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Giubileo dei giovani: le parole del Vescovo

La partecipazione di un folto numero di giovani fratelli e sorelle della nostra Diocesi al loro Giubileo è stata una ricca esperienza di fraternità, di Chiesa, di fede, di incontro con il Signore Gesù. Dal viaggio insieme, all’alloggio condiviso, dalle trasferte per Roma per raggiungere i luoghi di incontro e di attività, ai momenti di festa, di meditazione, di preghiera, di celebrazione, tutto ci ha fatti crescere nelle relazioni reciproche e ci ha aiutati a esporci con fiducia alla relazione fondamentale con Dio.
Ciascuno con una motivazione e un’attesa sua propria per iniziare il pellegrinaggio, tutti si sono aperti agli incontri: con i compagni di viaggio nelle corriere, con quanti si incontrava per strada; alle destinazioni assieme ai giovani della Diocesi, poi con i giovani di Vicenza assieme ai quali è stato organizzato il viaggio, e nei grandi eventi in cui si è allargato l’orizzonte, fino alla veglia e alla messa a Tor Vergata, incontro di un popolo grande e colorato come il mondo intero, al di là di ogni barriera e confine. E questi incontri, soprattutto lo stupore e la gioia che essi hanno generato, ci hanno fatto assaporare - soltanto per pochi giorni, certo, ma con un’evidenza illuminante - il gusto del dialogo e dell’ascolto, la possibilità della conoscenza reciproca e fiduciosa, la possibilità della ricerca della comunione e della pace.
Mi ha colpito molto, e molto mi ha fatto bene, la serietà gioiosa dei giovani con cui ho potuto vivere quest’esperienza: serietà gioiosa e sempre pronta al canto, al gioco, alla danza, ma anche gioia seria, profonda, di veri cercatori di infinito, di verità e di bellezza.
Pronti all’ascolto, questi giovani. All’ascolto di papa Leone, che li ha esortati a mettere al centro della loro vita Gesù, a fidarsi di lui e a scegliere con lui pensando in grande, andando al di là di apparenti potenze che però non saziano, non dissetano, non danno risposte sostenibili e vere. All’ascolto di noi Vescovi, quando li abbiamo esortati a essere pellegrini ben attrezzati e fiduciosi, e a fidarsi dell’amore di Dio per loro, amore dal quale parte tutto il resto, la testimonianza, l’impegno, la missione.
Li ho trovati assetati di motivi di speranza, desiderosi di trovare un senso della vita non prefabbricato o scontato, ma grande quanto le aspirazioni del loro cuore, e molto di più, fondato sulla possibilità reale di un amore che li precede e che si fa dono generoso di sé.
Li ho trovati grati e generosi, per ogni sguardo di amicizia disinteressata di tutti coloro che li hanno accompagnati, i preti e tutti gli animatori che, condividendo con loro tutte le giornate (e le nottate), hanno dimostrato loro che possono considerarsi amati e amabili protagonisti delle proprie vite.
Li ho sperimentati fragili, quando dubitano del loro valore e della loro infinita dignità, forti e coraggiosi nel tessere trame di relazioni, energici e fantasiosi, capaci di passare da una festa in cui nessuno viene escluso a mettersi ancora in fila per una confessione, pazienti, fin dopo mezzanotte.
Li ho visti pronti a impegnarsi per la giustizia e la pace, disposti a gettare ponti di incontro tra le persone, nella quotidianità, come nelle grandi tragedie e contraddizioni del nostro mondo.
Li ho visti capaci di lasciarsi raggiungere dalla Parola di Dio, assorbire dalla preghiera di intercessione e di lode, e disposti a lasciarsi toccare dall’amore di Gesù durante l’adorazione eucaristica. Il silenzio denso, vitale, emozionante di più di un milione di giovani davanti a quel piccolo pane di vita (salvezza del mondo) rimane nella mente e nel cuore di tutti coloro che lo hanno vissuto e abitato. Forse che possiamo tutti imparare dai giovani a tornare alla preghiera, respiro dell’anima, dialogo con Dio, fondamento dell’esistenza, alimento della speranza?
Sì, ho scoperto i giovani portatori di autentica speranza, anche di più di quanto loro stessi siano disposti ad ammettere.
Questi giorni sono stati un dono grande per tutti noi. Per me di sicuro, perché ho ricevuto grandi testimonianze di vita e di fede.
Ora, però, sento una responsabilità grande. Per quanto fossimo tanti, eravamo una piccola minoranza, anche dei nostri giovani. Per quanto intense e vere siano state le giornate, ora ci aspetta la vita di ogni giorno, con le sue fatiche e le sue sfide, ci aspettano le nostre comunità, in cui spesso non riusciamo a far spazio ai giovani.
Ecco il compito, la sfida, l’impegno: custodire e coltivare quanto in questi giorni è stato seminato nei cuori dei giovani dall’amore infinito di Dio.
A chi ha partecipato chiedo: annunciate a tutti coloro che incontrate il dono ricevuto nel pellegrinaggio.
Alla nostra Chiesa di Treviso chiedo: doniamo tempo ai giovani, offriamo loro spazi di libertà e di ricerca della verità e della bellezza, guardiamoli con lo stesso sguardo di amore e di fiducia che ha Gesù per loro, camminiamo insieme con loro, e lasciamoci convertire dalla loro testimonianza.