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Don Mario Cusinato, "la mia vita con le famiglie"

“Sono state un dono per la mia vita di studioso e di prete, mi hanno insegnato a vivere la bellezza delle relazioni umane, ad accogliere, a condividere, a perdonare”, afferma il sacerdote nel momento in cui dopo 45 anni lascia la guida del Centro della Famiglia.

“Ma se a 75 anni i parroci danno le dimissioni, io che cosa devo fare?”. E’ un po’ questo il tenore della lettera che don Mario Cusinato ha scritto al Vescovo tre anni fa, quando era direttore del Centro della famiglia di Treviso, Istituto diocesano di cultura e pastorale. Direttore del Centro (fondato nel 1972) fin dal 1981, don Mario ha coniugato all’impegno pastorale anche la ricerca, con esperienze di studio all’estero, in particolare negli Stati Uniti, e l’attività accademica. E’ stato, infatti, docente associato di Psicologia della Famiglia all’Università di Padova e poi direttore, sempre a Padova, del Centro Interdipartimentale di Ricerca della Famiglia. Proprio per questo suo impegno di studio e ricerca è stato eletto presidente dell’Accademia Internazionale di Psicologia della Famiglia.
Poi, la scorsa primavera il momento del saluto, alla presenza del vescovo Gianfranco Agostino, e il “passaggio di consegne” al nuovo presidente del Centro di via San Nicolò, don Francesco Pesce. Oggi, da “pensionato” don Mario continua a lavorare (“con ritmi e responsabilità diverse”), per le famiglie, che considera un dono per la sua vita di prete.
Quale bilancio sente di poter fare di questi 45 anni a servizio delle famiglie?
Sono stati anni di impegno, di battaglie, anche, di sacrifici, ma anche di grande gioia e soddisfazioni. Le coppie, le famiglie che sono cresciute e che oggi accompagnano alle nostre iniziative formative figli e nipoti sono state una ricchezza per la mia vita di prete. Sono grato al Signore per questa chiamata a dedicarmi alle famiglie.
Sacerdote e studioso, l’attività per il Centro e l’insegnamento universitario. Come si sono intrecciate queste dimensioni?
Non è stato facile. Ero per metà giornata qui a Treviso e l’altra metà a Padova. Ho cercato di integrare ruoli e servizi, ma è capitato di sentire la difficoltà di coniugare l’essere prete e l’essere psicologo. D’altronde il dialogo stesso tra Teologia e Psicologia è sempre stato difficile. All’università mi veniva “rinfacciato” di essere un religioso, i confratelli preti spesso mi dicevano che non ero un pastore ma uno psicologo. E anche le coppie, nei cammini formativi e nei momenti di confronto e ascolto, sottolineavano la mia “differenza”, il non essere sposato. Insomma, una posizione faticosa, ma anche fruttuosa, una sfida che il Signore mi ha dato di vivere con gioia, con entusiasmo e con speranza.
Lei ha lavorato tanto per le famiglie e soprattutto con loro. Che cosa le hanno “insegnato”?
Considero un privilegio, un dono grande, aver camminato con tanti coniugi e famiglie. I nostri “bilanci” raccontano di trentamila persone che sono passate per i nostri cammini formativi, i corsi per il matrimonio, il sostegno ai gruppi di sposi e alla genitorialità, i corsi per la regolazione naturale della fertilità. Le famiglie mi hanno insegnato a vivere la bellezza delle relazioni umane, a metterci il cuore, mi hanno insegnato a condividere, ad accogliere, a perdonare, ad essere accanto alle persone, nell’accompagnamento, nella fatica, nella sofferenza per tanti lutti, nella gioia, nella speranza. Sento di doverle ringraziare. Io so di essere stato molto esigente nei loro confronti, ma solo perché volevo che prendessero il proprio posto nella Chiesa di oggi, che la vivessero da laici, da sposi, da genitori. Penso di poter dire che sono state proprio le relazioni la mia fonte più bella di formazione.
Ed oggi, da pensionato, che cosa fa?
Mi dedico più all’aspetto della cura, dell’accompagnamento delle coppie e alla psicoterapia di coppia e famigliare. E mi godo la gioia degli incontri, delle relazioni di amicizia con tante famiglie.
Qual è oggi la sfida più grande per le famiglie?
Quarant’anni fa la situazione era più semplice, sotto certi aspetti, più statica, nessuno metteva in discussione la struttura tradizionale della famiglia. Oggi non è più così. Ma non sono pessimista sul futuro, perché ho fiducia nelle persone. La sfida più grossa, per me, rimane quella formativa, la preparazione al matrimonio, alla vita di coppia, che un tempo era un passaggio scontato per i giovani, ed oggi non lo è più. Una formazione seria, professionale, per poter vivere la vita famigliare nell’attuale contesto culturale.
Quale futuro augura al Centro?
Di continuare ad essere una eccellenza e una risorsa, per la diocesi e per la società civile, secondo il progetto educativo delle “tre A”: accogliere, accompagnare, annunciare. Sono molti i contatti e le collaborazioni con importanti istituti di ricerca nazionali e internazionali (non ultima, l’ipotesi di uno studio sull’infertilità) che riconoscono il valore di ciò che facciamo a Treviso. E poi i progetti in atto con i Comuni, le Ulss, le scuole… Sono davvero felice che il Vescovo abbia individuato in don Francesco Pesce la nuova guida per il Centro della famiglia. Lo stimo molto e vedo che si è inserito senza difficoltà, le famiglie gli vogliono già bene. Potrà dare nuovo slancio e nuovo entusiasmo a questa realtà.

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