lunedì, 02 giugno 2025
Meteo - Tutiempo.net

Gorizia e Nova Gorica: un libro ripercorre la storia di questa città duale diventata capitale europea della cultura

Il passo per essere frontiera e non confine
30/05/2025

La città italiana di Gorizia e quella slovena di Nova Gorica, situate a poca distanza dalla nostra diocesi, quest’anno celebrano un traguardo storico: insieme sono, infatti, la prima capitale europea della cultura transfrontaliera.

In occasione di questo importante evento, abbiamo intervistato lo storico goriziano Alessandro Cattunar, autore, assieme a Elena Guglielmotti, di “Storia di una linea bianca. Gorizia, il confine, il Novecento”, pubblicato di recente per Bottega Errante Editore. L’opera ripercorre la storia di questa città duale, e quindi della Storia del Novecento europeo, anche attraverso le testimonianze dei cittadini comuni. Emblema di questa scelta, la potente foto che apre il libro: una mucca a cavalcioni di una linea bianca, che segnava il confine tra Italia e Jugoslavia.

“Il libro parte da un momento chiave della storia del confine, che divideva il mondo occidentale da quello orientale - ci spiega l’autore -. La linea venne tracciata dopo mesi di trattative, dividendo strade, piazze e proprietà private di Gorizia. Essa rappresenta la cortina di ferro in un posto banale come il cortile di una proprietà privata, dividendo un territorio storicamente unitario in un modo incomprensibile per le persone comuni. E per la mucca stessa”.

L’opera di Cattunar è un ottimo esempio di public history, ovvero una narrazione delle vicende storiche nello spazio pubblico, in modo che i segni diventino parte di narrazioni coerenti. Attraverso una comunicazione pensata per un pubblico non specialistico, la public history si propone di raccontare la complessità storica attraverso contenuti multimediali o percorsi diffusi sul territorio.

Per capire la storia di questa città così complessa, è fondamentale fare chiarezza sui termini di frontiera e di confine, solo all’apparenza sinonimi: “Frontiera è un’area, una zona di intersezione fra due o più mondi che si sovrappongono, come nel limes romano. Nel multietnico impero austro ungarico, Gorizia era orgogliosa di essere una città in cui identità, culture e lingue si mescolavano: italiano, tedesco, sloveno, istriano, persino ungherese” osserva Cattunar. Multiculturalità che è ben raccontata dai goriziani intervistati dall’autore: “Per loro era difficile incasellarsi in categorie nazionali, ci si sentiva misti”.

Dalla Prima guerra mondiale, questa frontiera si trasformò in confine, “una linea che segna un di qua e un di là; un noi e voi, coloro che hanno un’identità diversa e per questo nemici”.

Seguirono i terribili anni delle discriminazioni e delle persecuzioni (iniziate prima del fascismo) contro gli sloveni. Persecuzioni alle quali cercò di opporsi il clero sloveno: “Il ruolo che la Chiesa ebbe in queste terre di confine è estremamente interessante - racconta -. Il clero sloveno organizzò una resistenza di natura nazionale e culturale. La storia più forte è quella di Lojze Bratuž, maestro del coro scelto dal vescovo sloveno di Gorizia che non accettò l’imposizione dell’italiano. Venne ucciso dai fascisti nel 1937. In seguito, il fascismo sostituì il clero sloveno, ma a livello di comunità sicuramente la Chiesa restò presidio importante”.

La memoria pubblica in Friuli-Venezia Giulia sta iniziando a raccontare traumi condivisi come questo: “Mi auguro che anche nel resto d’Italia si prenda ispirazione per raccontare la complessità del confine orientale senza svilirla” chiosa l’autore. Fondamentale in questo processo di dialogo è stata la candidatura a capitale europea della cultura: “Da allora c’è molta più disponibilità ad accogliere e raccontare tutti i punti di vista, come le persecuzioni degli sloveni. Non ci sono più forti polemiche. Certo, alcuni accadimenti sono di senso opposto, come l’annullamento della cittadinanza onoraria a Mussolini e la commemorazione della X Mas in Comune, vanno in una direzione contraria. Ma ci sono molti altri segnali positivi”.

Gorizia e Nova Gorica, nuovamente terre di frontiera, sembrano in controtendenza in un mondo dove i confini e i muri sembrano alzarsi sempre più: “È possibile cambiare, è possibile tornare a essere terra di frontiera dopo traumi molto forti. È un segnale di speranza, che deve accompagnarsi all’azione concreta - sottolinea con forza l’autore -. La nostra esperienza testimonia quanto sia importante e decisiva l’Unione europea in queste dinamiche: se queste due città hanno dato un’accelerata al dialogo, al modo di presentarsi e percepirsi in pubblico e hanno avviato a dinamiche che porteranno, forse, ad avere una città unica, questo è stato possibile accogliendo il punto di vista dell’altro e superando i traumi del passato. Insegnamento che vale anche per il presente e il futuro”.

Non resta quindi che visitare questa città, “da stazione a stazione”, come ci suggerisce Cattunar: “Dalla stazione nord, in Slovenia e quella a sud, in Italia, il percorso di 3,5 km permette di addentrarsi nella complessità della città, osservando i segni della memoria, presenti, ma che per distrazione non vengono notati”.

SEGUICI
EDITORIALI
archivio notizie
10/04/2025

Indubbiamente, quello che ci appare nel racconto è un Gesù umano, compassionevole e misericordioso verso...

TREVISO
il territorio