Indubbiamente, quello che ci appare nel racconto è un Gesù umano, compassionevole e misericordioso verso...
Tutti invitati al banchetto del Regno - XXVIII domenica del Tempo ordinario
Dio non esclude nessuno. Ma per partecipare, occorre preparare “l’abito nuziale”

Il regno di Dio viene oggi presentato come una festa di nozze, come un banchetto raffinato al quale possono partecipare tutti gli uomini, senza esclusioni: però, a certe condizioni.
Invitati a una festa di nozze
La parabola del Vangelo odierno (Mt 22,1-14) unisce insieme due parabole e si collega a quella precedente dei vignaioli omicidi (Mt 21,33-43), anche se nella liturgia di domenica scorsa non sono stati proclamati i versetti che registrano la reazione dei presenti: “Udite queste parabole, i capi dei sacerdoti e i farisei capirono che parlava di loro. Cercavano di catturarlo, ma ebbero paura della folla, perché lo considerava un profeta” (Mt 21,45-46). In questo contesto ostile, dunque, “Gesù riprese a parlare con parabole” (Mt 22,1).
Nella prima (parte della) parabola si presenta un re che manda i suoi servi, una prima e una seconda volta, ad invitare alla festa di nozze del figlio gli abitanti della città principale del suo regno. Ma dopo il primo e secondo rifiuto, punisce duramente quella città e fa chiamare altri, “cattivi e buoni”, affinché partecipino al banchetto nuziale (Mt 22,2-10). Alla luce della parabola dei vignaioli omicidi, sembra facile riconoscere la città di Gerusalemme, o quanto meno i capi religiosi di allora, tra coloro che hanno rifiutato l’invito; gli altri, scelti anche tra i “cattivi”, sembrano invece i discepoli di Gesù, tra i quali c’erano anche pubblicani e peccatori che avevano accolto con stupore l’inatteso invito.
In questa lettura allegorica, il v. 7 sembra più comprensibile, se si pensa che la parabola di Gesù viene messa per iscritto dall’evangelista Matteo quando la città di Gerusalemme ha già subito la distruzione, nel 70 d.C., seppur non ad opera di Dio, ma dell’esercito romano guidato da Tito. Diversamente, risulterebbe molto strano immaginare un re che prepara una festa ma, poiché gli invitati non rispondono, li fa uccidere, mettendo a fuoco la loro città, per poi riprendere tranquillamente la festa di nozze del figlio con altri invitati!
Un banchetto per tutti i popoli
Ma anche una lettura allegorica appare non del tutto adeguata, in quanto rischia di far sentire i cristiani “sicuri” tra coloro che hanno accolto l’invito del Signore, magari con uno sguardo di disprezzo verso il popolo ebraico, che avrebbero perso l’occasione favorevole. La seconda (parte della) parabola, in effetti, non sembra più destinata ai “capi” di Israele: l’evangelista la riporta come ammonimento per la comunità cristiana (Mt 22,11-13). È vero, infatti, che alla festa può partecipare chiunque, “cattivi e buoni”: nessuno può considerarsi “privilegiato”, né c’è qualcuno che possa sentirsi escluso, a motivo delle scelte sbagliate compiute. La valenza universale dell’invito è ribadita anche dalla prima lettura (Is 25,6-10a): il “banchetto di grasse vivande e di vini eccellenti” sarà “per tutti i popoli”. Però, come Gesù chiarisce nell’ultima enigmatica espressione, “molti sono chiamati, ma pochi eletti” (Mt 22,14). Nel chiamare, Dio non esclude nessuno! Però, per partecipare al banchetto, occorre preparare “l’abito nuziale”, ossia essere disposti a vivere un profondo rinnovamento della propria vita.
Tutto posso in colui che mi dà la forza
A conclusione della sua lettera ai Filippesi (Fil 4,12-14.19-20) l’apostolo Paolo, prima di ringraziarli per il sostegno concreto che hanno offerto al suo ministero di annuncio, ribadisce la sua libertà nei confronti dei beni materiali: li accetta volentieri, in quanto possono essere utili alla missione di far giungere il Vangelo a tutti; ma è disposto anche a farne a meno, se con il sostegno economico offerto qualcuno volesse limitare la sua libertà di agire secondo la volontà di Dio. Saper vivere nell’abbondanza, senza rimanere prigioniero di uno stile di vita che offre molte disponibilità, così come, essere in grado di vivere nell’estrema povertà, pur di non snaturare il messaggio evangelico, è possibile solo per chi trova la sua forza in Cristo e nella relazione con Lui.