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Scoperta dello studioso di Altivole Luciano Buso la datazione dell’Uomo vitruviano
C’è l’ipotesi di una nuova datazione per il celeberrimo capolavoro di Leonardo Da Vinci, “L’uomo vitruviano”, conservato nelle gallerie dell’Accademia di Venezia: non del 1490, ma del 1513. Ne dà notizia lo studioso d’arte Luciano Buso, di San Vito d’Altivole, che proprio sabato 29 novembre, alle 17, presenta i risultati di questa sua ricerca scientifica, divenuti un libro, in villa Razzolini Loredan, a Casella d’Asolo.
“Leonardo da Vinci-Uomo Vitruviano” il titolo del volume, edito da edizioni Antiga, che sarà presentato dallo stesso autore insieme alla storica d’arte di Venezia, Adriana Augusti. Buso si è specializzato nell’investigazione dell’arte e dei grandi capolavori. In pratica, riesce e trovare le firme nascoste all’interno dei capolavori attraverso uno studio metodico, scrupoloso, dettagliato e appassionato che sino a questo momento hanno dato risultati molto interessanti. Come lo è quest’ultimo lavoro, particolarmente delicato e lungo, che ha visto lo studioso impegnato per qualche anno nell’analisi del capolavoro di Leonardo.
Spiega Buso: “Ciò che maggiormente colpisce, nell’approfondito lavoro svolto, è la scoperta, in più parti, della chiara data 1513, mentre finora gli storici ritenevano che l’opera risalisse al 1490. Compare chiara la data 1513, semi celata per esteso insieme alle lettere L e V nella bocca dell’uomo, come in altre parti. Nell’occhio sinistro dell’uomo si coglie, sulla destra, la data «13», (1513) e sulla sinistra la signa “LDV”. Anche le narici dell’uomo custodiscono segretamente la data «13», e le lettere L e V iniziali di Leonardo e di Vinci. Il disegno reca, semi celate, molte altre cose, tra le quali una piccolissima firma “lionardo”, in alto sulla destra del capo dell’uomo. Un’altra piccolissima firma, “Lionardus”, viene colta nel piede destro allargato dell’uomo, in questo caso ruotato”.
Ma, essendo l’opera firmata ufficialmente in basso a destra, viene spontaneo chiedersi il perché Leonardo abbia voluto celare altre firme e date proprio all’interno delle sue opere. “La risposta è alquanto semplice - spiega Buso - gli studi da me apportati da una ventina d’anni a questa parte ad una miriade di opere d’arte eseguite nelle varie epoche, hanno dimostrato che questa era una pratica utilizzata per tutelare il nome dell’artista in futuro e per favorire la datazione”. Buso, infatti, in questi anni ha “investigato” con successo, trovando firme celate di Klimt, Munch, Picasso, Modigliani, Arturo Martini, Gino Rossi, ma, prima ancora, Giotto, Leonardo, Raffaello, Giorgione, Michelangelo.



