La settimana scorsa abbiamo pubblicato una presentazione della lettera apostolica di papa Leone sull’educazione:...
A Treviso chiuso l’anno giubilare: “La speranza sta germogliando”
“Ora chiudiamo l’esperienza dell’anno giubilare. Doveva durare un anno, e questo tempo è passato. Ma il Signore ha sparso abbondantemente semi di speranza. La speranza sta germogliando: prendiamocene cura, fino a che produca frutti di novità e di bellezza. Sappiamo camminare, non torniamo a fermarci. Tracciamo cammini nuovi, nutriti e sorretti dalla speranza che ci è stata donata. Disegniamo mappe per cammini agili e sicuri, da percorrere insieme, senza fughe in avanti e senza rimpianti. Ascoltiamo la Parola. Ascoltiamo la coscienza. Ascoltiamo i sogni che Dio ci regala: la Chiesa splenderà del volto bello di Cristo, e saremo trasformati a sua immagine. Continueremo a camminare su strade nuove, ancora e sempre pellegrini di speranza”: è con queste parole, con questo augurio che invita a continuare a camminare e a disegnare mappe di speranza, che il vescovo di Treviso, mons. Michele Tomasi, ha concluso l’omelia della celebrazione eucaristica di chiusura del Giubileo “Pellegrini di speranza”.
Il tempio di San Nicolò, la chiesa più grande di Treviso, ha accolto 2.000 persone. Un centinaio i sacerdoti che hanno concelebrato con il Vescovo Tomasi; hanno concelebrato anche mons. Andrea Bruno Mazzocato, arcivescovo emerito di Udine e il vicario generale della diocesi, mons. Mauro Motterlini.
Una celebrazione semplice e solenne al tempo stesso, animata dai cori trevigiano, ucraino e ghanese. Molte altre le comunità cattoliche provenienti da altre Nazioni e che vivono in diocesi, che hanno preso parte alla messa, tra cui le giovani dello Sri Lanka, che hanno accompagnato con candele e fiori la processione dell’Evangeliario dal presbiterio all’ambone.
Numerosi anche i giovani - diversi impegnati nel servizio -, che quest’estate hanno vissuto il pellegrinaggio giubilare a Roma con il Vescovo e hanno voluto essere presenti alla celebrazione.
Il Vescovo ha ricordato i tanti pellegrinaggi a Roma, compiuti dalle diverse categorie di persone, i giovani, gli adolescenti, le famiglie, i catechisti, i detenuti, e poi parrocchie e singoli fedeli, oltre ai tantissimi pellegrinaggi alle dieci chiese giubilari della nostra diocesi. “Grazie a tutti coloro che si sono lasciati provocare dalla speranza, che si sono messi in movimento, che non hanno ceduto alla tentazione della rassegnazione, al richiamo di beni che passano, alla forza dell’abitudine e del facile malcontento. Grazie a chi ha visitato un ammalato, una persona sola. Grazie a chi ha aperto il cuore alla preghiera. Grazie a chi ha creato spazi di comunità e di comunione” ha detto il Vescovo, ricordando la morte e il funerale di papa Francesco, proprio durante il pellegrinaggio degli adolescenti, e la morte della catechista di Istrana, Lina, sempre durante il pellegrinaggio. Il Vescovo ha espresso gratitudine a papa Francesco, che ha aperto il Giubileo, e a papa Leone, “che si è messo in cammino con generosità e ci guida con sapienza”.
Tra le autorità, hanno partecipato il presidente del Consiglio comunale di Treviso, Antonio Dotto, in rappresentanza del Sindaco, il vicario del Questore, Domenico Demaio, l’assessore Diego Zanchetta, per la Provincia di Treviso, Massimo Ribaudo, comandante provinciale dei Carabinieri, Michele De Luca, comandante della Guardia di Finanza di Treviso, in rappresentanza del comandante provinciale, Daniele La Gioia, Fabio De Luca, comandante del 51° Stormo di Istrana, Mario Pozza, presidente della Camera di Commercio Treviso - Belluno.
