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Il ritorno alle origini della famiglia Zangrando

Giacomo decide nel 2016 di tornare nei luoghi, disabitati di cui i suoi genitori sono originari, tra i boschi sopra Perarolo di Cadore e qui crea un’azienda agricola che oggi è anche agriturismo e fattoria didattica

Ha vissuto due anni in una roulotte, inseguendo un’intuizione e la possibilità di realizzare un sogno. Stava tra i boschi sopra Perarolo di Cadore, guardando al “Caregon del Padreterno”, la facciata più bella del monte Pelmo. Giorno dopo giorno ha lavorato la terra per renderla fertile alle coltivazioni di frutta e verdura; poi ha cominciato a piantare fiori, a seguirne l’intero ciclo di vita e a trovare vie per commercializzarli. Oggi l’azienda agricola Damos, di cui lui è l’anima coraggiosa e determinata, è anche un agriturismo con disponibilità di bellissime camere, una fattoria didattica, e non disdegna il commercio online di prodotti olistici, oltre che la promozione su Airbnb o Booking.

Il salto oltre l’ostacolo, mettendoci tutto il cuore, la passione e poi anche l’impegno delle braccia e delle gambe, è stato di Giacomo Zangrando, figlio di Renzo e Lidia, che di quei posti sono originari. È lui che, a 26 anni, nel 2016, convincendo la famiglia, prende la decisione rivoluzionaria di andare a vivere e rivitalizzare questo piccolo borgo italiano, 750 metri di altezza sulle Dolomiti, svoltare a destra dopo ponte Cadore. “Nel 2015 un incendio aveva devastato tutta la zona, distrutto le case e le cose, i ricordi delle famiglie che da lì erano emigrate negli anni Sessanta in giro per l’Italia come noi, ma avevano mantenuto legami e memorie – racconta il padre Renzo, una vita di lavoro al credito cooperativo di Marcon e, fino a qualche anno fa, una casetta a Mogliano, dove sono cresciuti entrambi i suoi figli -. È stata una grande sofferenza, vedere i ruderi e sentirsi impotente di fronte al disfacimento di un posto tanto bello e pieno di ricordi”.

È così che il figlio Giacomo, un diploma professionale di grafica ed esperienza di lavori estivi nelle serre del territorio, rompe gli indugi: frequenta con successo un corso per agricoltore professionale e si trasferisce a Damos. Pochi anni dopo i suoi genitori vendono la casa di famiglia e lo raggiungono in quella ricostruita al borgo.

Il più piccolo borgo salvato dall’oblio

In una montagna che continua a spopolarsi, dove spesso mancano diversi servizi, infrastrutture e interi paesi vengono abbandonati con la conseguente perdita di antichi valori e tradizioni, esistono nuovi pionieri della montagna che decidono in modo quasi rivoluzionario di tornare a vivere in pendenza. Dal Trentino alla Sardegna passando per le Alpi e gli Appennini sono tanti i progetti in giro per l’Italia di ripopolamento dei borghi di montagna nel tentativo di tenere in vita e riqualificare i piccoli paesi che, è superfluo dire, sono spesso una delle maggiori ricchezze ambientali e storiche del nostro territorio. “Nei primi decenni del Novecento - racconta Renzo - il borgo era abitato da una trentina di persone che coltivavano la terra e allevavano le bestie. Vi erano alcune abitazioni, con gli annessi rustici, stalle e fienili, stabilmente occupati dalle famiglie «da Damos», tutte, quindi, con lo stesso ceppo originario dal quale poi è nato il cognome. Un equilibrio che nel tempo è diventato sempre più precario e che ha avuto il colpo di grazia con l’alluvione del 1966, che ha portato non solo morte e distruzione, ma ha modificato profondamente anche la socialità. Fu allora che anche l’ultimo abitante rimasto fu portato in una casa di riposo e il borgo rimase disabitato”. Fino ai più recenti sviluppi che lo stanno rendendo luogo ricco di incontri, di innovazione, di esperienze di benessere.
Giacomo si dice parte di un ritorno alla natura che sta condizionando la sua generazione. “Siamo in tanti a tornare, io qui sto bene. E poi con questa pandemia mi pare che abbiamo davvero toccato il fondo. Se vogliamo fare qualcosa di buono è dalla terra che dobbiamo ripartire”.

