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Tor vergata venticinque anni dopo: don Paolo Barbisan entrò in Seminario dopo la Gmg del 2000

“Quella notte, la chiusura del cerchio. In questi giorni ho sentito la stessa commozione. Ora, apriamoci ad ascoltare i giovani, ad accompagnarli”
07/08/2025

“La famosissima notte di Tor Vergata, del 19 agosto 2000, è stata la chiusura del cerchio per la mia vita”. Notte indimenticabile, per don Paolo Barbisan oggi sacerdote diocesano e direttore dell’ufficio per l’Arte sacra e i Beni culturali. E, naturalmente, non solo per lui, dato che lì c’erano due milioni di persone. Notte di conversioni, scelte di vita, nascita di vocazioni, di coppie che, in quell’occasione, si sono conosciute (vedi articolo a fianco). O, comunque, salutari “scossoni” o importanti conferme. Ricordi indelebili, tornati prepotentemente alla memoria in occasione di questo Giubileo dei giovani, a venticinque anni da quello del 2000 (che era anche Giornata mondiale della gioventù), con il momento culminante vissuto, oggi come allora, nella spianata di Tor Vergata, sotto l’enorme crocifisso.

Abbiamo interpellato don Paolo perché, in qualche modo, il suo sacerdozio è legato all’esperienza di Roma 2000 e delle altre Gmg, in particolare Parigi 1997, alla quale partecipò. Anche se si trattò di una scelta maturata nel tempo, don Paolo entrò in Seminario proprio dopo l’esperienza di Tor Vergata.

“In questi giorni - ci confida - in occasione della messa e dell’omelia di papa Leone, sono ritornato proprio a quei momenti, e ho sentito la stessa commozione”. Prosegue il sacerdote: “Possiamo dire che la Gmg del 2000 è stata il «coronamento” di un percorso tra una Gmg, quella di Parigi, che mi aveva fatto scoprire in maniera forte la presenza di Cristo nella mia vita, e questa successiva esperienza, subito dopo la quale ho sono entrato in Seminario, già a settembre. In quella notte straordinaria, mi colpirono le parole di Giovanni Paolo II; sembrava che leggessero profondamente le dinamiche della mia vita. «È Gesù che cercate quando sognate la felicità», ecco, bisognerebbe citarle bene le parole del Papa (vedi box in alto, ndr). Insomma, lui e le sue parole mi hanno fatto capire che quel forte desiderio di pienezza, di autenticità, di verità nella mia vita, solo Gesù poteva colmarlo. E, quindi, diciamo che la quella giornata mondiale di Tor Vergata, per me, è stata la conferma finale, anche se avevo già scelto di entrare in Seminario. In quei giorni, ho sentito di essere, così, chiamato da Cristo e di e di sentirmi profondamente amato da lui, con tanta misericordia.

Sono stati giorni di grande fatica, ma anche giorni nei quali ho sentito che potevo toccare il cielo con un dito. C’era una grande consonanza tra le parole del Papa, quello che stavamo vivendo, una Chiesa giovane e l’apertura di quegli anni, riassumibile nell’invito del Papa a essere sentinelle del mattino.Mi sembra che papa Leone somigli molto a Giovanni Paolo II, che abbia la stessa capacità di radicalità e anche di spiritualità”.

Giorni, insomma, decisivi, senza dimenticare quelli vissuti tre anni prima, a Parigi: “In una metropoli così distante da qualsiasi richiamo religioso, credo che quella volta abbiamo fatto un gran chiasso, e ci siamo presentati al mondo come una Chiesa giovane. Ricordo, in particolare, di aver portato la croce durante la Via crucis, e di essere passato in un quartiere particolare, quello di Pigalle. Quell’esperienza è stata decisiva per il mio incontro con Gesù, che era già cominciato, grazie alla parrocchia di Visnadello, con la quale, quando era parroco don Antonio Guidolin, sono stato a Parigi e nella quale, poi, ho preso servizio, fino al 2001, come animatore”.

Chiediamo a don Paolo il perché di questo sempre rinnovato successo delle Gmg o del Giubileo dei giovani. “Credo sia il fatto di vivere un momento di comunità, a livello addirittura planetario. Spesso, i giovani hanno paura di essere soli, di essere gli unici a credere. Poi, c’è il bisogno di darsi testimonianza, l’uno con l’altro. Dentro a una comunità ci si edifica gli uni con gli altri, ci si vuol bene gli uni con gli altri e questo ti aiuta a vivere meglio la fede, camminare insieme dietro a Cristo. Io l’ho sperimentato, anche dopo la Gmg, a Visnadello, con il gruppo giovanissimi, con frutti importanti, tra cui le vocazioni di un prete diocesano, don Marco Piovesan e di una Discepola del Vangelo, Cristina Fornasier”.

Ma i giovani di oggi “per molti, aspetti, sono molto diversi da noi. Per esempio, il Papa insiste sulla dimensione della pace, che non avevamo così in mente, in quegli anni. Nella prospettiva del grande passo fatto da papa Francesco, i giovani di oggi sono molto attenti al creato”.

Quale augurio, dunque, ai giovani? “Più che a loro, l’augurio lo faccio a noi , perché sappiamo trovare posti accoglienti per loro, che la smettiamo di fare proclami e che ci apriamo, invece, ad ascoltarli, a lasciarli parlare dentro le nostre comunità; ad accompagnarli, a dare cura e attenzione. Noi sacerdoti, in particolare, credo, dobbiamo fare la nostra parte per accompagnarli sia personalmente, sia in piccole comunità o gruppi, naturalmente assieme ai laici, alle associazioni”.

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