Penso che molti, come me, siano rimasti inizialmente un po’ sorpresi dalla elezione al pontificato del...
Centri urbani più sicuri con le zone rosse?

Il rosso è da sempre il colore della minaccia, del pericolo, dell’allarme. L’istituzione della “zona rossa” anche a Treviso, nonostante i migliori propositi dell’intervento, suggerisce tramite il suo stesso nome un sapore tutt’altro che rassicurante. Che aria si respira, quindi, all’interno di questa prima “zona rossa” trevigiana, entrata in vigore lunedì 26 maggio, e che prospettive si hanno per la sua scadenza, 40 giorni dopo?
Che cos’è
Il 17 dicembre 2024 il ministro dell’Interno, Matteo Piantedosi, ha diramato un’ordinanza contenente indicazioni sulle iniziative di prevenzione e sicurezza urbana. Tra queste c’è anche l’istituzione delle “zone rosse”, cioè zone in cui si ritiene che la criminalità sia particolarmente diffusa, come in stazioni ferroviarie, aree della movida, parchi pubblici, presidi sanitari, oltre alle aree specificamente riconosciute come “piazze di spaccio”. Il capodanno 2025 è stata la prima occasione di testarle, a Roma, Milano, Firenze, Bologna e Napoli, ma in altre città sono state adottate anche nei mesi successivi. All’interno delle zone rosse è possibile applicare il “daspo urbano”, cioè l’ordine di allontanamento e il divieto di accesso.
Quadrante di via Roma
A Treviso la zona rossa riguarda tutto il quadrante che interessa le due stazioni, da via Dandolo a sud fino al lungo Sile Mattei e riviera Santa Margherita a nord e via reggimento Italia libera (ponte di Santa Margherita) a est. Si tratta sicuramente di una zona che ha visto episodi spiacevoli e in alcuni casi di delinquenza, sui quali è necessario intervenire, ma sul “come” commercianti, cittadini e residenti si dividono. L’associazione Qua San Zeno, per esempio, interessata dalla zona rossa in via Dandolo, racconta che i residenti lamentano più volte situazioni di spaccio e disordini (segnalate al Comune alcuni mesi fa con una lettera, alla quale non c’è stata risposta), ma non sono le loro uniche preoccupazioni (l’inquinamento, anche acustico, dei treni per esempio). Si dicono quindi “fiduciosi che non sia soltanto un’azione di forza passeggera”, ma temono l’effetto spostamento: “Negli anni, all’interno del quartiere, abbiamo verificato che il problema (lo spaccio) semplicemente si sposta da una zona a un’altra”. Un’osservazione che fa da eco ai timori dei rappresentanti degli altri quartieri, cioè che i disordini si spostino fuori dal centro e la cittadinanza si trovi priva di forze dell’ordine. E in effetti in questi primi giorni l’impressione raccolta è che nella zona di via Roma ci siano più controlli, meno persone in circolazione, e meno “rumore”; ci sono già numeri indicativi di persone identificate, ma la sentenza sull’efficacia della zona rossa, probabilmente, è meglio spostarla di 40 giorni.
C’è chi dice no
A Milano, per esempio, la Camera penale aveva pubblicato una lunga nota che raccoglieva tutti i dubbi sul provvedimento: “Non possiamo, da avvocati penalisti, non preoccuparci per i riflessi che il provvedimento determina sulle garanzie individuali” scrivevano. A far riflettere è l’ampia discrezionalità garantita alle forze dell’ordine e il rischio di comportamenti discriminatori nei confronti di persone con precedenti penali, oppure categorie a rischio come i migranti. Altro tema importante è l’efficacia sul lungo termine, motivo per cui anche l’ex capo della polizia, Franco Gabrielli, si era espresso a sfavore, paragonandole a dei “palliativi”.
Misura anti “baby gang”
Se esistesse un dizionario trevigiano autorevole come Treccani o Oxford, “baby gang” sarebbe sicuramente eletta quale parola dell’anno 2024, e il 2025 sembra scivolare sulla stessa china. Perché è anche e in buona parte a loro che si guarda nell’istituire la zona rossa: i giovani e giovanissimi. Forse non proprio a ragione, visto che sono zone frequentate da persone adulte in diverse situazioni di marginalità. In ogni caso, la classifica de “Il Sole 24 ore”, appena aggiornata al 2024, non è molto lusinghiera sul tema giovanile, visto che Treviso si colloca al 55° posto a proposito della qualità della vita dei ragazzi dai 15 ai 25 anni (considerando lavoro, svago, sport, natalità, locazioni, rappresentanza politica...). Ma siamo addirittura al 2° posto per la qualità della vita degli over 65.
Alternative educative
Il timore dell’effetto “palliativo” è concreto e condiviso. Da Qua San Zeno, per esempio, plaudono alla promozione di iniziative come “118 educativo”, resa nota dall’Ulss 2 per “strappare i bulli” da una brutta china e metterli su un percorso di volontariato e sport. Don Paolo Slompo, direttore dell’ufficio della Pastorale giovanile, commenta così l’istituzione della zona rossa: “Se ci accontentiamo di rimanere sulla superficie è uno strumento che può funzionare, ma non ci si può fermare lì, bisogna investire sulle occasioni altre in cui i giovani possano impegnare le loro energie. Io vedo che laddove trovano «pane e cibo» sono disposti a fare fatica, a impegnarsi. A loro servono spazi e ambienti in cui sentirsi a casa, dove esprimere la propria unicità, tempi e occasioni in cui ci si occupi di loro. Le proposte di volontariato, di gioco e sport sono ben gettonate”. Non solo: anche il Progetto giovani è molto attivo con i due spazi all’ex pattinodromo e in via Dalmazia. “In via Dalmazia ci sono gli studi di registrazione e abbiamo decine di ragazzi che prima non si conoscevano e ora sono diventati gruppi musicali affiatati”, racconta Ivano Curtolo, coordinatore del Progetto giovani. “All’ex pattinodromo abbiamo anche 50 presenze al giorno, mentre per la nuova edizione di Libera creatività quest’anno abbiamo 14 gruppi con 14 progetti, anche molto diversi. Potremo vederli al festival Good vibes il 4 e 5 luglio tra piazza Rinaldi, piazza Borsa e la Loggia: vogliamo mettere in luce quei ragazzi che sono in grado di creare un impatto sulla città con la loro energia positiva e creatività”.