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Intervista al card. Martinez, di passaggio a Treviso: “Elezione di Leone XIV, scelta di continuità”

La redazione della Vita del popolo ha accolto il porporato in visita dal Paraguay
19/05/2025

“Un’esperienza unica, realmente di comunione, tra persone di 71 Paesi differenti”. Il cardinale Adalberto Martínez Flores, arcivescovo di Asunción, primo paraguagio a essere nominato cardinale, è consapevole di aver vissuto, dal di dentro, giorni storici.

C’era anche lui, dunque, tra i 133 elettori entrati in Sistina e, qualche giorno dopo, lo accogliamo nella redazione della Vita del popolo, essendo venuto a Treviso per incontrare i diversi trevigiani, sacerdoti e cooperatrici pastorali, che sono stati in missione nel Paese sudamericano, nella diocesi di San Juan Bautista de las Misiones.

Il cardinale Martínez, senza entrare nei particolari del Conclave e delle Congregazioni che l’hanno preceduto, ci fa, però, capire, l’ampiezza e la profondità con cui i cardinali, provenienti da così tante parti del mondo, hanno discusso. Tanto che è forte l’orientamento per tenere, una volta all’anno, un incontro tra tutti i porporati, in vista di una sempre maggiore collegialità della Chiesa. “L’orientamento è emerso - confida l’arcivescovo -. Naturalmente, non è facile che tutti riescano a spostarsi a Roma nello stesso periodo, e perciò abbiamo ipotizzato che questo incontro annuale sia previsto anche in modalità virtuale, come ci siamo, ormai, abituati a fare”.

Nei giorni delle Congregazioni, prosegue, “abbiamo fatto molte riflessioni, a partire dall’eredità di papa Francesco. La sua morte ci ha addolorato, e la gran parte degli interventi è stata nel senso di una continuità con il suo magistero così ricco, è stata data centralità all’evangelizzazione e alla comunione nella Chiesa. E abbiamo chiesto, appunto, che il nuovo Papa lavori più a stretto contatto con il Collegio cardinalizio”.

Quindi, l’ingresso in Conclave: “Si è trattato di un’esperienza unica, soprattutto di preghiera. Il risultato è stato un’elezione molto concorde, non abbiamo dato retta alle notizie su divisioni e cordate. Il cardinale Prevost, per il suo incarico precedente, era molto conosciuto dai vescovi, e i suo nome ha preso forza velocemente. Io ne sono stato molto contento. Lo avevo conosciuto in occasione dell’incontro della Pontificia Commissione per l’America Latina, di cui faccio parte, e che lui presiedeva. La nostra continuerà a essere una Chiesa «samaritana», povera, inginocchiata. Ho apprezzato anche la scelta del nome di Leone, che rivela una particolare attenzione al tema sociale e allo sviluppo umano integrale”.

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