giovedì, 31 luglio 2025
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Piave: la testimonianza di chi lo vive da sempre

“Prudenza e attenzione sono essenziali, ma l’imprevedibilità del fiume non va sottovalutata”

Da qualche anno abito prevalentemente lungo il Tevere, ma la mia Piave rimane il luogo dove ritorno, sempre, per trovare pace, calmare il cuore, alimentare le mie radici. Il Piave nasce al femminile, la Piave, per il valore di fertilità che hanno sempre avuto le sue acque e la generosità dei frutti che questa fertilità portava. Se ne trova traccia anche in alcuni documenti dei “veci” o nei diari parrocchiali. Nel tempo, poeti e cantautori hanno mascolinizzato il fiume, che per noi “gravaioli” rimane comunque un elemento generativo, accogliente e buono. Come una madre. Fin da piccola bagnarmi nella Piave, giocare in acqua, sentire la sua gelida temperatura rinvigorire i muscoli, è stato naturale. La mia generazione è cresciuta con le scampagnate di pasquetta sulle rive del Piave e le estati con asciugamano e libro, l'essenziale, perché non serve nulla di più per godersi il fiume. Durante le “piene” (ma anche le morbide), i maseradesi si ritrovano sull’argine ad ascoltare il rumore, controllare il livello, osservare il colore dell’acqua, che in quelle fasi, soprattutto tra ottobre e novembre, fa trattenere il respiro. Quello con la Piave è un rapporto quasi viscerale per molti di noi, che sanno perfettamente che ci possono essere dei rischi, che il fiume è anarchico e può diventare insidioso. Prudenza, attenzione, conoscenza del territorio sono elementi essenziali, anche se l'imprevedibilità di un fiume, che almeno a monte ha un carattere torrentizio, non va sottovalutata. A valle, come nel nostro Comune, la Piave diventa più mansueta, anche se ogni anno trasforma il paesaggio, modifica il suo percorso e, anche per noi, diventa importante capire quali sono le zone più sicure. Non sarei onesta se dicessi che non c'è nulla da temere, soprattutto per chi non conosce il fiume, ma non riesco neanche a immaginare un'estate senza Piave, un'estate senza immergermi in lei, quasi come un battesimo laico, che ogni anno si rinnova. Responsabilità, e una giusta dose di controlli, potrebbero aiutare a vivere in tranquillità questi luoghi? Lo chiedo anche a me stessa, che torno alla Piave come si torna da un amico di cui ci si fida, a cui ci si affida. Non è sicuramente facile il ruolo degli amministratori chiamati, in questi giorni, a garantire incolumità e sicurezza: la risposta più efficace può essere il divieto? Oppure cresce una collettività che si educa reciprocamente, alla responsabilità? Domande che proviamo a porci tutti assieme. Mia cara Piave, non pensare che sia ostilità, è preoccupazione, siamo umanamente fragili di fronte alla potenza e alla forza della natura, e cerchiamo un modo per convivere. Con te, che almeno per me rimani fiabesca, quasi magica, un po' come le anguane che ti abitano.

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