“Siamo in tanti a tornare alla natura. E poi con la pandemia mi pare che abbiamo davvero toccato il fondo. Se vogliamo fare qualcosa di buono è dalla terra che dobbiamo ripartire”

I “fiori” di Damos

“Oltre all’agriturismo e alla fattoria didattica, mio figlio ha avuto la bella intuizione di coltivare fiori – prosegue Renzo -. Calendula, malva, iperico, echinacea, fiordaliso, menta, rose antiche, sambuco. Procediamo alla raccolta e all’essiccazione in laboratorio che ci consente di trasformarli in cosmetici per il corpo. Allo stesso tempo abbiamo dato il via a nuove coltivazioni: ortaggi, patate di montagna. Inoltre, con un estratto della patata, creiamo un bagno doccia e una crema per il corpo. Ora abbiamo aperto anche un punto ristoro, dove offriamo i nostri «fiori fritti», che sono molto gustosi e apprezzati dai nostri ospiti”. Un aiuto in questo senso è arrivato anche dai fondi europei che hanno premiato il progetto “Coltivazione fiori e piante officinali per la produzione di una linea cosmetica naturale”.

Ma ci sono anche altre bellezze preziose riportate alla luce dalla famiglia Zangrando. “Abbiamo inaugurato una falesia, una parete di roccia con più di 30 vie, dalle più facili alle più tecniche, pensata e chiodata dal maestro d’alpinismo, Diego Stefani. Siamo riusciti a far tornare la vita a Damos. E molti cadorini che vivono nei paesi limitrofi ci hanno sostenuto con grande passione”. In effetti sono tanti gli aspetti anche culturali che al borgo meritano di essere valorizzati: per esempio la chiesa del 1300 dedicata a S. Andrea e Giovanni, con il più antico affresco del Cadore, il Cristo Crocifisso tra la Vergine dolente e i santi, del 1348, che è di una bellezza unica. Oppure l’antica via romana percorsa nei secoli da mercanti, viandanti, soldati e pellegrini, che valicavano questo ripiano posto alle pendici del monte Zucco, nei millenari scambi tra montagna e pianura. Qui, secondo la tradizione si svolse la battaglia tra le truppe veneziane, imbottite di montanari cadorini, comandate da Bartolomeo d’Alviano, e le truppe imperiali di Massimiliano d’Austria. Uno scontro leggendario avvenuto nel 1508 che Tiziano Vecellio, originario di Pieve di Cadore, celebrò in un grande dipinto.

La sfida del cammino

Questa piccola storia ha ricevuto nel 2022 il riconoscimento di “Bandiera verde” da parte di Legambiente, con la motivazione: “Per la scelta pionieristica di tornare a vivere in una montagna che continua a spopolarsi, ma, soprattutto, per la capacità di far rivivere con creatività un Borgo dimenticato”. “Io, mia moglie e mio figlio siamo come in un consiglio d’amministrazione perenne, ciascuno ha i propri compiti. Ora l’azienda cammina con le sue gambe, grazie davvero alle innovazioni che Giacomo ha saputo inserire, con entusiasmo e spirito di iniziativa”. Con ironia Renzo commenta che per qualche anno Inps è stato il socio di maggioranza, ma che ora la scommessa della vita che la famiglia ha fatto è stata riscossa in abbondanza. La natura premia in modi e forme non sempre comprensibili e riscuotibili nell’immediato, ma in abbondanza e per vie diverse. Al Borgo arrivano ragazzini in gita scolastica, scout in uscita di reparto, famiglie che apprezzano la cucina con prodotti della terra, uomini e donne alla ricerca di un luogo di pace e di un tempo lento. “Una delle attività che ora mi piacerebbe poter rivitalizzare è il percorso spirituale in trenta tappe del Bellunese: il cammino delle Dolomiti, un anello di 500 chilometri tra religione, natura, cultura, storia, enogastronomia, nato da una idea del vescovo Vincenzo Savio. Passa anche per queste zone, attraversa alcuni dei paesaggi più affascinanti delle Dolomiti, Patrimonio mondiale Unesco”. Oltre al fascino naturalistico, il cammino, che non ha nulla da invidiare a Santiago se non la notorietà, è un percorso di introspezione: ogni passo è un invito alla riflessione, tra antichi luoghi di culto, capitelli votivi e monasteri immersi nel silenzio della montagna. Un viaggio che unisce storia, tradizione e fede, rendendo l’esperienza ancora più profonda e significativa.

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