In particolare, di fronte alle autorità belghe, il Pontefice, oltre a ritornare sullo scandalo degli...
2 ottobre, giornata mondiale della Nonviolenza in un mondo sempre più in guerra
Il 2 ottobre è stata proclamata dall’Assemblea Generale dell’Onu del 15 giugno 2007 come la giornata internazionale della nonviolenza. E’ un’occasione per “diffondere il messaggio della nonviolenza, anche attraverso l’educazione e la sensibilizzazione dell’opinione pubblica”. La risoluzione istitutiva riafferma “la rilevanza universale del principio della non violenza” e il desiderio “di garantire una cultura di pace, tolleranza, comprensione e non violenza”. Quella pace che purtroppo anche in queste ore – come sta succedendo in Libano – lascia spazio alla guerra.Che senso ha, in tempo in cui risuonano i razzi e i colpi di artiglieria, celebrare la giornata della nonviolenza? Per approfondirne il significato e l’attualità abbiamo intervistato Jamila Raqib, attuale direttrice dell’Istituto Albert Einstein Institution Iaei) di Boston.
Il 2 ottobre è la Giornata internazionale della nonviolenza, auspicata anche da Gene Sharp, fondatore dell’Albert Einstein Institution. Perché questo giorno è importante?
La Giornata internazionale della nonviolenza onora la vita e l’eredità del Mahatma Gandhi, offrendo al mondo un potente modello su come le persone possono conquistare la libertà dall’oppressione senza ricorrere alla violenza. Il 2 ottobre ricorda la data della sua nascita. Questa giornata evidenzia anche l’efficacia della tecnica dell’azione nonviolenta, alla cui promozione il nostro mentore Gene Sharp ha dedicato la sua vita. L’importanza di questa giornata per il nostro mondo è ancora più chiara se si considerano le tendenze allarmanti a cui stiamo assistendo a livello globale: la proliferazione di conflitti violenti, la crescente repressione e autoritarismo, un’emergenza climatica e i sentimenti di impotenza e impotenza tra le comunità che affrontano queste gravi minacce. Di fronte a queste sfide, che si stanno solo intensificando, la lotta nonviolenta offre all’umanità una potente alternativa per raggiungere giustizia, libertà e pace senza la distruttività della violenza.
Questa giornata serve a ricordare che la violenza non è l’unica opzione e che la resistenza non violenta, se attentamente pianificata ed eseguita, può essere più efficace della violenza nello sfidare regimi e sistemi ingiusti
Come possiamo definire la nonviolenza?
L’azione nonviolenta – da preferirsi secondo Jamila al termine ‘nonviolenza’ perché può creare confusione – è un modo con cui le persone resistono o apportano un cambiamento senza usare la violenza fisica. Comprende metodi come proteste, scioperi, boicottaggi e disobbedienza civile, in cui le persone si rifiutano di seguire leggi ingiuste o di cooperare con sistemi oppressivi. E invece di portare avanti lotte utilizzando la violenza, l’azione nonviolenta si affida al potere di ampi gruppi di persone che si organizzano per ritirare il proprio sostegno a sistemi o politiche ingiuste. Ciò può indebolire l’autorità di governi o istituzioni oppressivi che fanno affidamento sulla cooperazione, sull’obbedienza e sull’assistenza della gente comune per funzionare.
Questa pratica è applicabile agli attuali contesti di conflitto?
Sì, l’azione nonviolenta è molto rilevante nel mondo di oggi. Di fronte ai molteplici e acuti conflitti che affrontiamo a livello globale, i movimenti nonviolenti, sia per i diritti umani, la democrazia o la giustizia climatica, ci hanno mostrato che le persone possono sfidare sistemi oppressivi e potenti senza ricorrere alla violenza. .Inoltre, l’azione nonviolenta funziona consentendo la partecipazione di diversi gruppi – donne e uomini, giovani e anziani, di ogni ceto sociale – che non si impegnerebbero in una lotta violenta ma possono partecipare all’ampia gamma di azioni nonviolente a nostra disposizione. Questa inclusività consente ai gruppi di costruire coalizioni più ampie rendendo i movimenti più forti e più resilienti.
Nonviolenza e pacifismo non sono quindi sinonimi?
L’azione nonviolenta e il pacifismo sono sostanzialmente distinti l’uno dall’altro, sebbene i termini siano spesso confusi. Sottolineiamo questa distinzione perché consideriamo l’azione nonviolenta come una tecnica pragmatica che può essere utilizzata da persone che non devono prescrivere un sistema di credenze.Pacifismo, di solito si riferisce a una posizione filosofica filosofica che rifiuta l’uso della violenza per motivi morali o religiosi.L’azione nonviolenta, d’altro canto, è uno strumento pragmatico e strategico per ottenere un cambiamento sociale o politico. Implica l’uso di metodi come proteste, scioperi, boicottaggi, disobbedienza civile e non cooperazione per sfidare l’ingiustizia o l’oppressione. L’attenzione si concentra sulla resistenza attiva, utilizzando mezzi non violenti per esercitare pressione su coloro che detengono il potere o interrompere i sistemi di controllo. L’azione nonviolenta non consiste solo nell’evitare la violenza, ma nel ritirare strategicamente il sostegno alle strutture del potere per realizzare il cambiamento. Le persone che si impegnano in azioni non violente storicamente non sono state necessariamente contrarie alla violenza in tutte le situazioni; hanno scelto l’azione nonviolenta (in contrapposizione alla violenza) perché offriva alcuni vantaggi e aumentava le loro possibilità di successo.Quindi, l’azione nonviolenta è una tecnica e un approccio che può essere utilizzato per raggiungere obiettivi specifici senza usare la violenza, e il pacifismo è un sistema di credenze che rifiuta la violenza, indipendentemente dal contesto. L’azione nonviolenta può essere utilizzata da persone che potrebbero non essere pacifiste ma vedere l’azione nonviolenta come il metodo più pratico o efficace in una particolare lotta. Naturalmente i pacifisti possono impegnarsi in azioni nonviolente, ma il loro impegno verso la nonviolenza è più ampio e radicato nella convinzione che la violenza sia intrinsecamente sbagliata, indipendentemente dalla situazione.