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Giornata contro la violenza sulle donne: l’amore si impara anche a scuola

Per poter riconoscere questo sentimento, servono gli strumenti emotivi e psicologici giusti, che si imparano, prima e meglio, nella età più giovane. Intervista con la psicologa Benvenuti
21/11/2025

Si può contrastare la violenza sulle donne imparando l’amore? Quando si ama non si vuole veder soffrire il proprio partner, tantomeno essere la causa del suo dolore. Ma per poter riconoscere questo sentimento, per poterlo sentire dentro, per poterci percepire libere e liberi di farlo nascere dentro di sé e coltivarlo, servono gli strumenti emotivi e psicologici giusti, che si imparano, prima e meglio, nell’età più giovane.

Negli adolescenti la consapevolezza di cosa sia e quali forme abbia la violenza sulle donne, sia essa sessuale (fisica o verbale), psicologica o economica, sembra alquanto scarsa. La Survey teen, realizzata da fondazione Libellula nel 2024, ha dipinto un quadro allarmante. Interpellando 1.600 adolescenti dai 14 ai 19 anni, è emerso che per quasi un quarto degli intervistati non è considerabile violenza toccare, baciare o raccontare dettagli intimi senza il permesso dell’altra persona, e che un terzo di questi non ritiene che forme di controllo e limitazioni della libertà altrui siano forme di abuso. Oltre al consenso, un altro tema preoccupante è quello della gelosia, visto che, per il 50% del campione, essa non è una forma di violenza: il 56% dei ragazzi la ritiene un’espressione dell’amore. E ancora: per il 40% delle e degli adolescenti telefonare o inviare insistentemente messaggi a una persona che ti piace non è una forma di violenza; per il 30% chiedere di geolocalizzarsi quando si è fuori e voler sapere sempre con chi è non sono forme di violenza rispetto al proprio partner. In generale, però, sono le ragazze a individuare più chiaramente i contorni della violenza. Il problema, poi, è che quella violenza spesso la provano sulla loro pelle: subire un episodio di violenza o sentire commenti espliciti sul proprio corpo capita a 1 adolescente su 3 (il 43% delle ragazze e il 21% dei ragazzi); 1 ragazza su 4 ha ricevuto richieste sessuali e attenzioni non desiderate, lo stesso è successo a 1 ragazzo su 10 del campione.

Nelle ultime settimane si è parlato molto di educazione sessuo-affettiva nelle scuole, per cui l’Italia è uno degli ultimi Paesi europei a non averla obbligatoria. Unesco, Oms, le principali realtà che si occupano di bambini e l’Ordine nazionale degli psicologi sono scesi in campo a ribadire la necessità di questi programmi. Certo, la risoluzione di problemi complessi come la violenza di genere non può mai essere semplice e univoca, per cui l’educazione sessuo-affettiva da sola non basta, ma è sicuramente una forma di prevenzione fondamentale. Dunque, che cosa si potrebbe fare e che cosa si sta facendo nelle scuole della Marca?

La psicologa Marta Benvenuti: “Manca la consapevolezza del proprio corpo

La parola a Marta Benvenuti, dal 2016 psicologa e psicoterapeuta presso il Centro della Famiglia di Treviso.

Dottoressa, perché ci sono ragazzi con difficoltà nella regolazione emotiva?

Partiamo dai genitori d’oggi, che per mutate condizioni socioculturali sono molto concentrati su di sé, fanno un figlio quando c’è stabilità, quindi più avanti con l’età, e spesso un solo figlio, magari con difficoltà. Ciò comporta che quando nasce il bambino è “un re”, investito di significati e aspettative, ha un carico anche emotivo importante, e fin da subito si cercano per lui o lei le condizioni perfette. Più i genitori proiettano le loro emozioni nel bambino, più questo impedisce al bambino di imparare a riconoscere le proprie; più i genitori cercano di renderlo felice e più sarà incapace di stare nell’infelicità.

E poi diventano adolescenti, portandosi dietro questo bagaglio.

Negli adolescenti è riscontrato un aumento nell’uso degli psicofarmaci, per disturbi d’ansia e d’umore. Da questo a cercare un partner per una necessità di completezza interiore il passo è breve: è il partner a dare valore alle proprie emozioni e a quello che la persona è, non si riconoscono importanti da soli, così come il bambino non riesce a darsi importanza da solo se oggetto delle proiezioni genitoriali.

Se questa è la considerazione di se stessi, come si riflette sul valore che danno al proprio e all’altrui corpo?

Io faccio laboratori di educazione affettiva e sessuale dalla quinta elementare alla terza media: cerco di lavorare sui cambiamenti del corpo e di minare l’idea che l’altro sia prevedibile perché maschio o perché femmina. In generale non c’è consapevolezza del valore del proprio corpo, del prendersene cura: il corpo è uno strumento per ottenere altro, lo dimostrano i “pezzi” che espongono sui profili social: non sono forme esplorative, pescano dal bisogno di essere riconosciuti dai pari e lo fanno attraverso il corpo.

Quanto sono preparati sulla sessualità?

In terza media chiedo per esempio cosa sanno del ciclo mestruale: i ragazzi vuoto totale, le ragazze (che pure ce l’hanno tutte) poco o niente. Chiedono, invece, cosa vuol dire far provare piacere a un ragazzo, leggono libri espliciti in cui imparano a mettersi a disposizione completa del partner dal punto di vista sessuale e inseguono il modello di femminilità che parte dalla “skin care” e arriva a un’immagine di sé perfetta ed eterea, come tante influencer. Tramite il cellulare hanno sempre sotto gli occhi come dovrebbe essere il corpo perfetto e il rapporto di coppia perfetto, di conseguenza, si sentono sempre inadeguati (anche i ragazzi), hanno paura di deludere qualcuno, i genitori in primis.

Bisognerebbe dare più spazio a questi temi a scuola?

In generale in questa società diamo poco spazio alla cultura delle emozioni, alla conoscenza del proprio corpo e di quello dell’altro. Si possono, invece, ricavare più spazi in famiglia, ad esempio con conversazioni che partono da casi di cronaca; i genitori dicono di fare fatica ad affrontare corde dolorose, non sanno come parlarne, vogliono proteggere i figli, ma ogni volta che non se ne parla è un’occasione persa. Poi ci sarebbe lo sport, ma in generale gli spazi di discussione e di incontro, per gli adolescenti, mancano.

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