di chi ha più bisogno, questo sì, non sarebbe per niente esagerato o fuori posto”.
E a proposito dei tanti miracoli accaduti subito dopo la morte di Enrico, il Vescovo ha ricordato che “forse è bene non chiedere troppo ai miracoli: ma davvero rinunciare ad ogni speranza in un intervento divino è segno di maturità e di sapienza?”.
Mons. Tomasi ha, poi, dato tre consegne, nel ricordo del beato: “Per onorare la figura del beato Enrico, in questo anno giubilare, torno a ricordare, a me e a voi, le consegne che ho dato alla diocesi per questo anno santo. Forse ci fa bene riconsiderarle, anche nello spirito e nella testimonianza del nostro beato trevigiano:
- Troviamo un momento quotidiano di preghiera, a seconda delle condizioni di vita e di impegno di ciascuno, ma tutti. Pochi minuti di silenzio in presenza del Signore, la lettura di una pagina di Vangelo, un’invocazione a Maria.
- Incontriamoci tra noi gratuitamente, per amore di Dio e per la gioia di stare insieme, senza pretendere troppo gli uni dagli altri (anche nelle nostre comunità, anche tra preti e laici).
- Andiamo pellegrini dal Cristo che aspetta la nostra visita, colmo di speranza: andiamo a trovare infermi, carcerati, anziani in solitudine, persone con diverse abilità, persone che non riescono più a sperare”.
Una esagerazione, quella del beato mendicante, ha sottolineato il Vescovo, che ricorda lo “spreco di amore” di Cristo: “E se ci sembrerà di esagerare, pensiamo al beato Enrico, e vediamolo come un ricordo, come un ricordo proprio nella nostra città, della grande esagerazione, addirittura del grande spreco di amore che è stata la vita di Cristo, che ha dato, innocente, la propria vita per la nostra salvezza, per la nostra vita”.