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Intervista a padre Giovanni Vettoretto, missionario Pime nelle Filippine

Originario di Paese, oggi vive a Lakewood, nella diocesi di Ipil
22/05/2024

“Un missionario è per sempre”, espressione che sta a pennello addosso a padre Giovanni Vettoretto, di Paese, missionario del Pime nelle Filippine. Bloccato 4 anni fa dal Covid-19, era rimasto a operare in Italia, ma appena ha potuto è ritornato là dove stava il suo cuore, nell’isola di Mindanao, dove dal 2021 è parroco di Lakewood, un luogo rurale in cima a una ridente collina, con vista su un lago, che contribuisce a rendere il paesaggio uno scampolo di paradiso. La parrocchia, che ha per patrona Maria regina degli apostoli, include ben 13 comunità cristiane della diocesi di Ipil.

Padre Vettoretto, attualmente, si trova in famiglia per un meritato riposo, occasione per festeggiare tra i suoi, il 9 giugno prossimo, il 25° di ordinazione. Felice, soprattutto, l’ultraottantenne mamma Norina, che, quando lo rivede dimentica ogni acciacco.

Un sacerdote per 13 comunità

Tredici comunità tribali, 30.000 abitanti, con un misto di idiomi, ma i cattolici sono meno della metà. Il missionario le raggiunge tutte, almeno una volta al mese, per la celebrazione della messa, amministrare il perdono, mettersi in ascolto e distribuire consigli. Ci va rigorosamente di domenica, per far capire che è il giorno del Signore, in cui si smette di lavorare e si fa festa e comunità insieme: cosa non scontata, dovendo destreggiarsi in un ambiente dove operano anche tante sette e pseudo-chiese, che nelle Filippine trovano terreno fertile. Spesso, i fedeli faticano a percepire appieno il valore sacramentale della loro scelta, e sono facilmente influenzabili da chi promette loro maggior benessere economico, pagando loro la retta scolastica e fornendo assistenza sanitaria. Così, a volte, si allontanano dalla missione per ritornare spontaneamente magari dopo qualche anno. Ma su questi bisogni primari, istruzione e salute, anche i missionari sono molto attenti. Uno dei capisaldi sono le adozioni a distanza, che vincolano le persone, assicurando loro istruzione e benessere fino ad acquisire un diploma.

Il percorso scolastico prevede sei anni di scuola primaria e altrettanti di secondaria, poi chi può permetterselo va all’università nelle città. Le vacanze vanno da aprile a giugno, quando il caldo diventa insopportabile. Non tutti i barangay (quartieri) sono forniti di scuola secondaria; ci sono ragazzi che devono percorrere distanze notevoli, ed ecco allora la funzione degli ostelli, come quelli di Lakewood, dove gli studenti trovano ospitalità quasi del tutto gratuita; attualmente ne usufruiscono 40 ragazze e 20 ragazzi. Tanti professori aiutano gli alunni più poveri, operando in sinergia con la famiglia e il missionario.

Fratello e padre di tutti

Un missionario diffonde la Parola di Dio condividendo il percorso umano con i suoi fedeli. Padre Giovanni si dice fortunato, è supportato da un buon gruppo di giovani che egli stesso ha formato e responsabilizzato, affidando loro varie incombenze, compresa la formazione spirituale dei fedeli, e loro rispondono con molto entusiasmo. Per molti aspetti è una Chiesa nella quale i laici sanno “camminare con le proprie gambe”.

Ogni comunità ha una cappella dedicata a un santo patrono, ed è amministrata da un Consiglio pastorale, con tanto un presidente, il ministro dell’Eucaristia, lettori e animatori della liturgia, della salute, catechisti, e c’è chi si occupa della gestione degli ambienti, tenendoli come si trattasse della propria casa. Anche il congedo funebre viene fatto da laici, talvolta in casa del defunto, prima di recarsi al camposanto. E poi ci sono i corsi di preparazione al matrimonio cristiano. A ogni coppia viene consegnata una Bibbia, da tenere e leggere in casa chiedendogli un modesto contributo affinché ne colgano meglio il valore.

