Il Governo Netanyahu
In questo, il Governo di Benjamin Netanyahu, tenuto sotto scacco dalla destra estrema,...
La foto del nonno e quella del gruppo ciclisti, il manifesto dello storico Panevin e l’attestato della scuola professionale, il cavallino Ferrari e un’effigie sacra, un rosario al chiodo e adesivi ovunque: dove gli attrezzi concedono spazio, là sono scritti legami, trascorsi, passioni e affetti di Ivano Masetto, meccanico di Arcade, 72 anni, una decina dei quali nascosti in qualche cassetto, nello stesso, forse, in cui conserva tracce di maratone, orme lasciate a Gerusalemme, Parigi, Londra, Amsterdam, Mosca..., chilometri macinati facendo scattare un sorrisetto al cliente davanti alla porta dell’officina chiusa. È di nuovo in giro, chissà dove, ma a piedi: peggio per lui. Al ritorno, ancor prima di infilare la chiave nella toppa, il cortiletto “pronto soccorso” si riempie di biciclette in paziente attesa.
Figlio di Fioravante, meccanico in proprio a Spresiano, di frequente chiamato a villa Zonca occupata dal nemico, lascia ancora riaffiorare i racconti del padre richiamati dal trapano dei tedeschi rimasto nella sua borsa quando se ne sono dovuti andare a gambe levate: testimone silente ancor oggi.
Da Spresiano ad Arcade: il padre trasferisce l’officina in via Roma vicino alla piazza, oltre il canale ora intubato e che in tempi lontani attraversava pigro la piazza. Sopra l’acqua, Fioravante posiziona una sorta di rastrelliera per le bici dei clienti. Meccanico e unico tassista della zona, l’uomo è costretto a dividersi tra le due attività, senza rischi per l’officina: c’è sempre Ivano a presidiarla. Gli amici lo invitano ai giochi, alle partite, alle scampagnate. No, lui deve restare incollato al bidone di olio che gli fa da tavolo per i compiti; seduto su una cassetta riceve i clienti, consegna lavori finiti. Uno di quei giorni, siamo nel 1965, arrivano due richieste urgenti: il servizio taxi per il ricovero di un paesano in ospedale a Padova e la preghiera di riparare il motorino di un operaio della Zoppas, azienda che all’epoca aveva una sede anche nell’ex filanda di Arcade. Fioravante chiede al figlio di smontare il ciclomotore, al resto penserà lui al ritorno. Il ragazzino, appena dodicenne, rimane perplesso: è vero che ha seguito i discorsi tra padre e clienti, è vero che ha memorizzato le soluzioni, è vero tutto, ma le mani non hanno mai toccato un bullone. Fioravante se ne va e Ivano si sente in croce: osserva l’oggetto maledetto, inizia a togliere qualche vite, continua senza convinzione, accelera, l’interesse cresce tanto da riuscire a smontarlo, ripararlo e rimetterlo tale e quale nello stesso angolo dell’officina. Il genitore finalmente ritorna, mette il piede sulla soglia, si fa nero come la pece, respira profondo per dare il via al rosario di imprecazioni. Calma papà, fatto. Un colpetto sul pedale e il motore canta. Battesimo imprevisto: lo aspetta un futuro da meccanico. Ben presto l’officina sfratta la famiglia per insediarsi bella comoda proprio in piazza, là dove Ivano ha emesso il primo vagito e dove, oggi, si dibatte tra lasciare l’attività oppure continuare. I suoi clienti per il momento hanno una unica certezza: ogni mattina alle 9.30 e ogni pomeriggio alle 16 trovano la porta chiusa e il cartello con il numero di cellulare: è il relax del guerriero al bar.
L’officina è il regno del passato, là dove il tempo entra per riposare sopra altro tempo. Senza tempo. Ci ha visto giusto quel pittore che un giorno decide di entrare con tavolozza e pennelli per lasciare un segno degli attrezzi di Fioravante, classe 1922, passati per cinquant’anni tra le mani del figlio con il sole d’agosto o con la nebbiolina dei tramonti autunnali. Ci pensa spesso Ivano, e lascia andare lo sguardo oltre la finestra, vinto dalla malinconia che stringe per un attimo il sorriso.
Il lavoro è abbondante anche se sono andati ormai i tempi delle bombole di gas portate nelle case per alimentare i nuovi fornelli, massima conquista del progresso. Stazionano dentro e fuori biciclette, moto e motorini, attrezzi da giardinaggio, ma di un aiutante non se ne parla proprio. Ivano si lascia guidare da una convinzione mai messa in dubbio: fare quello che si riesce. E pare proprio che non solo se la sbrighi, ma trovi anche il tempo per piccoli interventi alla bici di persone anziane, alla carrozzina della persona con disabilità. Sorridono i cassetti di Fioravante, sempre presenti da oltre ottant’anni, delizia per i tarli, resistono ai colpetti del martello, alle unghie della lima.
Ivano racconta e gli attrezzi confermano, fino a quando il frugare sul ghiaino invita al silenzio. Buongiorno, saluta un ragazzino, dovrei gonfiare una ruota, che prezzo viene? Niente. Ivano si muove dall’officina all’ingresso con la leggerezza di un adolescente, gli gonfia la ruota e lo osserva andare.
Un giorno non lontano sarà difficile chiudere per sempre quella porta, lasciare che il vento degli anni divori un tassello di vita paesana, coma ha ingoiato la cucina economica con la vasca dell’acqua e il mestolo stagnati da Fioravante.