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Imu e Chiesa: facciamo un po' di chiarezza

La Chiesa, che significa le parrocchie, gli istituti ecclesiastici, gli ordini religiosi, ha sempre pagato l’Ici, ora Imu. Quindi, dove sta tutto questo clamore?

Imu e Chiesa, tema che ci mancava. “La Chiesa pagherà l’Imu sui propri immobili”, questo si è letto nei giorni scorsi su diversi quotidiani. Ma sugli immobili in cui si svolgono attività esclusivamente commerciali (un negozio, un bar, un hotel…), la Chiesa, che significa le parrocchie, gli istituti ecclesiastici, gli ordini religiosi, ha sempre pagato l’Ici, ora Imu. Quindi, dove sta tutto questo clamore?
Facciamo chiarezza. Ai fini dell’esenzione Ici-Imu-Tasi per le attività di religione e di culto, la normativa Imu riproduce quella precedente dell’Ici. Con l’Ici (art. 7 commi d, i D.L. 504/1992) e poi con l’Imu (art. 9 comma 8 D.L. 23/2011) si è sempre prevista l’esenzione per gli immobili destinati esclusivamente all’esercizio del culto e della religione. Si è, poi, intervenuti per definire l’esenzione in base a criteri di proporzionalità (DM 200/2012) per gli enti non commerciali (anche religiosi) che svolgono attività assistenziali, previdenziali, sanitarie, didattiche, ricettive, culturali, ricreative e sportive (art. 7 comma i, D.L. 504/1992). Le esenzioni previste ai fini Imu-Tasi, quindi, si applicano per gli immobili destinati esclusivamente all’esercizio del culto e alla cura per le anime, alla formazione del clero e dei religiosi a scopi missionari, alla catechesi, all’educazione cristiana (art. 7, c. 1, lett. d D.L. 504 /1992, comma 8 dell’articolo 9 del D.L. n. 23 del 2011).
Problemi di interpretazione sono nati, però, nel 2005 quando il governo Berlusconi ampliò l’esenzione, allargandola anche agli immobili che svolgono attività fiscalmente qualificate come “economiche/commerciali”, cioè le attività assistenziali, previdenziali, sanitarie, didattiche, ricettive, culturali, ricreative, sportive. Ma quando un’attività è considerata economica? La scuola materna parrocchiale, per esempio, è un’attività economica solo per il fatto che c’è la partita Iva?
Con l’Ici c’era la possibilità di “interpretare”, invece con l’Imu le cose sono molto più chiare. Comunque, la sostanza non cambia: la scuola materna giustamente non pagava l’Ici, come ora non paga l’Imu.
L’Unione europea affermava che il “sistema italiano di esenzioni all’Ici verso gli enti non commerciali per scopi specifici tra il 2006 e il 2011 era incompatibile con le regole Ue sugli aiuti di Stato”, in quanto conferiva, di fatto, un vantaggio selettivo alle attività commerciali svolte negli immobili di proprietà di questi enti e quindi anche della Chiesa, rispetto a quelle portate avanti da altri operatori.
La Commissione Ue nel 2012 e il Tribunale Ue nel 2016 comunque avevano sancito “l’impossibilità di recupero dell’aiuto a causa di difficoltà organizzative”.
Oggi, invece, la Corte di Giustizia Ue si è pronunciata ribaltando quanto precedentemente disposto; in particolare, ha spiegato che affinché possa archiviarsi l’aiuto di Stato, non è sufficiente prendere atto dell’impossibilità di recupero dichiarata dallo Stato italiano. E’ necessario invece accertare con un “esame minuzioso” l’inesistenza di “modalità alternative” per provare a incassare almeno in parte i soldi andati persi. Quindi, auguri e buon lavoro! Solo gli enti della Chiesa sono oltre 40 mila, per non parlare, poi, di tutti gli altri enti… ma chissà perché poi alla fine si parla solo di Chiesa… o di Vaticano.
Sulle attività commerciali si sono sempre pagate Ici e Imu. Dove non c’è profitto, è corretto non pagare l’Imu. Comunque, il ricorso accolto dalla Corte Ue è sull’Ici. Quello sull’Imu è stato respinto, per cui la Chiesa continua a essere esentata dal pagamento per gli immobili con le caratteristiche sopra elencate.

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