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Russia tra sangue e misteri
Boris Nemzov, oppositore di Putin, è stato freddato a pochi metri dal Cremlino. E’ un omicidio politico. In molti incolpano Putin, ma le domande sono molte di più delle certezze

Venerdì sera, 28 febbraio, sul ponte di fronte al Cremlino, un killer spara e uccide Boris Nemzov, ex vicepremier ai tempi di Eltsin e uno dei leader dell’opposizione al presidente Vladimir Putin. Questo è il fatto, nudo e crudo, innegabile.
E’ sull’interpretazione di ciò che è accaduto che emergono posizioni opposte e contrarie. Sono queste a interrogare. Sicuramente è un omicidio politico, ovviamente è un’uccisione che vuole mettere in difficoltà una parte, ma quale? Potrebbe essere l’uccisione di uno scomodo capo dell’opposizione, oppure una morte eccellente per mettere in cattiva luce Putin. Al momento non c’è una risposta certa e non è bene accettare le sicurezze di chi sostiene che Putin sia il solo possibile mandante dell’omicidio. Tanta parte dell’Occidente si è già pronunciata contro di lui, prima di un processo. I nemici di Putin hanno reagito con dichiarazioni pesanti. Petro Poroshenko, il presidente dell’Ucraina ha detto che Nemtsov era “un ponte tra l’Ucraina e la Russia. Gli spari degli assassini lo hanno distrutto. Credo non per caso”. Sulla stessa linea l’ex presidente georgiano Mikheil Saakashvili: “Stava lavorando ad un rapporto sulle prove del diretto coinvolgimento russo nella guerra del Donbass. Non mi sorprende che sia stato ucciso. Mi sorprende che non fosse successo finora”.
La teoria del complotto
Certo, c’è l’inquietante circostanza dell’intervista che lo stesso Boris Nemtsov rilasciò al giornale online Sobesednik il 10 febbraio nella quale dichiarava al giornalista la preoccupazione della propria madre: “La chiamo regolarmente e mi dice «Figliolo, quando smetterai di criticare Putin? Ti ucciderà»”. All’intervistatore che lo pressava, rispose che sì, anche lui “un poco” temeva questa eventualità.
Anche questa intervista però si può leggere in due modi. Il primo è più lineare: un’accusa profetica verso Putin, il mandante suo omicidio. Qualche giornalista ha collegato questa uccisione con quella del deputato socialista Matteotti che ebbe come mandante diretto o indiretto Mussolini. Tuttavia, mancano le prove. Il secondo, e più contorto, è che questa intervista sia stata un involontario suggerimento a chi stava cercando una “personalità in vista” da trasformare in “vittima sacrificale” contro Putin.
Se anche Mikhail Gorbaciov, nemico di Putin, afferma che l’omicidio Nemzov è stato compiuto “per destabilizzare la situazione interna della Russia”, probabilmente non bisogna avere fretta di condannare Putin. Ma anche per questa pista mancano le prove che possano far chiarezza. La teoria del complotto è la più accreditata ma non risolve nulla, specialmente se per coerenza la si applica ad ogni parte in causa.
Uccidere i nemici
Purtroppo la storia russa recente è costellata di omicidi illustri che sono stati addossati al potere politico. In questi giorni sono tornate alla memoria le uccisioni di Anna Politkovskaja e di Aleksandr Litvinenko.
Anna era una grande giornalista che aveva raccontato la guerra in Cecenia. Sulle pagine del suo giornale e dei suoi libri aveva fatto conoscere le violenze dei soldati e sui soldati russi, arruolati a forza e mandati al massacro. Aveva dato voce alle associazioni di madri dei soldati e dei giovani scomparsi senza che se ne sapesse nulla, alle denunce contro le ingiustizie in territorio russo e ceceno, alle inchieste per reati di corruzione continuamente insabbiati ed assolti dalla magistratura russa. La Politkovskaja dava fastidio a molti senza mai nascondersi, anzi firmò ogni suo articolo fino a quando i colpi di una Makarov, la stessa pistola che ha ucciso Nemzov, spense la sua vita. Era il 2006.
Aleksandr Litvinenko fu un personaggio controverso. Fu agente dei servizi segreti russi e in seguito dissidente. Le sue rivelazioni furono assai pesanti anche se non sempre verificabili. Denunciò piani di uccisione di personaggi illustri nella nuova Russia. Nel 2006 fu ucciso con un metodo usato dei Servizi segreti sovietici; gli fu fatto ingerire una dose mortale di polonio, una sostanza radioattiva. Perché ucciderlo? Su cosa doveva tacere? Essendo un dissidente molti pensarono che desse fastidio al governo Putin.
Far west russo
Vladimir Putin ha definito l’omicidio di Boris Nemtsov un gesto “crudele e una provocazione”. Il portavoce del Cremlino, Dmitri Peskov, ha aggiunto che “Nemtsov non rappresentava una minaccia a livello politico per il presidente”. E’ troppo poco. E’ una reazione troppo debole per una nazione così grande dove gli omicidi di persone che sono contro il potere attuale non sono per nulla rari, dove i potenti che si mettono contro il potere costituto possono finire in carcere e anche nei gulag. Per quanto riguarda la libertà di stampa, la Russia è al 152° posto in graduatoria su 180 nazioni. Se non c’è libertà di stampa non c’è libertà di pensiero. L’industria russa è in crisi ma la mafia russa opera in tutto il mondo con profitto. La grande Russia sembra ridotta al far west ove vigeva la legge del più forte, ove il pistolero più veloce o la banda più potente diventavano legge. E questo è affare di Putin.