Indubbiamente, quello che ci appare nel racconto è un Gesù umano, compassionevole e misericordioso verso...
Piene, la mappa del rischio
Nelle ultime settimane l’Istat ha messo online le schede relative al rischio idrogeologico di ogni comune. Nel nostro territorio destano notevole preoccupazione il Basso Piave, Camposampiero e il Miranese.

Siccità e bombe d’acqua questo il binomio dell’estate 2017. Sempre più difficile prevedere, capire, orientarsi in questi fenomeni che paiono ogni anno incrudelire di più. “Non ci sono più le mezze stagioni”, si diceva un tempo, oggi a dominare è l’irrazionale e lo smisurato. Parlare di prevenzione sembra inutile eppure è l’unica strada percorribile per custodire il territorio. Nelle ultime settimane l’Istat ha messo online le schede relative al rischio idrogeologico, ovvero la probabilità di esondazioni e alluvioni nel territorio di ogni singolo comune. La popolazione di ogni comune è stata suddivisa in P1, residenti che hanno un basso rischio da alluvione, P2 rischio medio, P3 rischio elevato. Guardando al nostro territorio, tre paiono i punti critici: il basso bacino del Piave, il territorio del Veneziano attraversato dal Marzenego e dal Dese e l’area attorno a Camposampiero.
A San Donà più della metà dei residenti, 24.811 su un totale di 41.778, è classificato come P3, ovvero rischio elevato e se si comprende anche la popolazione classificata come P2 e P1 si arriva a coprire quasi tre quarti della popolazione. Situazione analoga a Musile di Piave dove più di metà della popolazione è P3. Sull’asse del Piave ci si aspettava una situazione simile. Nel web si possono trovare i piani elaborati dagli assessorati alla Protezione civile dei Comuni in caso di alluvione e la situazione di San Donà è monitorata costantemente dal Consorzio di bonifica Bacino Orientale che tra il 2013 e il 2016 ha speso sei milioni di euro per la sicurezza idraulica (a fronte però di richieste dai sindaci dell’area per 40 milioni). Negli ultimi anni la Regione Veneto ha stanziato circa due milioni di euro l’anno per i diversi consorzi e circa 20 milioni per il Genio Civile, altro ente che si occupa di sicurezza idraulica, sono cifre non cospicue rispetto alle necessità.
Meno attesa, forse, la criticità nella zona di Camposampiero e nel Veneziano. Aprendo la mappa, però, ci si accorge che siamo in terre d’acqua. Lungo le rive del Muson dei Sassi e del Muson vecchio, a Camposampiero, ci sono le principali tappe della spiritualità di sant’Antonio. Che dire poi del Dese e del Marzenego, nel Veneziano, fiumi che alternano tratti naturalistici unici, a tratti ancora vittime di inquinamento e degrado. Sul Dese e Marzenego veglia il Consorzio Acque Risorgive, guidato da Francesco Cazzaro, a cui avevamo chiesto dettagli che non ci sono ancora pervenuti.
Nell’area del Marzenego e Dese i numeri sono consistenti nella classificazione P1, ovvero basso rischio da alluvione (si tratta comunque di un rischio): a Martellago 20.641 residenti su 21.528 totali, a Mirano 8.073 su 27.045 residenti, a Salzano 12.673 su 12.777, a Noale 7.851 su 15.699.
L’altra area della diocesi interessata dal rischio idrogeologico è quella del Camposampierese, in provincia di Padova. Nella classifica del rischio da alluvione la provincia di Padova è dietro solo a Venezia nella graduatoria regionale. Camposampiero ha metà della popolazione classificata P2, ovvero rischio medio, percentuale che cresce se si calcola la popolazione a rischio basso, P1. Terra d’acque, Camposampiero ha ricevuto in questi giorni la buona notizia che l’imponente cassa di colmata di Fonte, alle pendici del Grappa, si farà; così il Muson dei Sassi sarà messo al riparo da esondazioni. “Qualche mese fa è terminato l’iter del ricorso iniziato nel 2013 dalla ditta che aveva perso l’appalto - conferma Massimo Tondi, sindaco di Fonte -. I lavori assegnati all’Associazione temporanea di impresa, guidata dalla ditta Andreola di Loria, dovrebbero concludersi in un anno”. Saranno necessari 40mila viaggi di camion per rimuovere dalla zona 800mila metri cubi di terra. Un’operazione che da un lato metterà in sicurezza i comuni di Resana, Loreggia, Camposampiero fino a Padova e dall’altro contribuirà al recupero di un territorio martoriato dall’escavazione.