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Veneto Orientale: ospedale unico addio?

Dopo anni in cui sembrava che la strada fosse ormai segnata e che potesse esserci, come unica possibilità, solo quella dell’ospedale unico per tutto il Veneto Orientale, ora la situazione pare essere decisamente cambiata. Sembra che per ora il progetto sia stato accantonato, se addirittura la sua realizzazione non è stata neanche inserita nell’ultimo aggiornamento delle schede ospedaliere regionali.

07/06/2019

Dopo anni in cui sembrava che la strada fosse ormai segnata e che potesse esserci, come unica possibilità, solo quella dell’ospedale unico per tutto il Veneto Orientale, ora la situazione pare essere decisamente cambiata. Sembra che per ora il progetto sia stato accantonato, se addirittura la sua realizzazione non è stata neanche inserita nell’ultimo aggiornamento delle schede ospedaliere regionali.
A essere messo in discussione sembra essere proprio il modello organizzativo della sanità a livello regionale: di fatto, a Mestre si è solo ricostruito il vecchio ospedale in un altro luogo, tutt’al più ingrandito, a Padova, dove si è individuato il luogo del nuovo ospedale, ci sono ancora delle perplessità, perché si parla di tempi di realizzazione di almeno una decina d’anni. Forse che l’ospedale unico non sia proprio così necessario?
Di fatto, a certificare una non così effettiva urgenza sono anche gli ultimi dati relativi ai conti economici dell’Ulss 4: dopo la storica inversione di tendenza del 2017, il bilancio 2018 si è chiuso infatti con un risultato positivo di gestione di 3 milioni e 352 mila euro.
Il risultato di esercizio rappresenta il proseguo di un percorso avviato nel 2013 per la riduzione del passivo storico, che si è caratterizzato in primo luogo dal miglioramento dell’impiego delle risorse, dalla nuova organizzazione e da investimenti mirati - fanno sapere dall’azienda ospedaliera - i quali hanno permesso di elevare il livello qualitativo delle prestazioni sanitarie generando, ad esempio, un aumento del 2% degli interventi in sala operatoria e un aumento del 13% delle visite specialistiche ambulatoriali. Altro elemento importante è stato l’aumento del 9% dell’attrazione di pazienti provenienti da altre regioni e aziende sanitarie, e parallelamente è diminuita del 7% la fuga di pazienti verso altre Ulss. Gli investimenti del 2018 sono stati ingenti: 13 milioni di euro, di cui 7,3 milioni in strutture, 2,9 milioni in acquisto di nuove attrezzature sanitarie e 2,8 per l’acquisto di mezzi e altri beni.
“La razionalizzazione delle risorse economiche può essere tradotta in un taglio dei servizi, in questa Ulss si sono invece ottimizzate le attività e si è aumentata la produttività - commenta il direttore generale Carlo Bramezza -. Questo risultato di esercizio è frutto del buon lavoro svolto in tutte le componenti dell’Ulss 4. Il mio ringraziamento va quindi a tutto il personale che ha lavorato con impegno e con passione per curare sempre meglio la popolazione, permettendo parallelamente non solo di razionalizzare la spesa ma di generare un importante utile di bilancio che consentirà l’avvio di altri nuovi investimenti sul fronte tecnologico, come l’acquisto del robot chirurgico per l’ospedale di Portogruaro, e avviare una importante ristrutturazione delle strutture esistenti”.
Non che siano sparite piccole situazioni di disservizio: rimane critica, per esempio, la situazione del Cup, che in certi orari presenta ancora lunghe code. Ma “tutte le richieste avanzate per organizzare al meglio i tre ospedali dell’Ulss 4 sono state accolte dalla Giunta regionale e dalla V Commissione - ha commentato qualche settimana fa Bramezza -. Ne consegue che potremo dare attuazione al percorso di organizzazione avviato nei tre poli ospedalieri, che tra l’altro ha già portato a buoni risultati come il bilancio di esercizio in attivo ed una importante riduzione delle fughe dei pazienti”. E per il 2019 la nuova organizzazione della medicina primaria vedrà l’avvio delle “medicine di gruppo”.
Tra le principali novità c’è l’aumento dei posti letto ospedalieri, che complessivamente passano da 516 a 534. L’incremento interesserà l’area chirurgica e l’ortopedia di San Donà di Piave, la medicina di Portogruaro, inoltre verranno aumentati i posti letto nell’Unità riabilitativa territoriale (Urt) e nella medicina di Jesolo. Costituiscono una novità assoluta anche l’attivazione di due nuove unità operative ospedaliere: la geriatria a Portogruaro e la dermatologia a San Donà di Piave.
L’ospedale di Jesolo è stato classificato “polo riabilitativo provinciale”, ciò significa che diventerà il fulcro della riabilitazione non solo di questa Azienda sanitaria, bensì di tutta l’area della Città Metropolitana di Venezia e, altra novità, sempre nell’ospedale fronte mare verrà attivata l’unità di neuro riabilitazione con posti letto dedicati.
Le nuove schede ospedaliere prevedono poi l’attivazione di quattro nuovi primariati per le specialità di geriatria, terapia antalgica, dermatologia e trasfusionale; l’ospedale di Portogruaro mantiene la neurologia, che verrà attivata anche a San Donà di Piave. L’emodinamica dell’ospedale di San Donà passerà dalle 12 alle 24 ore di attività, consentendo in tal modo gli interventi in emergenza anche nelle ore notturne. All’oncologia di Portogruaro sono previste nuove attività ambulatoriali con personale dell’Istituto oncologico veneto (Iov).
Riguardo all’area emergenza-urgenza, la sede del primariato del pronto soccorso di Jesolo viene trasferita in quello di San Donà di Piave, che è il principale dell’Azienda sanitaria; pertanto, il pronto soccorso di Jesolo viene classificato in punto di Primo intervento avanzato, diventando punto di riferimento per tutte le strutture di emergenza del litorale dell’Ulss 4. All’atto pratico, il nuovo assetto non cambierà nulla per il pronto soccorso di Jesolo: orari e attività rimarranno invariati agli attuali. I punti di Primo intervento di Caorle e Cavallino mantengono l’assetto attuale, con attività nelle 24 ore durante l’estate, e nelle 12 ore durante il periodo invernale. Per quanto riguarda i servizi sul territorio, confermati due ospedali di comunità nelle case di riposo di San Donà e Portogruaro.

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