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Cinquant'anni di formazione aperta e integrale con lo Studio teologico interdiocesano

Con l’avvio dell’anno scolastico 1970-1971 nasceva lo Studio Teologico Interdiocesano fra le diocesi di Treviso e Vittorio Veneto, che sceglievano di mettere insieme i due corpi insegnanti dei rispettivi Seminari e i due gruppi di alunni. Un passo importante, una collaborazione che da allora ha dato buoni frutti e che sarà ricordata il 24 e 25 febbraio in occasione del “Corso speciale” sul tema “La formazione teologica dei seminaristi in una Chiesa che cambia”. Abbiamo chiesto a don Stefano Didonè, pro-direttore dello Studio Teologico dal 2017, di raccontarci la nascita e lo sviluppo di questa realtà formativa.

Con l’avvio dell’anno scolastico 1970-1971 nasceva lo Studio Teologico Interdiocesano fra le diocesi di Treviso e Vittorio Veneto, che sceglievano di mettere insieme i due corpi insegnanti dei rispettivi Seminari e i due gruppi di alunni. Un passo importante, una collaborazione che da allora ha dato buoni frutti e che sarà ricordata il 24 e 25 febbraio in occasione del “Corso speciale” sul tema “La formazione teologica dei seminaristi in una Chiesa che cambia”; un’iniziativa che sarà significativamente tenuta nelle due sedi: a Treviso il lunedì e a Vittorio Veneto il martedì (il programma nel box a fianco).

Abbiamo chiesto a don Stefano Didonè, pro-direttore dello Studio Teologico dal 2017, di raccontarci la nascita e lo sviluppo di questa realtà formativa.

In quale contesto culturale ed ecclesiale nasceva lo Studio?

Il contesto generale era certamente quello di una grande crisi, pur essendoci una situazione diversa tra i due Seminari di Treviso e Vittorio Veneto. Il clima a Treviso era caratterizzato dalla percezione di un cambiamento necessario e da una tensione tra chi lo voleva e chi, invece, frenava. Da una parte vi era un corpo docenti che continuava ad insegnare la Teologia tradizionale, che era sostanzialmente quella neoscolastica. Dall’altra parte, cioè quella dei seminaristi, l’onda lunga delle contestazioni del ‘68 aveva fatto breccia e aveva reso superato ai loro occhi un modo ripetitivo di fare scuola, senza cercare nuove strade. La figura del professore, e più in generale di coloro che rappresentavano l’autorità, era messa radicalmente in discussione. L’intuizione vincente fu quella di ricostruire su basi solide una formazione sempre rigorosa ma più biblica, aperta al dialogo con la cultura e la società.

A quali indicazioni formative doveva rispondere?

Il decreto Optatam totius del Concilio Vaticano II sulla formazione dei futuri presbiteri aveva indicato chiaramente la rotta: il percorso degli studi teologici doveva introdurre i seminaristi al mistero di Cristo e alla vita nello Spirito con un atteggiamento di apertura culturale e di dialogo verso il mondo, anche valorizzando adeguatamente le scienze umane. Nella nuova prospettiva gli insegnanti venivano considerati educatori a tutti gli effetti, riconoscendo il giusto valore nella formazione alla dimensione intellettuale.

In che senso?

Nel passato pesava molto, nella valutazione di una vocazione, la resa nello studio: buoni risultati scolastici potevano essere un lasciapassare per l’ordinazione. Oggi il discernimento vocazionale tiene conto della persona nella sua globalità e non solo delle sue capacità intellettuali. Molte sono le occasioni di scambio e confronto tra docenti ed educatori in Seminario, alcuni dei quali hanno ricoperto il duplice ruolo, e tutto ciò favorisce l’attenzione alla persona in tutte le sue dimensioni.

Perché è importante ricordare questo anniversario? Che cosa ha rappresentato per le nostre Chiese?

