Il Governo Netanyahu
In questo, il Governo di Benjamin Netanyahu, tenuto sotto scacco dalla destra estrema,...
“Anche l’impasse dello scorso aprile, con la sospensione del voto sul primo Documento è servita a migliorare le conclusioni, ha dato qualità al testo”: ne è convinto Andrea Pozzobon, uno dei delegati della nostra diocesi, nonché referente di Treviso per la Regione ecclesiastica del Triveneto e membro del Comitato nazionale per il cammino sinodale. Certo, non è un documento perfetto, così come non è perfetta la Chiesa, “ma è molto fedele al percorso fatto in questi anni, racconta la bellezza e la fragilità del camminare insieme, che chiede impegno, fatica, costanza. Un punto di arrivo, ma anche di partenza”.
C’è anche un certo dispiacere, in Pozzobon, per la conclusione di un percorso importante, durante il quale “ho visto una Chiesa bella, con tanta voglia di crescere, che ha saputo cogliere una grande occasione per ascoltare, per confrontarsi con altre persone, con altre diocesi, con altre visioni, e per capire dove siamo, come Chiesa italiana”.
Terminato questo percorso, si apre la fase della ricezione diocesana, dopo che i Vescovi avranno individuato le piorità pastorali. Una fase che guarda anche al 2028, con l’Assemblea ecclesiale che consoliderà il Sinodo dei Vescovi sulla sinodalità, e che Andrea Pozzobon si augura possa essere “accompagnata e monitorata, e non sia lasciata solo alla volontà delle singole diocesi, ma che in forme diverse continui, almeno a livello triveneto, quel dialogo e quell’approfondimento che abbiamo imparato ad apprezzare e che è stato alla base dei documenti comuni. E devo dire che c’è già un primo impegno per un incontro triveneto, all’inizio del 2026, dopo l’Assemblea dei Vescovi di novembre”.
In questi anni sono emerse delle resistenze, nella Chiesa, rispetto al percorso intrapreso, resistenze che sono risultate chiare anche da alcune delle votazioni sulle singole proposte (vedi articolo sopra, ndr). Come leggere queste dinamiche? “Il Cammino sinodale ci ha fatto fare esperienza concreta che le resistenze, in sé, non sono negative, ma ci permettono di confrontarci, per risuonare insieme, dando forma ai percorsi. Servono determinazione e pazienza, ma credo anche che sia necessario che alcune scelte diventino normative per poter essere pienamente accolte e perché costituiscano la base comune per camminare insieme”.
Se gli si chiede qual è stato il momento più bello di questo lungo cammino di quattro anni, Pozzobon non parla tanto dello scorso fine settimana, del clima caloroso, fraterno, capace di superare anche barriere linguistiche e culturali, ma “torna” all’Assemblea di aprile, a quella sorta di “bocciatura” del primo Documento. “Lì abbiamo condiviso la dimensione critica e abbiamo deciso di uscirne insieme, anche con i nostri Vescovi. Ho visto un’unità d’intenti straordinaria”. Non sono poche le difficoltà che potrebbero nascere in questa fase, dovute soprattutto allo “scetticismo diffuso rispetto ai cambiamenti, a una nuova prospettiva di Chiesa, al timore che lo stile sinodale sia una sovrastruttura, non un modo di relazionarci. Ma questa è anche la sfida da accettare, con uno sguardo particolare sia alle comunità (parrocchie, Collaborazioni pastorali, associazioni...) che ai pastori, che in questa fase sono le persone chiamate al maggiore cambiamento e per questo devono essere maggiormente sostenute”.