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Terra Santa, il viaggio e la risposta

Il prossimo pellegrinaggio diocesano in Terra Santa si tiene dal 21 al 28 luglio 2018, guidati dal Vangelo secondo Marco. La guida biblica sarà don Michele Marcato. Per informazioni contattare l'Ufficio diocesano per la Pastorale al numero 0422 576842. Proponiamo il reportage del pellegrinaggio svolto lo scorso anno, scritto da una partecipante.

Che cosa ci spinge ad un pellegrinaggio? Questa è stata la domanda con la quale don Michele Marcato ha iniziato una nuova esperienza in Terra Santa alla guida di un gruppo di pellegrini della diocesi di Treviso, tra il 15 e il 22 luglio scorso. Di fronte a lui 43 persone con altrettante diverse risposte da dare ma che, anche se in modi diversi, stavano tutte seguendo una chiamata che quella terra, segnata profondamente dall’esperienza di Dio, continua a lanciare attraverso i secoli.
Da Betlemme a Gerusalemme. Il viaggio inizia molto presto, è una notte di veglia passata tra autobus e aeroporto per giungere nel pomeriggio a Betlemme, dopo aver osservato le prime bellezze e assaggiato le prime contraddizioni di questo luogo segnato da scontri politici e religiosi. Un muro in cemento armato ci separa dal nostro mondo occidentale, ci separa da Israele; Gerusalemme, che abbiamo visto passando, ha le porte chiuse: il giorno prima della partenza un attentato alla spianata delle moschee ha portato nuovamente lo stato di allerta a livelli elevati; ma noi siamo sulle orme di Gesù e iniziamo dalla Basilica della Natività ove la prima parola di Nostro Signore fatto uomo è stato il pianto di un bambino.
Con la guida di Matteo. Da questo momento, seguendo il vangelo di Matteo, noi pellegrini veniamo a poco a poco condotti dentro i luoghi vissuti da Gesù, lungo le sue strade, dentro le case, veniamo accompagnati alla meditazione dei passi evangelici nei vari luoghi in cui sono realmente accaduti e narrati.
E’ un susseguirsi di chiese, scavi archeologici, costoni rocciosi, vegetazione; e poi il Giordano, il caldo, il lago, le barche, la pesca, il vento, il monte: tutto questo non è poi così diverso da quello vissuto da Gesù ed ecco che viene voglia di togliersi i sandali e camminare a piedi scalzi per sentirlo ancora più vicino, arrostire del pesce e dividersi il pane, così semplicemente e tanto intensamente come se Lui fosse con noi. Il desiderio che si prova è intenso. E ci si ritrova a pensare anche ai gesti più semplici che possa aver compiuto, gesti comuni come lo stendersi, l’alzarsi, l’appoggiarsi, il guardare lontano, gesti che ognuno in quel preciso momento sta compiendo. E si scopre un Gesù più uomo di quanto lo potevamo aver immaginato prima.
La città attesa. Ma il nostro viaggio dentro la sua vita ci porterà inevitabilmente a Gerusalemme, alla croce e alla resurrezione. Ci arriveremo solo gli ultimi tre giorni, Gerusalemme va attesa, osservata da lontano, desiderata, perché l’incontro con questa città segna la persona. Gerusalemme non è una città, è “la città”. In essa la storia di millenni si è accumulata e si è costruita, in essa la presenza di Dio segna le pietre, in essa il mio Dio e il tuo si sovrappongono, sembrano coesistere senza prevalere, si intrecciano alla vita che vi è trascorsa nei secoli al punto che potremmo davvero dire che “Lì vi è tutto”. E ora ci sei anche tu, e tutto questo è sconcertante ed eccitante allo stesso tempo. La voglia di starci e la paura di rimanervi coesistono, forti e contrastanti, difficile descriverlo. Ma siamo al culmine. Il Santo Sepolcro ci porta al centro del messaggio cristiano, era lì che dovevamo arrivare, il termine del nostro viaggio con Gesù. Ed è qui che si riconosce il valore di una guida spiritualmente accesa, perché sa portarti passo dopo passo dentro la passione, il dolore, la morte per poi farti sentire abbracciato dalla resurrezione, e senti di essere in quel momento nel posto giusto, perché ai piedi della croce bisognava arrivarci per sentire che la chiamata cui abbiamo risposto, avviandoci come pellegrini, veniva esattamente da qui. Ed il tempo lungo trascorso in questo luogo è sempre un tempo buono, che sia di visita, di preghiera o semplicemente di sosta. Nell’ultimo giorno i disordini ritornano in città. La tensione si avverte, il “Suq” alle 18 è chiuso e deserto, ci viene chiesto di non uscire quella sera. Il mattino seguente la città è in parte inaccessibile, e vigilata dall’esercito. Non potendo raggiungere le nostre mete ci avviamo verso Yad Vashem (Memoriale nazionale israeliano dell’olocausto), visita breve ma significativa. Il rientro per il pranzo sarà problematico ma per noi si risolve in una non troppo lunga attesa fuori dalle mura, con la certezza, anche in questa situazione, di essere in mani attente tanto della guida quanto dell’agenzia che cura il nostro soggiorno. Nel frattempo però dall’altra parte della città qualcuno muore.
Questa è Gerusalemme, l’abbiamo desiderata, raggiunta e toccata. Ci si è presentata quale essa è con le sue innumerevoli facce, la sua immensa storia.
Il deserto. Non è mancato un assaggio di deserto, quel luogo di costruzione e tentazione per l’uomo, di costruzione e tentazione per il popolo di Israele. Dall’impressionante imponenza della fortezza di Masada al Mar morto bordato di bianco, da Qumran a Gerico. La temperatura ci ha messi alla prova, le pietre spaccate dal sole parlavano di durezza. Eppure è un luogo che ha accolto vita...
Gli incontri. Particolarmente toccanti gli incontri con persone che vivono in Israele e Palestina. Tra tutti ricordiamo il parroco francescano di Betlemme che ha raccontato la vita di una parrocchia cristiana dentro una realtà con forte maggioranza arabo-musulmana. Un mondo difficile ove l’apertura è una modalità per integrarsi e vivere assieme. Il nostro viaggio si chiude con la messa (che ci ha accompagnato ogni giorno) ed il pranzo ad Emmaus ove le orme di Gesù su questa terra si aprono definitivamente al futuro.

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