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L’istinto di autodistruzione

Forse, dobbiamo uscire un po’ dai nostri provincialismi e assumere l’idea che ogni guerra, non solo se combattuta vicino a noi, ma anche in qualunque altra parte del mondo, deve riguardarci e dobbiamo in qualche modo farcene carico
25/01/2024

Per questo, più volte (anche l’8 gennaio scorso al Corpo diplomatico accreditato presso la s. Sede), Francesco ha detto che è in atto una “terza guerra mondiale a pezzi”, che si sta trasformando in un “vero e proprio conflitto globale” e che i tanti conflitti nel mondo, invece di placarsi si stanno sempre più allargando. Purtroppo, viviamo sopra una grande polveriera, sulla quale molti irresponsabilmente giocano con il fuoco (pensiamo al Medio Oriente e al Nord Africa). Una situazione che non ci consente di essere tanto ottimisti di fronte alla possibilità che tutto possa, perfino, improvvisamente, degenerare in una guerra atomica.

Settant’anni di pace

In Europa occidentale, devastata nel Novecento da due terribili guerre mondiali, per quasi 70 anni abbiamo vissuto un lungo periodo di pace, peraltro senza preoccuparci più di tanto di quelle che scoppiavano qua e là in varie parti del mondo. Di alcune di queste, però, siamo stati “costretti” a interessarci, o per motivi umanitari, o perché sollecitati e coinvolti dagli alleati anglo americani, o dalla Nato, o dall’Onu, mandando qualche contingente militare, come, ad esempio, in Libano (1982), in Iraq (1990), in Bosnia nel 1992 e poi nel Kosovo nel 1999, in Afghanistan (dal 2001-2021). Abbiamo avuto anche i nostri caduti, come i 53 morti in Iraq e i 7.600 militari che si son trovati malati di cancro, quasi certamente a causa dell’uranio impoverito usato dalla Nato nel 1999, durante i bombardamenti in Jugoslavia (sembra che di essi 400 siano morti). Le guerre, però, tolta quella nella vicina ex Jugoslavia, erano lontane da casa nostra, e molti erano convinti che la nostra, seppur modesta, partecipazione fosse, oltre che per motivi umanitari, anche per dare un sostegno o un contributo all’alleato americano impegnato a eliminare le centrali internazionali del terrorismo, esportare la democrazia, ma, anche, salvaguardare i propri interessi economici e geopolitici.

Una guerra sempre possibile

Dal 2022, però, con l’invasione della Ucraina da parte della Federazione Russa (ma già nel 2014 con l’occupazione della Crimea) la guerra è scoppiata anche da noi in Europa, destando grande preoccupazione, anche per le minacce sull’uso delle armi atomiche, a volte provocatoriamente ventilato da Mosca, costringendoci a investire enormi risorse per sostenere militarmente Kiev e per contrastare le mire espansionistiche del Cremlino. In questo frangente, ci siamo resi conto che la guerra potrebbe facilmente dilagare, coinvolgendo anche i Paesi della Nato confinanti con la Russia (come i Paesi Baltici) e, quindi, chiamare in causa direttamente anche noi. Per questo, ora, sentiamo maggiormente quanto siano vere e attuali le parole di Francesco sulla “terza guerra mondiale a pezzi”, sulle vittime e sulla necessità di cercare percorsi di pace e non di morte. Anche noi ci sentiamo di dire che questa escalation bellica ci fa paura, e che la capacità di autodistruzione che oggi ha l’umanità ci spaventa.

Educare il cuore

Forse, dobbiamo uscire un po’ dai nostri provincialismi e assumere l’idea che ogni guerra, non solo se combattuta vicino a noi, ma anche in qualunque altra parte del mondo, deve riguardarci e dobbiamo in qualche modo farcene carico, con percorsi di educazione alla pace, l’impegno politico e diplomatico, il sostegno umanitario, l’accoglienza dei profughi, ecc. Di fronte a quello che accade nel “villaggio globale”, dovremmo fare nostre le parole di don Milani, affisse nella scuola di Barbiana: “I care – mi interesso”. Oggi, sia come singole persone che come Nazioni, il far finta di niente è molto pericoloso e anche un po’ da irresponsabili.

Non possiamo, però, esimerci dal ricordare che ogni guerra, frutto dell’ingordigia umana per accaparrarsi sempre nuove risorse o di ideologie pseudo religiose o neocolonialiste, ha nel cuore dell’uomo il suo epicentro e la sorgente di ogni malvagità. Lo afferma in modo perentorio Gesù: “Dal cuore degli uomini, escono i propositi di male: impurità, furti, omicidi, adultèri, avidità, malvagità, inganno, dissolutezza, invidia, calunnia, superbia, stoltezza” (Mc 7, 21-22).

Il cuore, pertanto, deve essere educato e orientato al bene, alla pace e alla concordia tra gli uomini e i popoli. Ce lo ripete Francesco, il quale mette spesso in evidenza tutti i difetti che sovente albergano in esso, in primis l’ipocrisia e la falsità che lo rendono un “cuore doppio” e inaffidabile. Alla Gmg di Lisbona dell’anno scorso, ha detto che la via della pace passa per l’educazione, che è il principale investimento sul futuro e sulle giovani generazioni. Su questo fronte, di sicuro, dovremo investire di più; investire sui valori fondamentali della fede e della nostra più autentica e sana tradizione culturale europea plasmata dal cristianesimo. Non solo insegnando a rivendicare i seppur sacrosanti diritti, ma anche educando ai doveri e al senso di responsabilità verso gli altri, il bene comune e il futuro dell’umanità.

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