Presenti anche le sezioni trevigiane dell’Unitalsi, dell’Ordine di Malta e dell’Ordine del Santo Sepolcro.
IL TESTO INTEGRALE DELL’OMELIA
“Giubileo sia un tempo nuovo, donato da Dio e condiviso tra noi: il Giubileo sia un tempo di grazia”.
Queste le parole con cui chiudevo l’omelia nella solenne celebrazione di apertura dell’anno giubilare, il 29 dicembre dell’anno scorso. Abbiamo vissuto un tempo nuovo? Sono convinto che per molti sia stato così. Un tempo di cambiamento interiore, di relazioni rinnovate, di impegni di bene assunti e realizzati.Sono stati momenti di grazia sicuramente i tantissimi pellegrinaggi. Quelli verso le porte sante di Roma di parrocchie, collaborazioni pastorali, vicariati. Quelli delle innumerevoli categorie di cristiani che sono stati convocati a Roma nel corso dei mesi, e che là hanno celebrato i loro rispettivi giubilei. Solo a titolo di esempio: le famiglie, gli adolescenti, i giovani, i catechisti, i carcerati...Numerose sono state le famiglie ed i singoli che si sono messi in cammino verso Roma, per il Giubileo della speranza. Tanti anche i pellegrinaggi alle Chiese giubilari della nostra Diocesi, che hanno mobilitato comunità che accoglievano e comunità che si mettevano in cammino. Aggiungo anche il pellegrinaggio giubilare a Lourdes, momento anche questo di preghiera e di grazia.
È stato un tempo nuovo, un tempo di grazia, tutte le volte che abbiamo trovato momenti quotidiani di preghiera, in cui abbiamo dato ascolto alla Parola di Dio, e lo abbiamo sentito parlare a noi personalmente, da cuore a cuore, nel santuario della nostra coscienza, guida sulla via del bene. Lo è stato tutte le volte in cui siamo stati capaci di incontrarci tra noi gratuitamente, in cui ci siamo lasciati sorprendere dalla bellezza di essere insieme discepoli e discepole di Gesù Cristo. Anche certo per fare, per costruire, per gestire, per amministrare le nostre comunità e le tante nostre attività, ma sempre consapevoli di condividere in esse soprattutto tempo, amicizia, fraternità, speranza, vita.È stato un tempo nuovo, un tempo di grazia quando siamo stati pellegrini dal Cristo che aspettava la nostra visita, nell’incontro con infermi, carcerati, anziani in solitudine, persone con diverse abilità, persone che non riescono più a sperare. (Nel kyrie di questa celebrazione abbiamo lodato il Signore per tutte le volte che ci ha aiutati a vivere secondo questi impegni).
Forse, invece, non siamo riusciti a vivere questo nostro anno come un tempo nuovo, un tempo di grazia, quando ci siamo sentiti oppressi dal peso dello scorrere di giorni sempre uguali a se stessi, imprigionati in fatiche superiori alle nostre forze, incapaci di alzare lo sguardo, e di dare un significato concreto alla parola «speranza». Non è stato possibile viverlo così per chi ha continuato ad essere e a sentirsi solo, per chi ha subito ancora ingiustizia, o per chi non ha visto le riforme e i cambiamenti ritenuti fondamentali per ricevere concreto aiuto, conforto, sollievo, e nuove prospettive. Forse non siamo capaci di vivere il nostro tempo come un tempo di speranza, funestato come è di continue notizie di guerra, di polarizzazioni sempre più spinte, e di differenze sempre più incolmabili tra chi accumula ricchezze senza precedenti e chi non riesce ad avere di che sopravvivere. Forse il nostro tempo ha blindato l’orizzonte della nostra esistenza, e ci costringe a limitarci a ciò che viviamo qui ed ora, incapaci di superare con lo sguardo, con il pensiero, con gli affetti i confini del nostro io.
