venerdì, 16 maggio 2025
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Verso il referendum: meno ostacoli per essere italiani?

Approfondimento sul quinto quesito, che chiede di ridurre da 10 a 5 anni i tempi per ottenere la cittadinanza. Chi è per l’astensione teme una sanatoria generalizzata, chi è per il sì racconta le discriminazioni vissute

L’8 e 9 giugno si voterà anche per il referendum cittadinanza, con cui si chiede di ridurre da 10 anni a 5 anni il periodo di residenza necessario per richiedere la cittadinanza italiana, che una volta ottenuta, può essere trasmessa ai figli minorenni. La proposta è modificare l’articolo 9 della legge 91 del 1992 con cui si è alzato il termine di soggiorno legale ininterrotto in Italia per poter presentare la domanda di cittadinanza.

Su questo tema si è aperto un dibattito, con differenti approcci giuridici e politici: i promotori ritengono che il tetto dei 10 anni penalizzi persone, a partire da giovani e bambini, perfettamente integrati nel nostro Paese; sul fronte dei contrari si sottolinea il rischio di una “sanatoria” generalizzata. Alcuni partiti, come Lega e Fratelli d’Italia, hanno annunciato l’astensione.

“Riteniamo non ci sia nulla da cambiare nella legge attuale - spiega l’onorevole Alberto Stefani, segretario regionale della Liga Veneta e vicesegretario federale della Lega -. La soglia dei 10 anni per richiedere la cittadinanza italiana è sufficiente. Non è stata mai riformata, neanche durante i Governi di sinistra; stupisce, dunque, che sia stato promosso un referendum sul tema, che peraltro crea divisioni e astensioni nella stessa sinistra. Noi abbiamo molto chiara la differenza tra chi arriva in questo Paese e ci rimane legalmente per dare il proprio contributo, lavora e rispetta le regole, e chi invece è qui perché pensa di poter delinquere, che meriterebbe persino la revoca della cittadinanza”.

I contrari: “Servono regole e sicurezza”

Per Stefani, presidente della Commissione bicamerale per l’attuazione del federalismo fiscale, “chi parla di immigrazione senza distinzioni e vuole convincere le persone che l’Italia non sia accogliente e solidale, con leggi punitive in materia di cittadinanza, non fa propaganda per se stesso, come vorrebbe, ma contro il Paese e le numerose organizzazioni umanitarie che operano nei territori. Noi non vogliamo fare l’interesse di un partito, ma quello dell’Italia. Un Paese in cui servono regole e sicurezza per il bene di tutti”.

I favorevoli: “Si tratta di un cambiamento necessario

Parla, invece, di “cambiamento necessario” Navneet Kaur, referente del Comitato referendum di Padova, che sta portando il tema all’attenzione dei cittadini. Ventisette anni, in Italia da quando ne aveva 8, è una delle numerose persone di nuova generazione attive su questo tema: “La mia famiglia è di origini indiane. Siamo arrivati in Italia nel 2005, da subito ho frequentato scuole, gruppi e associazioni, mi sono inserita in tante attività. Prima di diventare maggiorenne, i professori ci hanno fatto conoscere la Costituzione, ci hanno detto che avremmo potuto per la prima volta votare. Solo allora, ho scoperto che non avevo la cittadinanza: non risultavo nelle liste elettorali e non avrei potuto esercitare quel diritto. Mi è caduto il mondo addosso, ho vissuto una crisi di identità, ti chiedi perché tutto questo. E, poi, è iniziata la trafila: la cittadinanza non si ottiene da un giorno all’altro, i tempi sono lunghissimi. Alla fine sono diventata cittadina italiana a 22 anni”.

Difficoltà quotidiane e “file diverse”

Navneet racconta le discriminazioni vissute ogni giorno sulla propria pelle.

Le stesse di Ingrid, giovane trentina nata in Nigeria, la protagonista di un progetto europeo.

“Le barriere sono quotidiane - continua Navneet -. Ero in coda alla Galleria degli Uffizi, a Firenze, quando ho scoperto, solo al momento di entrare, che mi trovavo nella fila sbagliata. Come nelle gite scolastiche o nei viaggi all’estero, quando in aeroporto sei costretto a stare in una fila diversa rispetto ai tuoi compagni di classe. E, ancora, le difficoltà per accedere ai progetti europei di studio, Erasmus e non solo; il rinnovo del permesso di soggiorno, con giorni di scuola persi per sbrigare le pratiche in uffici aperti solo di mattina. Referendum cittadinanza, ma anche ius scholae, ius culturae sono battaglie di tutti, di chi crede che un Paese migliore sia davvero possibile”.

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