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Professione: Monaca e pienamente nel mondo

Il "sì" di Cristina Santinon nella comunità di Marango (Caorle). Originaria di Fontane, l'11 settembre vivrà la professione monastica nella Piccola famiglia della risurrezione. Da una vita "ricca" al percorso per scoprire a che cosa era davvero chiamata

09/09/2021

Avere tutto - un lavoro appagante, una famiglia presente, un compagno con cui progettare il proprio futuro, una disponibilità economica che non desse pensieri, una casa e una Harley Davidson propria - ma al tempo stesso sentire dentro che la felicità, quella piena, non era ancora riuscita a trovarla per davvero. E non è un caso che tra le figure che più ha sentito vicine nel suo percorso di discernimento, ci sia stata santa Bertilla Boscardin, delle Dorotee. Lei, che con la sua celebre frase “tutto è niente”, sollecitava ad andare all’essenza delle cose, lasciando indietro il superfluo.

Per Cristina Santinon, trevigiana classe 1979, proveniente dalla parrocchia di Fontane di Villorba, l’11 settembre prossimo (ore 15.30, nel monastero di Marango, a Caorle) sarà il giorno della professione monastica. Celebrata dal patriarca Francesco insieme alla comunità della Piccola Famiglia della Risurrezione, più comunemente conosciuta come comunità di Marango, dal nome della località dov’è sorta, nella quale ha deciso di intraprendere la sua ri-nascita. Perché in fondo Cristina è come se si apprestasse a vivere una seconda vita, fondata su una scelta tanto consapevole quanto convinta, maturata nel tempo: lo sguardo vivo e sereno e le parole con cui racconta il suo cammino ne sono la conferma.

“Il mio percorso vocazionale? Risale a dieci anni fa, quando avevo 32 anni. Ed è partito - dice - come una ricerca esistenziale sul senso della mia vita, su chi mi sentissi chiamata a diventare”. Una fase per Cristina preceduta, fino al 2011, da una fede che sentiva lontana. “Nonostante fossi cresciuta in un bellissimo ambiente parrocchiale, a un certo punto è scattato in me l’allontanamento, dettato soprattutto dalla separazione dei miei, che mi ha portata a trasferirmi a Treviso città”. Una quindicina d’anni, dunque, in cui Cristina punta tutto su studio, lavoro e voglia di realizzarsi, tuttavia senza quel riferimento che l’aveva accompagnata da ragazzina. Laureata in Relazioni pubbliche a Udine nel 2003, per dieci anni ha lavorato come agente di commercio di vino nell’agenzia di famiglia, un mondo definito “bellissimo” anche dal punto di vista delle relazioni umane. Appassionatissima di sport e alla continua ricerca di nuove esperienze, ripercorrendo la vita di qualche anno fa Cristina la definisce “ricca. Ma quello che possedevo non bastava a esprimere ciò che ero”. Finché l’intuizione dello Spirito Santo - come lei afferma - le ha fatto capire che la ricerca andava fatta dentro di sé. “

Al mio ragazzo dell’epoca dissi che avrei avuto bisogno di andare in profondità, per capire in che direzione stessi andando. E che quel cammino avrei dovuto farlo da sola”. Poi, grazie a un pellegrinaggio, il riavvicinamento con il Signore, senza però presagire il destino al quale oggi si sente chiamata. “Il mio padre spirituale, don Andrea Guidone, mi ha accompagnata per tre anni nel discernimento vocazionale. La cosa singolare è che mi ero avvicinata a lui non per un discorso di vocazione religiosa, ma per capire se la persona che avevo accanto fosse l’unione che Lui voleva per me”. La svolta è stata nel giorno dell’Ascensione del 2012, a una messa a Porto Santa Margherita, durante un weekend in cui Cristina era a un raduno di moto Harley Davidson.

“La Lettura di quella domenica (Efesini, cap. 4) l’ho sentita rivolta a me: ho capito che avrei dovuto fare un ulteriore salto”. Se inizialmente la strada giusta sembrava quella della missionarietà, considerata anche la sua conoscenza delle lingue, don Andrea e suor Angela le hanno poi suggerito la comunità di Marango. “Come luogo di silenzio, nel quale avrei potuto trovare una persona spirituale - nella figura del fondatore, don Giorgio Scatto - che mi accompagnasse. Sono entrata come ospite a ottobre 2014 e dopo tre mesi sono diventata una sorella in cammino”. Poi, nel 2017, il pronunciamento del suo “sì”, a conferma dell’intenzione di vivere stabilmente nella comunità. Scelta che Cristina ha voluto condividere con genitori, fratello e ragazzo dell’epoca separatamente, affinché ognuno si sentisse libero di esternare la propria reazione. “Per mia madre non è stato facile, mentre mio padre credo fosse tranquillo poiché consapevole di quanto la mia decisione fosse convinta. Il lavoro? Per un anno ho accompagnato le persone che mi avrebbero dovuto sostituire nell’agenzia”. La strada intrapresa Cristina non la vede come una via di fuga dal mondo, anzi. “Spesso veniamo visti così, ma per me è stato esattamente il contrario.

La mia vita di prima era buona, sotto tanti punti di vista. Qui invece entriamo in tutte le miserie e fatiche di chiunque bussi alla nostra porta, le stesse dalle quali io ero stata preservata. Per me è stato un entrare nel mondo, non un uscire. Questo percorso mi sta facendo diventare pienamente umana, pienamente donna, dove non mi viene risparmiata nessuna condizione di vita”.

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