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Intervista: il prof. Vassallo analizza i flussi elettorali
Non è un momento di “grandi soddisfazioni”, per quanto riguarda la situazione politica, per gli esperti di “flussi elettorali”, coloro che monitorano, di volta in volta, le scelte degli elettori, per mettere in evidenza come si spostano i consensi, da una tornata all’altra. Ebbene, stavolta, non c’è voluto moltissimo per capire che, dopo un decennio di altissima instabilità, conclusosi con le Politiche del 2022, il sistema politico italiano è tornato a reggersi su due blocchi, su un sostanziale bipolarismo, rispetto al quale gli elettori restano, di fatto, stabili. A spiegarlo, è Salvatore Vassallo, professore di Scienza politica nell’Università di Bologna e direttore dell’Istituto Cattaneo, famoso per diffondere attente analisi su andamento e flussi elettorali. Il docente, a cui abbiamo chiesto, anzitutto, di parlarci della situazione in Veneto, non nasconde che, con l’attuale legge elettorale, è alto il rischio di maggioranze risicate o di pareggio, alle elezioni Politiche, previste nel 2027.
Le elezioni Regionali, dunque, hanno confermato quanto ci si attendeva?
Direi di sì, in Veneto è successo quello che, più o meno, è capitato in tutte le Regioni dove si è votato. Gli elettorati risultano stabili. Se prendiamo, come riferimento, le Europee del 2024, le oscillazioni riguardano i singoli partiti, ma restando nel perimetro delle medesime coalizioni.
Precisamente, quello che è accaduto in Veneto, con l’ottimo risultato della Lega, a scapito di Fratelli d’Italia.
Esattamente, e si sa benissimo qual è stato il motivo principale, e cioè il ruolo rivestito, in questa tornata elettorale, da Luca Zaia. A questo, va anche aggiunto un maggiore radicamento territoriale della Lega, con i suoi candidati al Consiglio regionale, rispetto a Fratelli d’Italia, che è cresciuto in fretta e non ha, di conseguenza, ancora una classe dirigente presente in modo forte nel territorio. Va detto che l’unico elemento di novità è stato, comunque, il risultato del centrodestra, che ha guadagnato 6 punti rispetto al 2024.
Da dove sono arrivati questi voti in più?
Ci sono stati dei consensi, comunque limitati, arrivati dalle forze centriste, ma, in piccola parte, anche dal centrosinistra. Tuttavia, l’alta percentuale si spiega, soprattutto, con un più elevata quota di astensionismo nell’elettorato di centrosinistra, che considerava l’esito scontato.
L’attuale scarso radicamento territoriale di Fratelli d’Italia può essere un problema, per il partito di Giorgia Meloni?
Paradossalmente, finora, questo si è rivelato, al tempo stesso, un problema, ma anche un vantaggio. Meloni ha potuto affermarsi come leader autorevole, senza che venissero avvertiti rumori di fondo, senza essere disturbata da un dibattito interno. Devo dire, però, che la presenza di correnti, in Fratelli d’Italia, è stata avvertita in modo particolare, proprio durante i congressi a livello veneto.
Tanti hanno sottolineato che l’astensionismo raggiunge, ormai, livelli un tempo impensabili. C’è veramente da preoccuparsi? Cosa emerge dagli studi dell’istituto Cattaneo?
Per quel che ne sappiamo, l’astensionismo è la somma di due categorie di persone. C’è una quota strutturale di astensionismo, tra il 20 e il 30 per cento dell’elettorato. Si tratta di categorie che si sentono marginali, sono sfiduciate, non hanno collocazione politica e sono prive di motivazioni. Su queste persone, incide anche il fatto che il conflitto politico, prevalentemente, non si gioca più su fattori concreti e di distribuzione della ricchezza, ma su un confronto di carattere socio-culturale. Pensiamo ai temi del genere, dei migranti, ecc. Poi, c’è un secondo blocco, attorno al 20 per cento dell’elettorato, che sceglie di volta in volta se recarsi ai seggi, a seconda delle circostanze. Il crollo alle Regionali è dovuto, in larga parte, a questo secondo fattore. Il risultato è stato percepito come scontato, oppure come poco significativo per la vita delle persone. Quindi, le analisi sull’astensionismo devono partire da tale realtà e, proprio per questo, non ci dev’essere un allarme assoluto. Non siamo di fronte a metà elettorato che non crede nella democrazia, e domattina potrebbe scendere in piazza.
A livello nazionale, il dibattito si è spostato su una nuova legge elettorale. Quella attuale rischia di non assicurare la governabilità?
L’attuale legge non ha prodotto una maggioranza nel 2018, lo ha fatto nel 2022. Oggi, lo scenario è quello di una vittoria di stretto margine, o di un pareggio, anche se, secondo le nostre stime, il centrodestra è in vantaggio di una trentina di seggi. Molte cose, però, possono cambiare. Se si cambia legge elettorale, la Corte costituzionale ha messo dei paletti. Realisticamente, l’unica strada è stabilire un premio di maggioranza di coalizione che scatti con il superamento del 40%, e non superi il 55% dei seggi. L’unica incognita riguarda la reintroduzione delle preferenze, ma non mi pare di vedere, su questo, grande entusiasmo.