Nel Giubileo abbiamo potuto attingere a sempre nuovi motivi e nuove forze per camminare ancora, per vivere ancora, per amare ancora. Il dono della «speranza» ci ha aiutato tenacemente ad andare al di là del nostro limitato orizzonte, e ad accogliere la possibilità di far spazio in noi a una trascendenza, per minima, limitata e vicina che sia: la piccola ma decisiva trascendenza che è l’appello che ci rivolgono le persone che incontriamo sul cammino, differenti da noi, e che accogliamo e ascoltiamo con pazienza, senza pregiudizi;la trascendenza più ampia e coinvolgente che è l’irrompere di un amore gratuito, che ci rende felici nel dare più che nel ricevere;la trascendenza suprema, fondamento e pienezza di tutte le altre, la fede in Dio nostro Padre che ci ama di amore infinito, e che in Gesù Cristo ci testimonia la vita che non finisce con la morte terrena. In questa fede la vita è dunque ancora più preziosa, in ogni suo istante, in ogni situazione.
San Giuseppe ci è maestro in questo, lui che al richiamo dell’angelo si è alzato nella notte, ha preso con sé il bambino e la madre ed è fuggito in Egitto. Non si è rifugiato in illusioni, non è rimasto inerte nel riposo, ha ascoltato la voce interiore, è partito senza indugio, si è preso cura di Gesù, di Maria, e così anche di tutti noi. Giuseppe ha saputo ascoltare la voce dell’angelo in sogno, e ha permesso che la storia di Gesù potesse svilupparsi e realizzarsi.
Grazie a tutti coloro che si sono lasciati provocare dalla speranza, che si sono messi in movimento, che non hanno ceduto alla tentazione della rassegnazione, al richiamo di beni che passano, alla forza dell’abitudine e del facile malcontento. Grazie a chi ha visitato un ammalato, una persona sola. Grazie a chi ha aperto il cuore alla preghiera. Grazie a chi ha creato spazi di comunità e di comunione. Grazie agli adolescenti, che si sono messi in cammino così numerosi partendo per una festa, e che hanno vissuto con maturità umana e spirituale grande ed ammirevole il momento toccante e intenso della morte di papa Francesco, vivendo anche la dolorosa prova della morte della catechista Lina di Istrana, proprio durante il Giubileo degli adolescenti (per lei, la sua famiglia e la sua comunità preghiamo ancora).Grazie ai giovani, che si sono lasciati interpellare da una chiamata controcorrente, e che hanno colorato Roma ed il mondo di una presenza vitale, giocosa, seriamente coinvolta, appassionata ed appassionante. Voi giovani avete mostrato ancora una volta che, senza ascoltarvi, non vi capiremo mai, e che se proviamo a camminare assieme faremo, grazie a voi, cose grandi. In molti avete lasciato a me e a tanti educatori ed educatrici testimonianze di fede vera, di amore per Dio, di gioia nella comunità, di apertura di sguardi al di là di ogni barriera e confine: davvero seminatori di speranza.Grazie alle comunità di fedeli provenienti da altre nazioni che vivono in Diocesi, con le quali durante l’anno giubilare ho concluso la visita pastorale.Grazie a papa Francesco, che ci ha voluti «pellegrini di speranza» e a papa Leone, che si è messo in cammino con generosità e ci guida con sapienza.
Ora chiudiamo l’esperienza dell’anno giubilare. Doveva durare un anno, e questo tempo è passato. Ma il Signore ha sparso abbondantemente semi di speranza. La speranza sta germogliando: prendiamocene cura, fino a che produca frutti di novità e di bellezza. Sappiamo camminare, non torniamo a fermarci. Tracciamo cammini nuovi, nutriti e sorretti dalla speranza che ci è stata donata. Disegniamo mappe per cammini agili e sicuri, da percorrere insieme, senza fughe in avanti e senza rimpianti. Ascoltiamo la Parola. Ascoltiamo la coscienza. Ascoltiamo i sogni che Dio ci regala: la Chiesa splenderà del volto bello di Cristo, e saremo trasformati a sua immagine. Continueremo a camminare su strade nuove, ancora e sempre pellegrini di speranza.



