La settimana scorsa abbiamo pubblicato una presentazione della lettera apostolica di papa Leone sull’educazione:...
La diversità negli strani gusti di gelato
In gelateria sceglie sempre pistacchio e limone. Un abbinamento insolito, due gusti diversi come lo sono il suo Paese di origine, il Gambia, e quello in cui ha trovato una seconda famiglia, l’Italia. Perché, provare a tenere insieme le differenze è una scommessa complicata, a tratti impervia, eppure ricca di opportunità. Così almeno la pensa Caroline, 29 anni, laureata in Economia all’università Ca’ Foscari, sede di Treviso, e un grande desiderio ora da realizzare: tornare a casa, forte delle esperienze maturate e delle competenze acquisite, e aprire una azienda che produca e venda gelato artigianale: “Non quello confezionato industriale, il ghiacciolo o il cornetto, ma quello tipico italiano, «sciolto» come dite voi: alle creme o alla frutta”.
In mezzo, tra la vita e il sogno c’è una storia di migrazione con tutte le sue fatiche e le prove, di accoglienza e di fiducia, di determinazione e coraggio.
“Sono partita dal Gambia nel gennaio del 2023, avevo 26 anni. Lì vivevo con mia mamma e le mie due sorelle più piccole, mi ero laureata in Materie economiche all’università di Kanifing e lavoravo in una banca locale” racconta.
Caroline, in fondo, sa di essere stata fortunata, la sua famiglia è benestante, il papà dall’estero la aiuta economicamente. Il che non è poco, se consideriamo che in Gambia - 175ª posizione su 188 per indice di sviluppo umano -, il 60% della popolazione vive sotto la soglia di povertà, il 54% ha meno di 16 anni e l'economia dipende pesantemente da agricoltura, turismo e rimesse dall'estero. “Io sono fortunata, ho studiato in una buona università, dove i contenuti sono stati di elevata qualità, anche se i mezzi a volte un po’ carenti (per esempio quelli tecnologici). Pure le mie sorelle si stanno laureando ora, in Medicina una e in Ingegneria l’altra”. Sono stati propri motivi di studio a far pensare a Caroline di emigrare n Italia: dopo aver considerato diverse università inglesi, tedesche e anche americane, ha scelto di provare a fare domanda all’università Ca’ Foscari di Venezia, una tra le più storiche d’Europa, di alto profilo per le discipline economiche.
“I costi di frequenza sono più bassi che da altre parti, le borse di studio migliori”. Gli studenti africani, infatti, sono in crescita nelle università italiane, grazie a programmi di cooperazione accademica, mobilità internazionale e percorsi dedicati. Esistono reti e progetti specifici che favoriscono la loro integrazione e lo scambio culturale; dunque, nonostante le barriere linguistiche e le difficoltà burocratiche, la loro presenza aumenta e arricchisce il contesto di ricerca e di sviluppo che, a ogni livello, l’università promuove.
E Caroline, con un biglietto aereo diretto su Tessera, Venezia, in pieno inverno, mentre nel suo Paese si registrano oltre 30 gradi, arriva in Veneto.
“Ero consapevole che, per me, si trattava di una opportunità importante di studio, in questo caso interamente in lingua inglese, per aumentare le mie competenze, ma, soprattutto, crescere come persona. Però il primo periodo non è stato per niente facile”. In realtà, dire complicato non rende l’idea: c’è da mettersi in fila per il rilascio dei documenti di soggiorno, da capirsi con l’italiano, orientarsi in spazi nuovi senza aver mai usato prima google maps, cercare una casa.
Per un po’ l’hanno ospitata a Mestre degli amici, ma “a tempo determinato”.
Trovare un appartamento è davvero complicato, e poi i soldi sono pochi. Difficile raccapezzarsi, rischioso soprattutto perché se sei sola in un Paese straniero, per quanto consapevole e attenta, la possibilità di trovare qualcuno che ti frega è dietro l'angolo.
Invece, Caroline incontra e conosce Sahiou, un suo connazionale che in Italia è arrivato diversi anni fa e ha conosciuto il suo volto accogliente, quello con i lineamenti di Antonio e Nicoletta Calò. Le racconta dell'ospitalità ricevuta dalla famiglia a Camalò e decide di aiutare questa ragazza chiedendo ai due di accogliere anche lei, come avevano fatto con lui. È così che Caroline arriva in canonica a Santa Maria Sul Sile, dove i Calò di erano trasferiti, quasi per passaparola e fiducia nella fiducia conto terzi; ci rimane per un anno e mezzo. “Sono stati due genitori per me - racconta riferendosi ad Antonio e Nicoletta -, mi hanno voluta bene e sostenuta. È stata una esperienza bellissima”. E, mentre parla, gli occhi sorridono. “Soprattutto, mi hanno insegnato che non serve conoscere le persone prima di poterle aiutare. Si sono fidati, per tramite di Sahiou, di me. Quanto ho apprezzato i momenti del pranzo e della cena, quando ci sedevamo assieme, anche con i loro figli e don Giovanni Kirschner, per mangiare e chiacchieravamo di tutto”.
Il 30 ottobre 2025 Caroline si laurea all'Università Ca’ Foscari di Treviso con una tesi sui progetti di microfinanza tra Europa e Africa.
“È stato un giorno indimenticabile - prosegue -, anche perché il mio percorso di studio è stato bello, ma tanto faticoso”. Oggi questa giovane donna vive in un appartamento che divide con altre ragazze e cerca lavoro. “Ho fatto dei colloqui soprattutto nel settore dell’export e della logistica e sto attendendo delle risposte. Intanto, seguo un corso di italiano dell’università per ottenere la certificazione B2”.
Si dice fortunata, perché a lei non sono capitate esperienze di discriminazione legate al colore della pelle. Tuttavia, anche l'integrazione lavorativa della popolazione africana in Italia è un fenomeno complesso: contribuiscono significativamente all'economia producendo l'8,8% del Pil, ma spesso si concentrano in settori specifici. Badante, colf, addetta alle pulizie e cameriera: la metà delle donne straniere che lavorano nel nostro Paese è impegnata in uno di questi quattro lavori. Appena più varietà si riscontra nelle occupazioni tipiche per le straniere naturalizzate, cioè le giovani nate in Italia o le adulte divenute cittadine italiane, dopo anni di permanenza nel Paese: molte sono anche commesse, cuoche, bariste, infermiere.
Nelle aziende, in altre parole, è ancora difficile vedere impegnata all'ufficio amministrativo una persona di nazionalità non europea, men che meno nera. Secondo diverse ricerche, uno dei motivi di questo divario risiede nel fatto che ci si affida spesso a reti informali per trovare lavoro, senza cercare un lavoro coerente con il proprio livello di istruzione.
“Desidero maturare esperienza, ma in futuro vorrei poter tornare a casa in Gambia e impiantare una attività artigianale e commerciale di produzione del gelato”.
Sarà un modo per concretizzare, nella sintesi, le differenze che ormai le appartengono.



