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Colombia: c’è chi vuole “fare a pezzi” gli accordi di pace

Il Presidente Santos ha posticipato la consegna delle migliaia di armi delle Farc per il prossimo 20 giugno, aspetto che fa parte ancora della lunga lista degli accordi non mantenuti. Molte incognite bloccano una pace autentica", denuncia l'attivtsa sociale vicentino Cristiano Morsolin.

09/06/2017

“Il Presidente Santos ha posticipato la consegna delle migliaia di armi delle Farc per il prossimo 20 giugno, aspetto che fa parte ancora della lunga lista degli accordi non mantenuti. Molte incognite bloccano una pace autentica, in mezzo a una sfiducia-rifiuto generale della popolazione nei confronti della guerriglia più antica del continente latinoamericano”. Così il vicentino Cristiano Morsolin, cooperatore, attivista sociale e ricercatore da anni trapiantato a Bogotá, commenta i primi giorni di quello che si annuncia come il mese decisivo per il decollo dell’accordo di pace e il reinserimento sociale degli ex guerriglieri.
Morsolin ha dedicato il suo recente libro “Antimafia Andina” (edizioni Antropos, 2017, recentemente presentato alla Camera dei deputati) il difficile eppure necessario cammino del paese verso la pace. E non si nasconde le incognite di carattere sociale e anche politico: “L’ex ministro degli interni Londoño all’epoca della presidenza Uribe in occasione del congresso del Centro Democratico, ha spiegato che il suo partito è una forza di destra «che farà a pezzi l’accordi di pace». Ha usato un pessimo vocabolo, destrozo, che nel linguaggio colombiano viene equiparato a «squartare», come facevano i paramilitari con la sega elettrica torturando ferocemente sindacalisti, donne leader, ambientalisti, ecc”.
Il clima che si respira in alcune zone del paese è insieme di cambiamento e di tensione. La popolarità del presidente Santos è crollata al 14%. Incandescente la situazione nel dipartimento del Chocó e nella zona di Buenaventura, nella Costa del Pacifico, con scioperi appoggiati dalla Chiesa cattolica, che pure sembrano aver trovato una positiva soluzione negli ultimi giorni. Si tratta di zone caratterizzate da povertà estrema, attività minerarie illegali, distruzione dell’ecologia ambientale, presenza di paramilitari, corruzione, violazioni dei diritti umani, assenza dello Stato. Nel Chocó quasi l’80% degli abitanti non accede ai servizi di base, ci sono migliaia di famiglie senza acqua potabile in casa. La protesta riguarda l’inadempienza del governo rispetto agli accordi del 2016 che prevedevano la costruzione di un ospedale, il miglioramento del servizio pubblico di acqua ed energia elettrica, la pubblicazione di una mappa aggiornata del Chocó, sicurezza rispetto ai paramiltari dell’Auc. A Buenaventura c’è stata la cronaca di uno sciopero annunciato. L’80% della popolazione è povera, il 70% è senza lavoro, quasi il 20% non sa nè leggere né scrivere, c’è il tasso di mortaltà più alto del paese, non c’è un ospedale”.

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