Penso che molti, come me, siano rimasti inizialmente un po’ sorpresi dalla elezione al pontificato del...
Lavoro: stipendi che condannano alla povertà


Non saranno paghe da fame, ma sono certamente stipendi che condannano alla povertà e a una vita non dignitosa. Succede non in un’area depressa, ma nella splendida Marca trevigiana.
Facciamo due conti. In provincia di Treviso, un operaio tessile con contratto collettivo nazionale (Ccnl) guadagna in media 1.700 euro lordi, che corrispondono a circa 1.300 euro netti, se non ha figli o altri redditi. Va ancora peggio nel settore dei servizi: un cameriere o un commesso percepisce mediamente 1.600 euro lordi, cioè, circa 1.200 euro netti. A queste cifre, vanno sottratti affitto, eventuali spese per i figli al nido o per una baby-sitter, bollette, trasporti. E poi c’è l’inflazione. Il risultato? Risparmi zero, sacrifici tanti.
Il Centro studi della Cisl Belluno Treviso ha trasformato questa realtà in cifre. “Fino al 2019, i redditi crescevano in modo più sostenuto rispetto all’inflazione, garantendo un guadagno reale, seppur moderato. Con la crisi pandemica del 2020 si è verificata una brusca frenata dei redditi
(-0,16%), mentre i prezzi hanno continuato a salire”, si legge nel loro report.
Nel 2023 il divario si è ulteriormente allargato: l’inflazione cumulata ha toccato il +19,7%, mentre i redditi sono cresciuti solo del +16,4% rispetto al 2016. Rispetto al 2014, la crescita è stata, in alcuni settori, praticamente nulla. Nel settore delle attività immobiliari si è addirittura scesi da un reddito annuo di 25 mila euro a 21 mila.
Nella ristorazione la situazione è ancora più drammatica: si passa da appena 10.309 euro annui a 10.794, una crescita “infinitesimale”.
E intanto esplode il part-time, che nella ristorazione ha superato il tempo pieno. Stessa dinamica anche nella sanità e nell’assistenza sociale, proprio nei settori dove più servirebbe la presenza continuativa degli operatori. Non è una scelta dei lavoratori, ma una condizione imposta.
L’ALLARME DI ORRÙ, SEGRETARIO CISL TREVISO-BELLUNO: NON SIAMO ATTRATTIVI
Un anno terribile per i salari a Treviso: il 2023. La forbice di quasi tre punti tra inflazione e retribuzioni è una delle più pesanti nella storia di questa provincia. Abbiamo sentito Francesco Orrù, segretario generale della Cisl Belluno Treviso.
È davvero tutta colpa dell’inflazione?
L’inflazione è stata talmente galoppante che non siamo riusciti a starle dietro. Si aggiungono i ritardi nei rinnovi contrattuali, o addirittura gli stop su questo fronte. E, poi, pesa la mancata riforma fiscale: le tasse continuano a tagliare sempre più i salari reali.
Quali i settori più colpiti?
L’area dei servizi appare la più critica: sanità, sport, servizi di supporto alle imprese, ristorazione sono fermi dal 2014.
Ma Treviso non è una provincia con distretti industriali forti?
Il tallone d’Achille è la produttività. Un’azienda, alla fine, si impantana nella burocrazia, nei trasporti, nei ritardi sul digitale, e produce meno di quanto potrebbe.
Cosa si può fare?
I salari devono crescere. I rinnovi dei contratti collettivi nazionali sono il principio fondamentale di tutela e coesione del Paese. Ma non sono mai scontati, come dimostra la vertenza del settore metalmeccanico che, a causa della posizione di totale chiusura di Federmeccanica, sta costringendo i sindacati a proclamare molteplici giornate di sciopero. È fermo anche il rinnovo del contratto nazionale del comparto sanità, dove, a causa della mancata firma da parte di alcune sigle sindacali, non si è giunti alla stipula, privando, di fatto, 600 mila lavoratori di un aumento salariale certo.
Paga e stipendio oggi significano solo soldi?
No. Sempre di più dobbiamo parlare di welfare integrativo, è la risposta più evoluta alle ansie della società moderna. Un welfare condiviso, partecipato e solidale può rinsaldare il tessuto sociale e alleviare molte paure che una società troppo individualista, come la nostra, oggi presenta.
Perché le persone non vogliono più venire a lavorare qui?
Non siamo più attrattivi. I lavoratori non arrivano più e alcuni se ne vanno verso altre province. Il primo problema è la casa: gli affitti sono esorbitanti rispetto agli stipendi. Senza una casa non puoi lavorare, non puoi costruirti un futuro, una vita. A questo si aggiunge la mancanza di trasporti adeguati, la scarsità di asili nido e, in generale, di servizi sociosanitari accessibili.
Treviso ha sempre avuto una forte macchina produttiva. Sta cambiando tutto?
Sì. Secondo le nostre stime, tra 15 anni mancheranno circa 80 mila lavoratori. Questo potrebbe bloccare la macchina produttiva. La cifra l’ha elaborata il Centro Studi Cisl Treviso Belluno, considerando che nella fascia tra i 3 e i 18 anni, ci sono circa 100 mila persone; nella fascia tra i 52 e i 67 anni, che in 15 anni usciranno dal lavoro, ce ne sono 217 mila.
Quali alternative avete?
Dobbiamo diventare attrattivi sul piano dell’abitare e dei servizi per le famiglie. E dobbiamo promuovere una politica seria sull’immigrazione, altrimenti andremo incontro a una crisi strutturale.
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