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Nuovi ospiti in collina: cinghiali, volpi, presto anche i lupi
Questi animali non si trovano più solo nei miti e nelle favole, ma sono incontrollabili nelle Pedemontana trevigiana e vicentina. Se per il lupo si tratta per ora solo di avvistamenti non supportati da prove verificate, per cinghiale e volpe le cose sono più concrete.

Si racconta che un re, si chiamava Oineo, per uccidere un possente cinghiale radunò eroi da tutta la Grecia. Il cinghiale gli aveva devastato tutti i campi coltivati. Nel mito e nelle favole troviamo più volte la volpe, un carnivoro che in una sola notte può distruggere un allevamento di polli. Incontriamo pure il lupo, che tutti ricordiamo come vile divoratore del povero Cappuccetto Rosso. Da qualche tempo, almeno dal 1990, questi animali non si trovano più solo nei miti e nelle favole, ma a leggere le cronache sono incontrollabili nelle Pedemontana trevigiana e vicentina. Se per il lupo si tratta per ora solo di avvistamenti non supportati da prove verificate, per cinghiale e volpe le cose sono più concrete. “Finora del lupo abbiamo una segnalazione in Val Chiampo - racconto il comandante della polizia provinciale di Vicenza Claudio Maggiolaro -, ma dal video realizzato si capisce poco. Non escludiamo che nell’area alpina ci sia il passaggio di qualche lupo, ma per ora nessuna traccia. Piuttosto potrebbero essere femmine di cani lupo. Noi comunque siamo pronti già dallo scorso anno dopo un corso residenziale fatto a Cuneo assieme alla forestale, siamo in grado di riconosce e gestire la presenza del lupo”.
Nonostante la sua terribile fama, il lupo non è aggressivo verso l’uomo e anzi la sua presenza controlla la diffusione esponenziale dei cinghiali. La Regione Veneto, con le polizie provinciali, partecipa a un progetto per la tutela del lupo, questo grande carnivoro infatti è quasi estinto per la caccia forsennata che è stata fatta, in realtà è utile all’equilibrio naturale tra le popolazioni di animali. “I cinghiali invece rappresentano un problema da gestire - dice il comandante -. Abbiamo individuato un nucleo sui Monti Berici e altri nuclei sono presenti sul Grappa. Ho visto un campo di golf attraversato da un gruppo di questi suini, non si può credere, decine di migliaia di euro di danni. La gente ha paura: è un animale alto quasi un metro e lungo altrettanto o più, soprattutto è compatto e coriaceo, una macchina investendolo sbanda ed esce di strada”.
Il comandante conferma che sono stati introdotti, non sono autoctoni, nel Veneto non ci sono mai stati e oggi non avendo antagonisti, con la montagna meno antropizzata di un tempo e la disponibilità di cibo, si diffondono rapidamente. “L’introduzione è avvenuta a fine anni novanta e forse è stato sottovalutato il problema: sul Grappa le prime a soffrirne sono state le malghe dove i cinghiali hanno distrutto il «cotico» erboso, la base dei pascoli”. I cacciatori, i maggiori indiziati per queste introduzioni scriteriate, oggi sono stati arruolati per i progetti di eradicazione dei cinghiali, mentre la disponibilità di animali abbattuti ha sviluppato un fiorente mercato di carne di cinghiale e di salumi, con abitudini alimentari che ricalcano la Toscana, dove il cinghiale è sempre esistito, piuttosto che il Veneto.
“A decidere i periodi di caccia è l’Ispra di Bolonga, l’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale, che sovrintende alla attività di contenimento. Sono loro che avviano, in diversi periodi dell’anno, l’attività di contenimento. I cacciatori escono di notte e da postazioni fisse, altane, abbattono il cinghiale. Diciamo che nello scorso anno in provincia di Vicenza ne sono stati abbattuti circa 150, così nelle province limitrofe”.
Per ora non ci sono alternative ai fucili ed è solo la passione dei cacciatori a sostenere le spese di questi abbattimenti: dieci cartucce possono costare 70 euro, per non parlare di ottica e carabina. Negli Stati Uniti da decenni usano un contraccettivo per controllare la riproduzione, di certo la politica dello “sparare a vista”, come ebbe a dire qualche tempo fa un assessore della Provincia di Treviso, non è una soluzione, anzi secondo alcuni studiosi aumenta la prolificità di questi animali.