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L’ordinazione di don Luca, una chiamata che si nutre della preghiera
L’ordinazione presbiterale di don Luca Volpato il 25 maggio (in cattedrale alle 15.30) avviene nell’anno che papa Francesco, in preparazione al Giubileo, ha voluto come un anno dedicato a riscoprire il grande valore e l’assoluto bisogno della preghiera. In più occasioni il Papa è tornato a sottolineare come al centro della vita cristiana c’è il dono dell’amicizia con il Signore, che ci libera dalla tristezza dell’individualismo e dal rischio di una vita senza significato, senza amore e senza speranza. E’ la preghiera che ci custodisce nella capacità di riconoscere il dono della vocazione presbiterale e fa crescere la disponibilità ad accoglierlo come possibilità concreta attraverso la quale testimoniare l’amore di Dio per l’umanità.
La gioia del Vangelo, la buona notizia è proprio questa: siamo amati da Dio con tenerezza e misericordia. E questo annuncio gioioso siamo chiamati a farlo risuonare nel mondo, testimoniandolo con la vita, perché tutti possano scoprire la bellezza dell’amore salvifico di Dio manifestato in Gesù Cristo morto e risorto (cfr Evangelii gaudium, 36).
La strada è quella di riconoscersi e rimanere discepoli. Solo accogliendo e custodendo la gioia del Vangelo in una relazione viva con il Signore risorto possiamo essere missionari e portare questa gioia agli altri. Negli anni del Seminario cerchiamo che possano esserci, per ogni età, tempi e modalità adatte per far crescere un’autentica esperienza di preghiera comunitaria e personale. Nel fare questo vogliamo testimoniarci reciprocamente che l’incontro con Gesù è la cosa più bella che ci è capitata, per grazia! L’essere discepoli del Signore non è un travestimento religioso, ma è uno stile di vita, e dunque richiede la cura della nostra umanità, perché sia trasformata dallo Spirito di Gesù, dalla sua forza umanizzante, e questo non avviene soltanto per il nostro impegno, ma prima di tutto imparando ad aprire il cuore alla Parola di Gesù che sempre più ci avvicina al suo cuore, alla sua umanità.
Don Luca potrà vivere bene il ministero sacerdotale solo immerso nel popolo sacerdotale. Questa appartenenza al popolo custodisce, sostiene nelle fatiche, accompagna nelle ansie pastorali e preserva ogni prete dal rischio di staccarsi dalla realtà e di isolarsi. Per restare immersi nella storia reale delle persone è necessario l’apporto di tutto il popolo di Dio. Nella Chiesa, infatti, vi è una reciprocità e una circolarità tra gli stati di vita, le vocazioni, tra i ministeri e i carismi. E questo chiede la sapienza umile di imparare a camminare insieme, facendo della sinodalità uno stile della vita cristiana e della stessa vita sacerdotale. Una sinodalità che si nutre di preghiera: un prete non nasce per generazione spontanea, ma cresce in un contesto in cui la preghiera della comunità costituisce uno stile che apre a considerare la propria vita dentro una dimensione vocazionale che apre al servizio. Preghiera che don Luca sarà chiamato a sostenere con la sua intercessione e ad accompagnare per farne scoprire a tutti il grande valore e la sua necessità per una vita autenticamente cristiana. Nella preghiera di ordinazione, infatti, il Vescovo chiede esplicitamente all’ordinando: Vuoi insieme con noi implorare la divina misericordia per il popolo a te affidato, dedicandoti assiduamente alla preghiera, come ha comandato il Signore?
Custodire l’esperienza della preghiera è, dunque, un modo di servire il popolo di Dio distintivo dei ministri di Cristo. Ce lo ha mostrato il Maestro, in tutta la sua vita e, in particolare, durante l’Ultima Cena, quando ha unito il gesto della lavanda dei piedi dei discepoli alla sua preghiera, affinché tutti possano conoscere il Padre, avere in se stessi la pienezza della gioia di Gesù ed essere perfetti nell’unità. Nell’ottica del servizio, il cammino fatto in seminario non è un’operazione estrinseca, la trasmissione di un insegnamento, ma diventa l’esercizio di mettere l’altro al centro, facendo emergere la sua bellezza, il bene che è e che porta dentro, mettendo in luce i suoi doni e anche le sue ombre, le sue ferite e i suoi desideri. E in questo la preghiera comunitaria e la possibilità di condividere quanto il Signore suggerisce a ciascuno risultano particolarmente preziosi.
La speranza è che il prete che viene formato così, possa a sua volta mettersi a servizio del popolo di Dio, contribuendo con tutta la sua persona a generare la vita di Dio portando l’acqua viva del Vangelo nel terreno del cuore umano, accompagnando a un’autentica esperienza di fede.
Riconoscenti al Signore per il dono di un presbitero, continuiamo a pregare affinché il Signore “mandi operai nella sua messe” (Mt 9,38). (*Rettore del Seminario)