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La “lezione” su Gaza di ottantotto docenti

Essere insegnanti è un lavoro continuo, che si traduce non solo in parole, attraverso un’aula, ma anche in azioni e posture al di fuori di essa.
Erano in sette, sabato 5 luglio, fuori dalla Questura di Treviso impugnando una lettera firmata da ottantotto nomi, tutti docenti del Duca degli Abruzzi e del Mazzotti di Treviso, del Berto di Mogliano e del Levi di Montebelluna.
I destinanari erano lo Stato italiano e le Istituzioni europee, e il contenuto una denuncia della situazione a Gaza e del silenzio assordante che in Italia l’accompagna.
L’iniziativa
“Capita, talvolta di confrontarsi, tra colleghi, sull’attualità e, leggendo le notizie provenienti da Gaza provavamo in tanti un forte senso di impotenza e frustrazione. Abbiamo quindi deciso di trasformare queste emozioni in azione, per cercare di fare la nostra parte - ci spiega Damiano Cavallin, docente del Duca degli Abruzzi -. Il 16 maggio abbiamo inviato alla stampa un primo appello, firmato da ottanta docenti del Duca degli Abruzzi, che chiedeva l’ingresso immediato degli aiuti umanitari a Gaza. L’appello è stato, poi, ripreso da molte altre scuole del territorio, fino ad essere sostenuto, il 30 maggio, anche dal Consiglio comunale di Treviso, con un voto unanime”.
Da qui, la decisione di portare in Questura una lettera che raccogliesse una “denuncia simbolica contro i crimini che continuano ad avvenire a Gaza”, la quale “è stata ricevuta, dal punto di vista tecnico, non come denuncia, ma come esposto, e sarà, poi, trasmessa alla Procura e al Ministero dell’Interno”.
A questo punto, spiegano i docenti, “speriamo che si rafforzi la richiesta, da parte dell’intera cittadinanza, di un intervento dello Stato italiano e dell’Unione europea, per garantire il rispetto del diritto internazionale”.
La lettera
“Ogni cittadino che assiste a un crimine, in qualità di testimone diretto o indiretto, ha il dovere di denunciare ciò che ha visto. Siamo quindi qui per denunciare ciò che abbiamo visto”: si apre con queste parole la lettera degli insegnanti, che proseguono con una descrizione cruda, ma reale, delle immagini che tutto il giorno da anni ci scorrono davanti agli occhi. Ciò che sta avvenendo a Gaza, ma purtroppo anche in altri territori limitrofi, “viola il diritto internazionale: questo dicono i trattati e le convenzioni internazionali che anche il nostro Paese ha siglato e che l’Europa, a cui apparteniamo, ha il dovere di far rispettare”, concludono gli autori. E gli studenti, raccontano, approvano nel ricevere la dimostrazione che “si può uscire dal silenzio, intervenire su ciò che accade nel mondo, parlare e adottare modalità di azione non-violente”.
Il riscontro degli studenti
“Gli studenti sono venuti a conoscenza delle nostre iniziative solo in un secondo momento, quando sono state pubblicate dai giornali - racconta, ancora, Damiano Cavallin -. Molti di loro, tra cui anche tanti ex studenti, ci hanno ringraziati per l’esempio che stavamo dando, mostrando che si può uscire dal silenzio, intervenire su ciò che accade nel mondo, parlare e adottare modalità di azioni non-violente. Non si educa solo con le parole, ma anche con le proprie azioni”.
La fame di attualità, garantisce Cavallin, spesso proviene dagli studenti stessi: “È avvenuto, ad esempio, con l’omicidio di Giulia Cecchettin, che ha avuto su tutti noi un profondo impatto. Con la questione palestinese è accaduto, probabilmente, meno, anche per il fatto che non sempre le notizie su Gaza arrivano agli studenti attraverso i canali che normalmente utilizzano per informarsi. La scuola è, per sua natura, interessata a ciò che accade nel mondo e, purtroppo, i diritti umani vengono spesso calpestati, in vari luoghi del pianeta. Il caso di Gaza è particolarmente emblematico”.
Opinione pubblica
Sullo sfondo, segnaliamo quanto trasmesso da Nando Pagnoncelli, presidente di Ipsos, ospitato a DiMartedì lo scorso 6 maggio: “Una significativa maggioranza del 68% (dei cittadini italiani, nda) considera i continui bombardamenti del Governo di Netanyahu sulla Striscia di Gaza come una risposta «sproporzionata e inaccettabile». Solo il 13% ritiene che queste azioni siano una «risposta adeguata e accettabile», dopo le minacce e gli attacchi subiti”. Un sondaggio europeo condotto a maggio da YouGov su alcune migliaia di cittadini europei conferma il dato; in generale, crolla il sostegno per Israele, nell’opinione pubblica dell’Europa occidentale, raggiungendo il livello più basso mai registrato.