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Lega a congresso: Salvini si prende il Veneto, Zaia lo lascia fare

Alberto Stefani, commissario uscente, eletto segretario regionale, tra molte tensioni. Coin: "La Lega trevigiana non esce sconfitta. Nei congressi si vota, poi il segretario comanda"

29/06/2023

A volte, i silenzi valgono più di tante parole. Ed è, appunto, il silenzio, quello a cui si affidano molti (non tutti) maggiorenti trevigiani della Lega, da noi contattati, sopra ai quali il congresso regionale di sabato 24 giugno (finalmente celebrato dopo essere stato più volte rinviato) è passato come uno schiacciasassi.

In estrema sintesi: anni spesi a chiedere il congresso, per spodestare il commissario di stretta fede salviniana Alberto Stefani, per poi ritrovarsi lo stesso Stefani eletto a grandissima maggioranza proprio come segretario regionale; mesi di critiche, più o meno velate, al “Capitano” Matteo Salvini, che, invece, è più che mai padrone del partito. E poi: un candidato smanioso di correre e con concrete possibilità di vittoria, l’assessore regionale Roberto Marcato, a cui è stato chiesto di rimanere a bordo campo; un altro candidato, Franco Manzato, uscito sconfitto, espressione di un gruppo dirigente, quello trevigiano, a partire dall’inossidabile duo “Gobbo-Da Re”, che ora appare in declino. E poi un caso clamoroso, ufficialmente distinto dalle vicende congressuali, quello del dimissionario sindaco di Castelfranco e presidente della Provincia Stefano Marcon, ancora tutto da dipanare (il primo cittadino castellano ha diffuso su Facebook un post al vetriolo, contro alcuni esponenti del suo partito e colleghi di giunta).

Perché è andata così? Perché l’umore dei militanti non si è canalizzato in proposte politiche? Il partito che ha dominato per trent’anni nel nostro territorio è entrato in una crisi strutturale? E’ presto per dirlo, dato che il partito ha appena riconquistato la guida di Treviso e conta un gran numero di amministratori, come fa notare il segretario provinciale Dimitri Coin, nell’intervista a fianco. Tuttavia, al momento, un po’ si respira un’aria da “fine impero”. Solitamente, in queste situazioni, ognuno cerca una via di salvezza, crollano legami e sodalizi, aumentano sospetti e divisioni. All’entusiasmo subentra lo sconforto. Stefano Marcon ha parlato addirittura di “incubo”, vedendo venir meno il contesto in cui aveva iniziato a impegnarsi in politica, con l’obiettivo di ottenere un vero federalismo.

La questione principale, inutile girarci intorno, ha un nome e un cognome: Luca Zaia. Nessuno ne parla apertamente, anzi tutti smentiscono. Ma il nome del Presidente del Veneto gira, eccome, negli “sfoghi” dei parlamentari locali alla bouvette di Montecitorio, affidati perfino ai “nemici” del Pd; nei conciliaboli e nelle chat. Del resto, un “salvinicidio” commesso dall’ex Liga Veneta era difficile da immaginare in ogni caso (semmai, avverrà, prima o poi, per mano dei lombardi). Ma era assolutamente impossibile senza l’appoggio di Zaia. Quest’ultimo, però, ha tenuto la linea di sempre: conservare il profilo di colui che amministra e non si occupa delle beghe di partito. Così facendo, è passato indenne dalla gestione Bossi-Gobbo a quella Maroni-Tosi (quando, invece, molte teste tra i trevigiani rotolarono, e qualcuno se la legò al dito), e, infine, a quella Salvini-Stefani-Bitonci. Stavolta, però, c’è un ulteriore elemento. Solo se Salvini non si mette di traverso, Zaia può sperare in una legge che gli conceda un ulteriore mandato (sarebbe il quarto, non il terzo). E proprio di questa eventualità Zaia ha parlato in una recente intervista. Giochi “pericolosi”, mentre il futuro è più che mai incerto.

L'INTERVISTA A DIMITRI COIN, SEGRETARIO PROVINCIALE DELLA LEGA TREVIGIANA

“Da noi non ci sono correnti. Ora c’è un segretario regionale, ed eserciterà il suo potere, come è sempre successo. Nella Lega funziona così, non vedo tutti questi drammi”. L’on. Dimitri Coin, segretario provinciale della Lega trevigiana, butta acqua sul fuoco e smentisce le molte ricostruzioni che stanno uscendo in questi giorni sul congresso regionale del partito. Ammette, però, di essere “preoccupato” per le dimissioni di Stefano Marcon da sindaco di Castelfranco Veneto e da presidente della Provincia di Treviso.

Non mi dirà, segretario, che la Lega di Treviso è uscita bene dal congresso... Qual è lo stato di salute del partito?
Assolutamente, non mi pare che ci siano particolari problemi. Nei congressi si vota, il segretario comanda. Al congresso, molti trevigiani sono stati eletti. Qualche settimana fa, a Treviso abbiamo riconquistato il Comune. La Lega e la lista Conte, sommate, sono arrivate al 48%. Abbiamo numerosi sindaci e amministratori comunali. Treviso resta la culla della Liga. Quanto a Manzato, che si era candidato, era e resta una risorsa importante per il partito, un politico solido. Il partito lo mandava a fare le trattative più difficili, quelle con Galan e Ghidini, allora riferimenti regionali di Forza Italia.

Le cronache parlavano di una messa in discussione di Salvini, da parte di non pochi esponenti trevigiani e veneti...
Guardi che il congresso era regionale. Noi eravamo chiamati a eleggere il segretario regionale, non a discutere della linea nazionale. Io sono qua a Roma, l’umore di tutti è tranquillo.

Per l’autonomia tutto il partito è impegnato?
Certamente. E su questo tema, al congresso regionale, Manzato ha fatto una considerazione fondamentale. Si sta tanto parlando di autonomia come di trasferimento di poteri, ma resta da promuovere tutto il tema del rapporto tra autonomia e cittadini. L’autonomia non è solo un riequilibrio nella gestione di servizi, ma molto di più.

Intanto, siete alle prese con il caso Marcon. Come pensa di venirne a capo, segretario?
Ecco, questo ora a Treviso è il vero tema, la vera preoccupazione, inutile negarlo. Non sarà semplice, si tratta di una partita complicata, ma confido che, dopo questo momento di sorpresa generale, ci sia da tutti la consapevolezza che abbiamo una responsabilità enorme. Certo, quando sono diventato segretario, le tensioni personali erano già presenti. Una situazione non facile, ma va tenuta distinta dal dibattito congressuale.

E’ ottimista sul rapporto con Fratelli d’Italia?
Dov’era possibile un’alleanza, come nel capoluogo, l’abbiamo fatta. In altri casi, sono prevalse questioni personali. Per le comunali del prossimo anno, cercheremo di andare uniti il più possibile.

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