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Sicurezza sul lavoro: stanchi di indignarci

La Cgil provinciale ha presentato il rapporto 2023 su infortuni, decessi e malattie professionali: Treviso maglia nera, servono controlli

Pochi giorni fa, quando la Cgil di Treviso ha presentato il suo report sulla sicurezza sul lavoro, la Marca trevigiana aveva già l’orribile maglia nera per le morti sul posto di lavoro, con dodici decessi tra gennaio e settembre 2023. Il tragico dato, nel momento in cui scriviamo, è già aumentato di uno: una ragazza di 26 anni, morta il 14 novembre mentre lavorava alla Bocon, ditta di surgelati di Pieve di Soligo.

Rispetto al 2022, diminuiscono le denunce di infortuni sul lavoro, in Italia, in Veneto e anche nel Trevigiano; diminuiscono anche le morti sul luogo di lavoro, in Italia, in Veneto, ma non in Provincia di Treviso, che, a 2023 ancora non terminato, ha già registrato cinque morti in più rispetto all’anno precedente.

“E tuttavia le norme ci sono - ha commentato il segretario provinciale della Cgil con delega in materia di sicurezza, Enrico Botter -, poi, possiamo inventarci altre fattispecie di reato, ma se non ci sono i controlli, se le norme non vanno fatte rispettare, cade tutto nel vuoto, un nuovo reato non serve a nulla. Siamo davvero stanchi di esprimere sdegno per l’ennesima morte evitabile, facciamo tutti finta di non sapere quale sia il problema vero: mancano tecnici dello Spisal che possano controllare ed eventualmente sanzionare le aziende, il personale è fortemente sottodimensionato, per esempio a Treviso servirebbero 32 ispettori, ma ce ne sono solo 18, tra cui un solo medico”.

“Si badi bene - ha proseguito Botter -, che il problema è innanzitutto politico, si tratta di rendere attrattivo il pubblico impiego, e questo riguarda anche i problemi della sanità: un dirigente pubblico non può limitarsi a constatare che un bando di assunzione è andato deserto, deve domandarsi perché e agire per risolvere il problema”.

Anche il segretario della Cisl Belluno Treviso Massimiliano Paglini è intervenuto sulla questione: “Il senso di frustrazione e di indignazione è enorme per l’ennesimo infortunio mortale, non si può morire a 26 anni per portare a casa lo stipendio per vivere. Le morti e gli infortuni sul lavoro non possono essere considerati un qualcosa di ineludibile. Dobbiamo mobilitare ogni donna e ogni uomo di questo territorio e del Paese per fermare questa strage, chiediamo prima di tutto l’aumento del personale dello Spisal e degli ispettorati del lavoro e di tutti i soggetti preposti alla vigilanza. E’ fondamentale altresì prevedere percorsi obbligatori e propedeutici di formazione destinati anche al personale esperto, soprattutto quando si cambiano i macchinari e se ne inseriscono di nuovi”.

C’è poi la questione della giustizia per le vittime, ha continuato Botter, durante la presentazione del report della Cgil: “Devono esserci le norme, chi le controlla e poi un sistema giudiziario efficiente, per tutelare la vita nei luoghi di lavoro, invece molti processi vanno in prescrizione. Tutto dipende dal fatto che far rispettare le norme sia conveniente o meno, se mancano le sanzioni non ci sono incentivi a spendere denaro per la sicurezza delle imprese. Come sindacato noi proviamo a entrare e a promuovere una cultura della sicurezza sui luoghi di lavoro, ma costituiamo anche parte civile nei processi, per avere certezza del risultato, per avere giustizia”.

A questo proposito Mauro Visentin, segretario generale di Cgil Treviso, ha raccontato del clamoroso risultato ottenuto in una vertenza per una lavoratrice trevigiana, cui è stato riconosciuto l’infortunio sul lavoro per essere caduta, durante una telefonata di lavoro, mentre si trovava nella sua abitazione, in smart working: “Cerchiamo di stare dentro a un mondo che cambia - ha chiarito il segretario -, le questioni di sicurezza e regolarità delle postazioni di lavoro sono importanti quanto la questione del salario”.

