domenica, 07 dicembre 2025
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Morto nell’indifferenza migrante all’Appiani

Aveva un permesso di soggiorno, un lavoro, ma non una casa: “Situazione intollerabile, le persone non devono dormire per strada, la responsabilità è di tutti”, i commenti della politica e della società civile

Si chiamava Mandeep, aveva trent’anni, veniva dall’India, aveva in tasca un permesso di soggiorno, lavorava, ma non aveva una casa. Così è morto, probabilmente a causa di un attacco cardiaco, nel luogo dove viveva, assieme ad altri migranti: il parcheggio sotterraneo della Cittadella delle Istituzioni, all’Appiani, a due passi dalla Questura. Non è la prima volta che scopriamo che mancano le case, che mancano i posti nel dormitorio pubblico, che diverse persone dormono in quel parcheggio. Anche il nostro giornale è ritornato su questi temi più volte. In passato i migranti trovati a dormire all’Appiani erano stati trasferiti all’ex caserma Serena, ma poi anche questa emergenza è passata nel dimenticatoio.Oggi è il giorno dei rimpianti e delle accuse, per tutto quello che non si è fatto prima, per accogliere queste persone.

“Mandeep è morto a 30 anni. Al freddo di un parcheggio in centro a Treviso - le dure parole di Fabio Tesser, operatore di strada delle parrocchie di Treviso -. Si continuerà a dire che la responsabilità non è di nessuno. Ma non è così noi sappiamo i nomi, di tutti. Di una politica cieca e incapace, di un’Amministrazione presa da altro, di servizi antichi e inadatti, di giornalisti che danno voce ai più forti, di un volontariato che non sa coordinarsi, che si ferma ad atti caritativi e di emergenza, ma non alza la voce, e anche mia”.

E superiamo il paradigma dell’emergenza, aggiunge il Capogruppo Pd in Consiglio Comunale Stefano Pelloni, ricordando di essere tornato su questi temi in un intervento in Consiglio comunale dello scorso 28 settembre: “Non chiamiamola emergenza freddo - aveva ribadito in quel contesto -, sappiamo che d’inverno fa freddo non facciamoci prendere alla sprovvista. Agiamo per tempo. Da mesi in città tanti stranieri stanno dormendo per strada: dormono all’Appiani, dormono davanti alla chiesa di San Zeno, dormono dove possono. Non giriamoci dall’altra parte sperando che non succeda nulla di grave. Sapevamo da mesi che i posti nel dormitorio comunale non sarebbero bastati: già lo scorso inverno persone che non riuscivano ad entrare dormivano fuori. Dobbiamo pensare a delle soluzioni per chi esce dal percorso dell’accoglienza, magari ha il permesso di soggiorno, magari ha un lavoro, ma non ha una casa in cui dormire. È una vergogna”.

Il consigliere, poi, ha commentato l’accaduto: “Purtroppo davvero era inevitabile che prima o poi qualcosa succedesse. Non si sa ancora se questo ragazzo sia morto di freddo o se il malore fosse dovuto ad altre ragioni, ma è comunque intollerabile che persone dormano per strada con le nostre caserme vuote o con gli appartamenti sfitti liberi in attesa di assegnazione”.

Di morte di Stato parla, in una nota, Coalizione civica per Treviso: “Un corpo stritolato dalle pieghe delle leggi e della burocrazia, dello scarico di competenze tra enti, della mancanza di attenzione di chi governa il nostro territorio: è il corpo del giovane trovato morto mentre dormiva al parcheggio della «Cittadella delle Istituzioni», da anni unico rifugio per molti, per troppi. E’ una morte di Stato. Una morte avvenuta proprio lì, a pochi passi da quelle istituzioni che dovrebbero accogliere, prendersi cura, proteggere chi arriva nel nostro Paese più di tanti altri, più di coloro che hanno una casa in cui dormire al caldo. E’ una morte di Stato perché non basta neppure il permesso di soggiorno e magari anche un lavoro per essere certi di sopravvivere alla notti della stagione fredda, perché il reddito può non bastare per trovare una casa o una stanza riscaldata, ma è sufficiente per farti espellere dal circuito dell’accoglienza prevista dalla legge. Perché puoi avere diritto all’accoglienza, ma attendere fredde settimane invernali prima che venga trovata la struttura dove avrai un letto. I nostri amministratori sono quotidianamente «impegnati», almeno a parole, nella difesa della «sicurezza» dei cittadini dalla criminalità, le forze dell’ordine pattugliano la città, c’è il «controllo di vicinato». Ma questa morte di Stato ci ricorda che c’è chi ha bisogno della «sicurezza» di un pasto, di un luogo caldo in cui dormire, dell’assistenza sanitaria perché il suo corpo non venga stritolato, perché non possiamo curarci solo delle sue braccia perché «producono», ma dobbiamo curarci della persona. Abbiamo bisogno di leggi sull’immigrazione il cui obiettivo non sia la «difesa della fortezza», ma la capacità di garantire accoglienza immediata e dignitosa. Non dimentichiamo che in Italia l’immigrazione è ancora regolata dalla legge «Bossi-Fini» e che i decreti approvati da questo governo in materia di richiedenti asilo sono la versione «giuridicamente sostenibile» del «blocco navale» promesso in campagna elettorale. Non dimentichiamo chi sono i responsabili di queste norme e non dimentichiamo neppure che molti di coloro che dichiaravano di essere contrari alla «Bossi-Fini» non hanno fatto nulla per cambiarla quando sono stati al governo del Paese. Abbiamo bisogno di istituzioni che si facciano carico della «sicurezza» di chi è costretto a vivere per strada, di «pattuglie dell’umanità» che trovino chi dorme all’addiaccio e lo ricoverino in un posto caldo, di «controlli» nei luoghi (noti) in cui vanno a dormire i senzatetto per portarli via da lì perché molte volte sono persone inconsapevoli anche di quali sono le porte a cui possono bussare per vivere in quella condizione di dignità che a tutti è dovuta in un Paese civile. Ne abbiamo bisogno per non doverci dichiarare colpevoli della morte di ieri e di quelle che potrebbero ancora esserci, ne abbiamo bisogno perché una città in cui nessuno dorme per strada è una città in cui tutti vivono meglio, ne abbiamo bisogno perché una comunità civile è veramente degna di questo nome se ne fanno parte tutti coloro che vivono e attraversano le strade e le piazze. Abbiamo bisogno di un segnale chiaro e immediato per cominciare a sbriciolare il muro dell’indifferenza: per questa morte di Stato si spengano oggi le luci natalizie della città”.

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