La nascita dello STI ha segnato un salto di qualità nella formazione. Prima, come anche in altri Seminari, l’impostazione dei corsi era affidata ai singoli professori, mentre l’affiliazione con la Facoltà Teologica dell’Italia Settentrionale di Milano, avvenuta alla fine del 1973, produsse un piano di studi ordinato e più rigoroso nei programmi di insegnamento. Inoltre, si trattò di un cammino fatto insieme da due Chiese, che univa i rispettivi patrimoni di tradizione e di formazione teologica, formando un unico corpo docenti, arricchitosi successivamente di nuove figure. Non solo: la nascita dello STI fece per così dire da “volano” per altre iniziative. I docenti si impegnarono in entrambe le diocesi sia nella formazione permanente del clero locale, sia nell’istituzione di corsi e di scuole di formazione teologica per i laici, e poi anche nell’Istituto Superiore di Scienze Religiose. I frutti di cui godiamo oggi non sono scontati: ecco perché è importante non solo celebrare e ringraziare, ma anche continuare a garantire qualità all’insegnamento.

Chi curò allora la nascita dello STI?

Certamente la figura centrale fu don Antonio Marangon, preside a quel tempo, che d’intesa con l’allora vescovo di Treviso mons. Antonio Mistrorigo, con il preside di Vittorio Veneto, don Giacinto Padoin e il vescovo mons. Antonio Cunial, ebbe la saggezza di tessere i rapporti giusti per favorirne la nascita e, soprattutto, di tenerne unito il corpo docenti. Questo vale anche per l’affiliazione dello STI alla Facoltà di Milano, scelta che nel tempo si rivelò feconda. In tempi in cui ancora non si parlava di sinodalità, le due Chiese di Treviso e Vittorio Veneto riuscirono a realizzare un prezioso cammino insieme.

Quali sono le principali sfide che insegnanti e studenti hanno affrontato in questi 50 anni?

Mantenere il timone della formazione sulla rotta indicata dal Concilio, cioè curando bene la cristologia e la teologia spirituale. Una particolare sfida fu integrare le scienze umane, in particolare la sociologia e la psicologia, nel tradizionale curriculum filosofico e teologico, ma soprattutto orientare alla pastorale l’intera formazione. La nascita della Facoltà teologica del Triveneto e l'introduzione dello statuto e del regolamento è stata una nuova, bella e impegnativa tappa. Un’altra sfida riguarda i docenti: in passato un solo insegnante si cimentava con varie discipline; oggi anche la teologia si è specializzata, per cui abbiamo docenti competenti e specializzati in una sola disciplina, il cui corso si svolge magari ogni tre anni. Paradossalmente, in questo momento, nelle due diocesi ci sono più docenti che studenti.

Quali le sfide per il prossimo futuro?

Ci sono sfide legate ai contenuti (penso, ad esempio, alle sollecitazioni che provengono dalle neuroscienze, o al grande tema del pluralismo religioso), ma la sfida strategica principale riguarda la formazione integrale della persona. Attualmente abbiamo 27 seminaristi, distribuiti in 6 anni (se contiamo anche l’anno propedeutico sono 31) e non vi sono prospettive di ingressi numerosi, anche se non dobbiamo mai mettere limiti allo Spirito Santo. La collaborazione con lo Studio Teologico Card. Celso Costantini del Seminario di Concordia-Pordenone, con il quale condividiamo alcuni corsi del biennio e del triennio, ci consente di arrivare a 43 alunni. Se la collaborazione proseguirà, potremo continuare a offrire un servizio qualificato per le nostre Chiese anche nel futuro. Altrimenti dovremo inviare gli studenti dei nostri Seminari a studiare nel ciclo istituzionale della Facoltà teologica di Padova.

Perché i corsi dello STI non possono essere frequentati anche da altri, come religiosi in formazione o laici?

Attualmente la normativa ecclesiale prevede due percorsi distinti per la formazione teologica (ITA e ISSR), ma non è detto che le cose debbano restare così per sempre.

Che cosa potrebbe cambiare?

Papa Francesco, nel Prologo di Veritatis gaudium, spinge per una formazione il più possibile integrale ed aperta. Alcuni corsi li condividiamo già con gli studenti laici dell’ISSR, e in futuro ce ne potrebbero essere anche altri, riuscendo a mettere insieme le esigenze del piano di studi, dei programmi e degli orari. Impresa non scontata, dati i numerosi impegni dei docenti, che spesso sono preti, quindi anche parroci o impegnati in altre attività. Il lavoro in costante dialogo tra i responsabili dei vari Istituti, in particolare l’Istituto Superiore di Scienze religiose e la Scuola di Formazione Teologica, ha portato finora a risultati positivi. Confidiamo che continui anche in futuro.

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