Il sindacato, poi, ha provato a dare un’ulteriore interpretazione del dato trevigiano, ipotizzando che anche la natura del tessuto economico, fatto da tante piccole e medie imprese, sia parte della questione: come è noto, infatti, più le aziende sono grandi e strutturate, più sono applicate le politiche sulla sicurezza: “Per governare il nostro territorio - la conclusione - probabilmente avremmo bisogno di più enti bilaterali, che mettano insieme sindacati e associazioni di categoria, aiutando le aziende a esprimere le figure degli rls, i rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza, che nelle imprese fino a 15 lavoratori dovrebbe essere designato dagli stessi dipendenti e che invece troppo spesso viene arbitrariamente designato dal datore di lavoro”.

ALCUNI DATI PRESENTATI DAL SINDACATO

Nel 2022 una denuncia di infortunio sul lavoro su sei era dovuta al Covid. Nel 2023 il dato delle denunce scende del 19,6% in Italia, del 19,7% in Veneto e addirittura del 28% in provincia di Treviso. Tuttavia, come fatto notare da Enrico Botter durate la presentazione dei dati del report sulla Sicurezza del lavoro di Cgil, il dato è appunto ancora falsato dalla pandemia. In ogni caso, guardando al rapporto, invece, con il 2019, primo anno di riferimento pre pandemia, si ha una diminuzione complessiva, in Italia, dell’8,1% e dell’8,3% in Veneto. Manca il dato Trevigiano, comunque la tendenza per quanto riguarda le denunce, è quella di una sensibile diminuzione. I dati su genere ed età seguono, in provincia di Treviso, tendenzialmente quelli sul mercato del lavoro, con una maggioranza di uomini (71%) rispetto alle donne (29%) e della fascia d’età 45-54 anni (24%).

A incidere maggiormente nel conteggio degli infortuni sono il settore matalmeccanico (15%), quello edile (9%), trasporti e magazzino (4%) e chimica, carta, cuoio (4%).

Per quanto riguarda gli incidenti con esito mortale, come possiamo vedere nella tabella in alto, mentre in Italia e nel Veneto, rispetto all’anno scorso, diminuiscono rispettivamente del 3,7 e del 2,7%, a Treviso si riscontra un più 50%, e il dato, come si è detto, purtroppo non è aggiornato. Così, il Veneto, nella classifica nazionale per le morti sul luogo di lavoro, passa dal 18° posto del 2019 al 13° del 2022, che mantiene anche nel 2023. La provincia di Treviso passa dal 93° posto del 2019 al 92° nel 2022 e al 54° posto nel 2023, in una classifica in cui sarebbe bene arrivare ultimi. L’incidenza è di 26,4 morti ogni milione di occupati ed è più che raddoppiata rispetto al dato 2019 e 2022 che è, in entrambi i casi, di 10,2.

Per quanto riguarda la denuncia di malattie professionali, anche queste sono in amento nel 2023, sia rispetto al dato 2022 che rispetto al 2019. In termini assoluti, sono state, quest’anno, nel periodo tra gennaio e settembre, denunciate, in Italia, 53.555 malattie professionali, 3.458 in Veneto, 433 nella sola provincia di Treviso.

“Se guardiamo alla tipologia di malattie - ha spiegato Valentina Durante, direttrice del Patronato Inca, che ha poi fornito i dati relativi alle pratiche processate dai suoi uffici, pari al 74% del totale delle pratiche della provincia - possiamo vedere che quasi il 78 % riguarda «Malattie del sistema osteomuscolare e del tessuto connettivo» ossia, degenerazioni del disco intervertebrale, problemi alla cuffia dei rotatori, sulle spalle, tunnel carpale... tutti problemi riguardanti problemi di ergonomia e comfort sul luogo di lavoro o di sfruttamento del lavoratore in attività pesanti e ripetute. Segno che sono problemi in parte risolvibili con una maggiore attenzione all’ambiente e alla modalità di lavoro”.

Durante ha, infine, ricordato che denunciare gli infortuni sul lavoro può portare a risarcimenti del danno per i lavoratori e che le malattie professionali riconosciute possono essere risarcite con un indennizzo economico o, a seconda del punteggio, se molto invalidanti, con un vitalizio mensile, invitando così i lavoratori a non sottovalutare la loro salute.

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