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Al Museo diocesano più di duecento presepi provenienti da sessanta nazioni

Già nel terzo secolo sulle pareti delle catacombe di Roma vengono raffigurate le immagini della Natività e dell’Adorazione dei Magi. Il Presepio, invece, come lo vediamo realizzare ancor oggi, ha origine dal desiderio di san Francesco di far rivivere in uno scenario naturale la nascita di Gesù a Betlemme con personaggi reali.

Sono gli evangelisti Luca e Matteo i primi a descrivere la Natività e già nel terzo secolo sulle pareti delle catacombe di Roma vengono raffigurate le immagini della Natività e dell’Adorazione dei Magi.
La tradizione narra che fu l’imperatore Federico Barbarossa nel 1164 a far trasportare le spoglie dei Re Magi nel Duomo di Colonia, in Germania.
Il presepio, invece, come lo vediamo realizzare ancor oggi, ha origine da un desiderio di san Francesco di far rivivere in uno scenario naturale la nascita a Betlemme con personaggi reali: pastori, contadini, frati e nobili, tutti coinvolti nella rievocazione che ebbe luogo a Greccio la notte di Natale 1223 con l’autorizzazione del papa Onorio III. Fu quello il primo presepio vivente nel mondo.
Nel tempo la tradizione del presepe si espresse con forme stilistiche e uso di materiali differenti, a seconda della provenienza geografica, dei diversi periodi storici e dei materiali tipici delle varie zone.
La mostra, allestita in questo periodo fino a 6 gennaio, nel Museo diocesano di Treviso, raccoglie più di duecento presepi provenienti da circa sessanta nazioni.
C’è un mini presepe svedese costruito dentro una scatoletta di cerini... svedesi; quello degli indiani l’America dove, al posto del bue e dell’asinello ci sono un bisonte e un orso; quello polacco che ha le forme della Cattedrale di Cracovia con guglie e pinnacoli, archi a sesto acuto e cupole rotonde. Spesso, come in questo caso, il pinnacolo più alto è coronato dall’aquila della Polonia. Il tutto era costruito con stagnola. Nell’epoca del regime comunista, però, tale materiale era difficilmente reperibile, quindi i polacchi si ingegnarono anche con carta di cioccolata e altro materiale povero, purché lucido e scintillante. La natività si compone di tre parti: una superiore dove gli angeli annunciano il tanto atteso evento, una centrale dove viene rappresentata la grotta con il bue e l’asinello, e una inferiore costituita da rappresentazioni di contadini polacchi insieme ai Re Magi.
In Russia il presepe è spesso rappresentato dalle matrioske, come nel caso della mostra al Museo diocesano.
Poi ci sono i presepi dell’Africa creati in gesso, avorio, creta e legni pregiati del posto quali l’ebano. Ovviamente le fisionomie dei personaggi si ispirano alla popolazione locale: i Magi assomigliano ai notabili locali e ai capovillaggio, gli animali sono quelli presenti nella savana, i pastori sono gli abitanti del posto che usano utensili tipici o suonano strumenti musicali, soprattutto a percussione.
Per qunto riguarda l’Asia, il primo evangelizzatore fu Magellano. Da lì, la rappresentazione della Natività mantiene i tratti indigeni sia a livello somatico che nell’uso dei costumi e materiali del posto, come il bambù e la terracotta.
In mostra, i bambini saranno sicuramente attratti dai presepi andini, tutti colorati con la tipica cuffia di lana con le lunghe ali per coprire le orecchie, oppure con i cappelli rigidi che assomigliano alla bombetta inglese. Oppure quelli messicani con il tipico sombrero. Infine, quelli del Perù che, essendo molto esteso, riflette la cultura del luogo attraverso i costumi caratteristici delle 3 regioni: Costa, striscia di territorio adiacente al mare, con clima caldo; la Sierra, regione che comprende la Cordillera de los Andes (montagne); la Selva, cioè l’Amazzonia peruviana.

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