La situazione dei palestinesi nella striscia di Gaza (ma anche in Cisgiordania), è sempre più drammatica...
Arti&mestieri: il cocchiere sulle rive del Piave. Che sogno salire in carrozza!



Alle Bandie di Lovadina, là dove le nubi si specchiano nel laghetto, dove ristorante, albergo, centro estetico e piscina si allungano tra le sfumature di cielo e acqua, là viveva Elio De Martin, classe 1943, già mezzadro della famiglia Rossi a Povegliano e, come il padre, carrettiere del Piave. A inizio anni ’70, il cantiere della A27 estrae la ghiaia proprio alle Bandie, con un progetto di ripristino ambientale. Un decennio più tardi Elio vende la casa per trasferirsi in via Grentine (greto del Piave). Un cambio di marcia: nel nuovo sito ci sono due capannoni e un agriturismo dismesso. Gira l’ingranaggio del cervello e progetta nuova vita per quel paradiso lontano da rumori. Ristruttura i capannoni: uno per i cavalli e l’altro per mettere al sicuro qualche carrozza e un po’ di attrezzi, rinasce l’agriturismo. È giovanissimo il figlio Marco, eppure aggiunge idee e lavoro. Momento magico quando il giovane può tirar su l’insegna “Carrettieri del Piave”, un nome che parla di passato, di vita semplice. Ma la passione di Elio per carri e cavalli resiste e lo coinvolge. Dal carretto alla carrozza, il passo non è facile, ma possibile. “Oh oh cavallo, oh oh...”, canta Vecchioni in altro contesto, un ritornello che invoglia il nostro carrettiere a diventare cocchiere. Solennità, ricorrenze, anniversari di guerra: in ogni evento sono Elio e Marco, padre e figlio, i protagonisti impeccabili con la carrozza adatta, l’abbigliamento in tono, bombetta o copricapo d’epoca. Pennellate di emozioni lungo strade non ancora impazienti.
Con il tempo la passione trabocca, il parco carrozze si arricchisce, entrano modelli per nuove esigenze e per tracciare la lunga linea della storia in un romanzo senza tempo.
Qua la carrozza del Doge, là una riproduzione fedele di quella di Sissi guidata da sopra i cavalli: dietro saliva soltanto l’aiuto coccio pronto ad aprire la porta dell’imperatrice. Ecco la carrozzina che riporta alla mente la corazzata Potemkin oppure la più popolare parodia di Fantozzi; davanti a tutti il calesse del secolo scorso: “O cavallina, cavallina storna che portavi a casa...”.
Una trentina tra cocchi sontuosi, vetture sportive, pratici calessi e barrocci: tre secoli di trasporti, pezzi originali delle diverse epoche ruota a ruota, in un silenzio narrante. È Marco, oggi cinquantenne, a cantare le loro imprese, proprio come fa un padre con il figlio. Allunga il passo fino alla protagonista in una sequenza del film su Hemingway, “Amare per sempre”, girato nel vittoriese con Sandra Bullok e Chris O’Donnel. In questo guscio ovattato i due attori si sono lasciati accompagnare lungo i sentieri di un bosco per la sequenza romantica del film: muti i cavalli, riservati i nostri cocchieri. Bella e struggente, ora è una carrozza anonima che non sgomita per farsi notare a differenza della diligenza rossa Wells Fargo, piena di sé per quel suo passato di destrieri e cocchieri coraggiosi che la facevano volare nel selvaggio West, in fuga dall’assalto dei fuorilegge; è la regina della suspense nei film western che continuano a riempire salotti e cucine di scalpitii, nitriti e raffiche di proiettili.
Tempi, luoghi e trascorsi diversi in una collezione unica di carrozze restaurate dalle mani di Elio e sempre in movimento fino a pochi anni addietro quando i regolamenti lo permettevano. Ma a settembre scorso una telefonata riempie di emozione Marco: qualcuno vorrebbe sceglierne una per festeggiare le nozze d’oro dei genitori. Fiera, sfiorando muri e angoli, la fortunata si presenta ai destrieri nel viale alberato, costretta poi a viaggiare per stradine di campagna, quasi nascosta come un’evasa: riconoscente, certo, verso tre cocchieri in tenuta impeccabile, ma furiosa e insofferente delle regole.
Già qualche anno fa, quando le richieste arrivavano da più lontano, la carrozza veniva caricata sul camion, fatta scendere a due passi dalla chiesa per consegnare al promesso sposo l’arrivo sontuoso della sua bella. Cavalli e cocchieri, attesa la fine della cerimonia, ripartivano verso il camion ben nascosto alla vista degli ospiti.
“Dieci anni fa i nostri cavalli, quattro Lipizzani ungheresi, hanno trainato anche il feretro di Moira Orfei, cavallerizza e regina del circo, per le esequie al Duomo di San Donà”, racconta Marco. Il suo è orgoglio fondato: sa che quella razza è ora patrimonio dell’Unesco.
“L’agriturismo ci ha costretto a rinunciare a molte richieste. In realtà le rare carrozze che si vedono in giro oggi sono riproduzioni modificate e adattate alle regole di sicurezza”. Non si discute: le regole sono necessarie, ma Marco non ne modificherà una, anche una sola, della sua collezione. Non se ne parla proprio. Con degli amici, piuttosto, ha già progettato di acquistarne una di nuova e in regola: i cavalli, in attesa negli spazi della proprietà, di tanto in tanto alzano la testa, scuotono il crine per ritornare a quelle passeggiate rimaste nel profondo.
In carrozza, signori, Marco sta per partire di nuovo.