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Nepal: esplode la rabbia dei giovani

È esplosa in questi giorni la rabbia dei giovani della Generazione Z in Nepal, che protestano contro la corruzione, il nepotismo e clientelismo della classe politica, la stessa al potere da anni nel Paese asiatico. In settimana, sono iniziate proteste che hanno portato alla repressione da parte delle forze dell’ordine, con 21 morti e oltre 400 feriti, fino a mercoledì. La scintilla che ha fatto esplodere la rabbia è stata la chiusura, venerdì scorso, delle maggiori piattaforme social (tra cui Facebook, X, Linkedin e YouTube), perché non si erano registrate presso le autorità entro la scadenza. Ma il malumore covava da tempo. Le nuove generazioni sono costrette ad assistere al malgoverno del Paese, finalizzato solo al perseguimento di interessi e privilegi personali. “Stanno uccidendo i nostri fratelli! Siamo accanto ai nostri coetanei e appoggiamo le ragioni della protesta. Speriamo che cambi il sistema e arrivino al governo buoni leader, più giovani e preparati. Siamo un popolo pacifico e cerchiamo solo la giustizia sociale”. A parlare al Sir in maniera partecipe e appassionata sono Santa e Ranju (nomi di fantasia, ndr) due giovani cattolici nepalesi, in questi giorni in Italia per partecipare alle canonizzazioni di Carlo Acutis e Pier Giorgio Frassati. Stanno seguendo l’evolversi della situazione da Roma con apprensione, emozione e un briciolo di speranza. In Nepal i cattolici sono una piccola minoranza di circa 8.000 persone, su 30 milioni di abitanti, di cui l’80% induisti, il resto buddisti e musulmani. I manifestanti hanno dato fuoco al Parlamento, alla Corte suprema e al distretto giudiziario, ad abitazioni, scuole e veicoli di proprietà dei politici. Le proteste hanno portato alle dimissioni del primo ministro Khadga Prasad Sharma Oli, 73 anni, quattro volte primo ministro e leader del Partito comunista. Il blocco delle 26 piattaforme social è stato revocato e ora la protesta ha nuovi spazi per esprimersi. L’aeroporto internazionale della capitale, Katmandu, è ancora chiuso, causando grandi disagi per il traffico aereo internazionale. Il presidente del Nepal Ramchandra Paudel ha invitato tutti “a collaborare per una risoluzione pacifica della difficile situazione del Paese”.
“La polizia ha deposto le armi. Si sono scusati con i manifestanti dicendo che non uccideranno più - riferiscono i giovani cattolici nepalesi -. I politici si stanno nascondendo perché sanno che rischiano la vita. Finora le stesse famiglie si sono spartite il potere e hanno tenuto fuori dai giochi i giovani politici emergenti - spiegano -. Speriamo che si facciano da parte e diano finalmente spazio a chi vuole ristabilire la giustizia sociale nel Paese”.