Indubbiamente, quello che ci appare nel racconto è un Gesù umano, compassionevole e misericordioso verso...
La tragedia di Cutro continua a farci riflettere sulla gestione dei migranti e sulle plurime omissioni
Nelle ultime settimane non solo è mancato il soccorso ai migranti, ma anche responsabilità e umanità sono venute meno. Sbagliato pensare che l'unica soluzione sia quella di irrigidire i controlli.

Sono sgomento, arrabbiato, e sconsolato. Ancora una volta è accaduto e continua ad accadere, che muoiano in così tanti sulla linea che separa salvezza da perdizione (e intanto seguitano a morire, stillicidio meno clamoroso, su altre linee di confine).
Omissioni di dignità
Non basta: si supera il limite del rispetto della dignità umana nelle successive dichiarazioni di un rappresentante delle nostre istituzioni: “La disperazione non può mai giustificare condizioni di viaggio che mettono in pericolo la vita dei propri figli”. “Chi fugge aspetti i corridoi umanitari”. Affermazioni che vogliono ribaltare le responsabilità sulle stesse vittime, accusandole implicitamente di essere la prima origine delle proprie disgrazie, per giustificare l’omissione di soccorso. Si innescano poi le ennesime sterili polemiche, che non bastano ad affrontare seriamente la questione complessa e impegnativa delle migrazioni.
Alcune questioni
Mettiamo in fila alcune questioni:
- come ha dichiarato da subito Sant’Egidio, che ha contribuito all’apertura dei primi corridoi umanitari con la Siria, questa forma d’ingresso è inadeguata per un fenomeno delle dimensioni rappresentate da chi si mette in mare verso l’Europa (la media per i corridoi umanitari è di 60 persone al mese, rispetto ai 104.000 arrivi via mare del 2022);
- limitarsi a iniziative di repressione degli sbarchi e dei passaggi di frontiera sulla rotta balcanica, oltre a continuare a mettere in pericolo la vita di tanti, è inefficace (nei primi mesi di applicazione delle restrizioni per i salvataggi in mare delle Ong vi è stato un aumento, non una diminuzione degli arrivi);
- in Italia abbiamo sempre più bisogno di persone giovani: l’inverno demografico e l’emigrazione giovanile mettono la nostra società a rischio di tracollo, non solo dal punto di vista economico-produttivo, ma anche sociale, i servizi essenziali (sanità, scuola, sicurezza, previdenza…) non si reggono senza le risorse che vengono dalle tasse di chi lavora.
Quali risposte
Rendere possibile, come iniziano a chiedere le stesse forze produttive, quote consistenti di ingressi regolari per lavoro, ridurrebbe i costi in sofferenze e vite umane e pure quelli del sistema pensato per l’accoglienza e per l’iter di chi chiede protezione e asilo, a cui sono costretti da anni anche coloro che cercano lavoro in Italia. E si comincerebbe a rispondere al bisogno italiano di presenze giovani (il resto dipende da politiche demografiche e familiari, che però, se pur fossero immediate ed efficaci, portano risultati nell’ambito della forza lavoro solo dopo quindici-vent’anni).
Ma per affrontare seriamente tali questioni sarebbe necessario che chi governa fosse disposto ad ammettere questi bisogni reali e urgenti della nostra nazione, e a ragionare con responsabilità su come rispondervi, invece di assumere posizioni ideologiche che contribuiscono soltanto ad esacerbare la situazione. Pretendere che la soluzione sia irrigidire i controlli “su tutto l’orbe terracqueo”, come è stato affermato, lasciando nel frattempo invariate le “zone grigie” di gestione dei soccorsi in mare, è illusorio o menzognero. Peggio ancora complicare l’inserimento di chi è già in Italia, con la pretesa di scoraggiare così gli arrivi. Sono solo provvedimenti di facciata per il consenso interno, che non contribuiscono ad un necessario dibattito in sede europea.
Un disorientamento più profondo
Tuttavia, il mio disorientamento più profondo ha origine altrove. Come cristiano, sono chiamato a confrontarmi, in cammino verso Pasqua, con la scelta che Dio ha fatto e continua a fare in Gesù. E mi disorienta, come ha disorientato ben altri prima di me, a partire da Pietro, che la via scelta per portare a compimento la sua promessa di vita passi per la morte. E per la morte in croce: una condanna che trasformava in un infame chiunque la subiva. E’ la scelta di un Dio che “ha tanto amato il mondo” da donare la sua stessa vita pur di seminare vita perfino in mezzo alla morte. E continua a disorientarmi che Dio in Gesù insista a morire crocifisso insieme a tutti i violentati dalla guerra, dalla fame, dall’ingiustizia, dal terremoto, dalla siccità, a morire sparato, schiacciato, affamato, assetato, affogato, privato di ogni dignità anche dopo morto, accusato per aver tentato di sfuggire a tali violenze.
E questa scelta mi chiama a scomodarmi, a ri-orientarmi accettando di fermarmi in silenzio davanti a quei corpi e sentire quel che le vittime provano, senza indurirmi nell’indifferenza per sfuggire alle mie paure. Perché, solo se accetto di iniziare a sentire, allora forse nasceranno passi verso un’umanità migliore, quella sognata da Dio fin dall’inizio, quella per cui Gesù suo Figlio è morto e continua a morire. Forse nasceranno pensieri, parole, azioni nuove. Non omissioni, di soccorso o di umanità.