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Sentire l’Europa come una “casa comune”, una “casa di pace”

“Siamo in tanti, perché siamo un popolo. Diversi ma europei”, “Questa piazza è una nuova Ventotene”, “Questa piazza è per i ragazzi”, “È ora di fare dell’Europa la nostra patria”, “La diversità è la nostra forza, ed è su di essa che l’Europa deve fondarsi”, “In piazza una promessa di libertà e democrazia”. Sono solo alcune delle frasi pronunciate da cittadini e cittadine europei durante la manifestazione del 15 marzo a Roma, lanciata da Michele Serra e organizzata dai sindaci italiani. Io in quella piazza c’ero, sollecitata da mio figlio diciassettenne che ha iniziato a chiedersi e a chiedere: ma noi cosa possiamo fare? Ancora una volta la questione è educativa: quanto noi adulti ci sentiamo cittadini europei e, quindi, siamo testimoni di questa cittadinanza per le nuove generazioni? Rispetto solo a pochi anni fa il sentimento di adesione a un’idea comune di Europa ha subito un forte calo, per molte ragioni, alcune delle quali da ricercare anche in alcune scelte politiche fatte a Bruxelles percepite come distanti o punitive. Ma il senso di questo stare assieme non è nato dal bisogno di uniformare le leggi, o perfezionare regolamenti, bensì dalla necessità di affermare che era giunto il momento di mettere Pace a un continente per secoli sempre in guerra. E il senso di questa appartenenza sta nella forza di sentirsi europei: solo insieme, possiamo riuscirci. Pace, democrazia, libertà, uguaglianza, tolleranza e solidarietà. Sono questi i valori europei che ci uniscono. Certo, le piazze esprimono un sentimento, non sempre soluzioni concrete, ma non abbiamo più molto tempo: dobbiamo diventare appassionati testimoni di questa Europa e raccontarla ai nostri figli, perché sentano l’Europa come una “casa comune”, una “casa di pace”. Raccontarla a casa, a scuola, discuterne nei gruppi, senza temere poi di dividerci sulle proposte, perché il confronto e l’ascolto come sempre risolve il conflitto, e porta pace. E senza dimenticare che credere in un obiettivo più grande, alla fine, è sempre una scelta.