giovedì, 13 febbraio 2025
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Congo, guerra senza fine

I ribelli del movimento M23, sostenuti dal Rwanda, hanno occupato e messo a ferro e fuoco la città di Goma, nella provincia orientale del Nord Kivu. Testimonianza dalla Caritas

A Goma “la popolazione vive in una paura indescrivibile”: da quattro giorni manca l’acqua e l’elettricità e “i bisogni umanitari cominciano a farsi sentire perché la popolazione è chiusa in casa dalla fine della settimana scorsa. I mercati sono chiusi”. Intere famiglie si rifugiano nelle chiese, nelle case e in altri alloggi di fortuna. Lo racconta, da Kinshasa, don Edouard Makimba Milambo, segretario esecutivo di Caritas Congo, in costante contatto con le Caritas di Goma, capoluogo della provincia del Nord Kivu con un milione di abitanti, all’est della Repubblica democratica del Congo. Da alcuni giorni i ribelli tutsi del movimento M23, sostenuti dal Rwanda, hanno occupato e messo a ferro e fuoco la città. Sono ancora in corso scontri con le forze armate congolesi (Fardc) e i suoi alleati (Wazalendo) Un appello alla pace è venuto da papa Francesco, durante l’udienza di mercoledì scorso. Un conflitto che dura da circa 30 anni, con oltre 10 milioni di vittime, e le cui motivazioni, più o meno esplicite, è il controllo delle terre rare e delle risorse minerali della regione, tra cui il coltan e la cassiterite, tutti necessari all’industria high tech. L’80% del coltan mondiale proviene proprio dal Nord Kivu.

Nonostante le fonti in loco non siano facilmente raggiungibili, per la mancanza di connessione internet, don Makimba Milambo riferisce di condizioni drammatiche a Goma, con gli ospedali al collasso a causa dell’arrivo di centinaia di feriti. “La mattina di giovedì 23 gennaio sono stati ammessi all’ospedale di Ndosho 120 feriti in più, portando il totale a 250 pazienti”. Secondo i dirigenti locali oltre 200 civili sono stati uccisi nelle zone conquistate dall’M23. La città di Goma già ospitava nei campi 680.000 sfollati, a cui in questi giorni se ne sono aggiunti altri 180.000, con una pressione enorme che rende difficile il soddisfacimento dei bisogni di base.

Di riflesso, anche nella capitale Kinshasa la situazione è tesa: sono iniziate manifestazioni, saccheggi e incendi alle ambasciate di Francia, Rwanda e Uganda. “I giovani hanno protestato davanti all’ambasciata degli Stati Uniti bruciando pneumatici - riferisce il segretario esecutivo di Caritas Congo -, per denunciare il loro silenzio su quanto sta accadendo nell’est del Paese”.

Intanto in Italia la rete “Insieme per la pace in Congo”, tramite il suo portavoce John Mpaliza, denuncia “la politica dei due pesi e due misure della comunità internazionale, e in particolar modo dell’Unione europea, che non ha mai nascosto il proprio sostegno al regime di Kigali, arrivando a firmare il 19 febbraio 2024 un accordo economico, a dir poco criminale, per l’approvvigionamento di minerali come il coltan, l’oro e il tungsteno, che il Rwanda non possiede e che, secondo alcuni rapporti del gruppo di esperti delle Nazioni Unite, vengono saccheggiati proprio nell’Est della Repubblica democratica del Congo.

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