Da notare che, generalmente, la partecipazione alle celebrazioni e ai sacramenti è ancora buona; tuttavia, anche nelle Filippine si nota una lenta regressione, parallelamente alla crescita del benessere. Serve, perciò, accelerare nella formazione dei laici, affinché la gente maturi nella fede.

Laici in prima linea

I laici impegnati partecipano preventivamente a dei seminari di formazione tenuti dal parroco, con aggiornamenti bimestrali che si tengono in un ambiente della parrocchia attrezzato di cucina, aule e dormitorio. Nella circostanza, ognuno porta qualcosa da condividere, magari un pugno di riso, secondo le possibilità, mentre la parrocchia paga loro le spese del viaggio. Ci sono comunità che godono di un certo benessere e altre, invece, molto povere; si applica, perciò, lo stile evangelico, aiutandosi a vicenda, un modo per sentirsi parte di un’unica famiglia. In genere le comunità si autosostengono, attivandosi per le necessità correnti o per qualche ristrutturazione, con donazioni e privazioni da lasciar stupiti.

Prima della pandemia era attiva anche una scuola professionale, “Tesda”, che non è più stata riaperta, se non in minima parte, come per la scuola-guida. Conseguentemente, i locali versavano in grave degrado e la natura circostante si stava assorbendo tutto. Al suo arrivo, padre Vettoretto, ha subito compreso che una ristrutturazione non era più procrastinabile e ora si sta lavorando per riattivare la scuola, compreso l’edificio a due piani che ospita le ragazze, a cui è stata aggiunta la scala esterna a norma di legge. Tutto sommato, spiega il missionario, si vive a misura d’uomo, e tra la gente affiorano quei valori umani che sopperiscono a tante carenze.

Attualmente, il problema principale sono i cani randagi, che prolificano in modo incontrollato, diventando sempre più aggressivi, a spese delle persone, che si rivolgono al missionario per farsi medicare e iniettare qualche vaccino. Padre Vettoretto queste criticità le segnala a chi di dovere, ma spesso vengono ignorate. C’è stato un tempo in cui le Filippine si trovavano in una specie di guerra civile, con difficoltà politiche e sociali, ma ora stanno vivendo una fase di armistizio, che si spera conduca a una pacificazione definitiva. Rimangono tuttavia delle sacche con famiglie tribali, patriarcali, che vogliono mantenere una propria specificità.

Calano le vocazioni

Intanto, avanza il problema demografico. Di pari passo con la crescita economica, la gente si sposta nei centri urbani e calano le nascite, fenomeno ben conosciuto in Occidente, Italia in primis. Conseguentemente diminuiscono anche le vocazioni religiose e sacerdotali, e già si stanno chiudendo vari istituti cattolici, dopo molti decenni di presenza. Per contro, nell’evoluta diocesi di Ipil, ci sono parrocchie che stanno ingrossando eccessivamente e vengono smembrate.

Assai diffusa è la pratica delle messe interfamiliari, nonché l’usanza delle feste del patrono con processione che, però, manifesta aspetti folcloristici appartenenti a una cultura ancestrale. Gradatamente si cerca di rendere tali pratiche più semplici, strettamente religiose. Pure il battesimo, da alcuni, è vissuto come un vaccino per tener lontane le malattie e le malignità. Ma il missionario deve fare i conti anche con tante coppie non sposate, che magari hanno anche dei figli e vorrebbero celebrare il matrimonio cristiano per ottenere la regolarizzazione civile. Difficile far loro comprendere che prima devono ricevere altri sacramenti, frequentando un percorso di formazione cristiana.

Sono nuove problematiche che affiorano man mano che anche questa parte di mondo si va sviluppando, acquisendo maggior benessere.

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