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“F1” e “The End”: tra corse di riscatto e musical post-apocalittici

Forse è la volta buona. Hollywood non è mai stata seriamente attratta dal mondo della Formula 1. Nell’ultimo decennio però qualcosa è cambiato: da “Rush” (2013) di Ron Howard a “Le Mans ‘66. La grande sfida” (2019) di James Mangold, fino a “Ferrari” (2023) di Michael Mann. Dal 25 giugno è nelle sale con Warner Bros. un film che ne celebra il mito: è “F1” di Joseph Kosinski, prodotto dall’influente Jerry Bruckheimer. Protagonista Brad Pitt. Un racconto che viaggia spedito tra sequenze adrenaliniche, musiche enfatiche firmate Hans Zimmer e una storia che ha il sapore del riscatto. In uscita anche il dramma post-apocalittico in chiave musical “The End” scritto e diretto da Joshua Oppenheimer, con Tilda Swinton e Michael Shannon. Suggestioni acute sul mondo al capolinea, ritratto di una comunità umana fragile e rassegnata. Racconto stiloso marcato da lampi di genialità, appesantito però da lungaggini fuori controllo.

https://www.youtube.com/watch?v=ugEHJNIWzOM

“F1” (Cinema, 25 giugno)

Il produttore Jerry Bruckheimer è una garanzia. Tra i suoi successi a partire dalla Hollywood anni ’80 troviamo “Flashdance” (1983), “Top Gun” (1986), “Beverly Hills Cop” (1984-87), come pure la popolare saga “Pirati dei Caraibi” (2003-17) e la serie “CSI”. Suo è sempre il gioiellino “Top Gun: Maverick” (2022) diretto da Joseph Kosinski. E proprio quel set è stato favorevole alla nascita del progetto “F1”, film dedicato al mondo della Formula 1 raccontato in grande stile, con uno spiegamento di mezzi, scene epiche ed adrenaliniche, ma anche con una grintosa storia di riscatto. “F1” è una scommessa per Bruckheimer e Hollywood, perché l’industria culturale a “stelle e strisce” non ha mai davvero creduto al mondo delle quattro ruote. A far decollare il progetto Apple TV+ e il divo Premio Oscar Brad Pitt, che superati sessant’anni non dimostra di cedere in smalto al pari del collega Tom Cruise. Nel cast anche il Premio Oscar Javier Bardem, Kerry Condon (“Gli spiriti dell'isola”), Tobias Menzies (“The Crown”), Kim Bodnia (“The Bridge”) e Damson Idris. Tra i guest i veri piloti Lewis Hamilton (anche produttore), Max Verstappen, Charles Leclerc e Fernando Alonso.

La storia. Stati Uniti, Sonny Hayes è un veterano delle corse automobilistiche. Dopo un passato tra i grandi della Formula 1 negli anni ’90, a seguito di un brutto incidente si è defilato dai riflettori adattandosi a corse minori. Un giorno gli fa visita il suo ex collega Ruben Cervantes, proprietario di un team di Formula 1: trovandosi in difficoltà e senza secondo pilota per il campionato gli propone un’audizione. Dopo qualche esitazione, Sonny accetta di tornare a gareggiare sperando così di riscattare la carriera bruscamente interrotta. Nella scuderia, però, non tutti lo accolgono al meglio: il giovane primo pilota Joshua Pearce lo percepisce come un ostacolo e l'ingegnere Kate McKenna lo scruta con diffidenza...

“È una storia di redenzione – sottolinea Kosinski – Sonny era una giovane promessa con molta pressione sulle spalle; le cose non hanno funzionato e la sua vita è andata a rotoli, ma poi ha trovato un modo per tornare. È una storia fantastica, in cui ci si può identificare, pur essendo digiuni di corse automobilistiche”.

Dunque, sullo stesso tracciato adrenalinico e tematico di “Top Gun: Maverick” – da quel progetto proviene, infatti, oltre a Kosinski e Bruckheimer anche lo sceneggiatore Ehren Kruger –, ha preso piede, anzi velocità, il film “F1”, un racconto che fonde motori, agonismo e fratture della vita. Il protagonista è uno “sconfitto”, un talento che non è riuscito a raggiungere il podio sperato ed è costretto a vivere un’esistenza deragliata. Certo, in apparenza si dimostra distaccato e “risolto”, in verità Sonny è tallonato dai rimpianti. Quando il suo ex collega Ruben gli propone l’azzardo di tornare in pista, una seconda occasione in carriera, Sonny sulle prime esita, per paura di nuove delusioni, ma subito dopo si getta a capofitto in un’impresa audace ed epica: tornare a vincere, ma soprattutto riscattarsi, sbaragliando anche i pregiudizi di chi gli è accanto, che lo etichetta come pilota bollito.

L’ossatura del copione è lineare e prevedibile, ma a dare un twist al racconto è l’accuratezza e l’immersività delle scene di guida, a bordo delle vetture della Formula 1. Nelle sequenze d’azione – come quelle di volo per “Top Gun: Maverick” – si assapora brivido, pathos, coinvolgimento e tensione. La regia di Kosinski è determinante nel successo del film, come pure le musiche vibranti del Premio Oscar Hans Zimmer. A questo si aggiunge anche l’ottimo cast, in testa Brad Pitt, che è riuscito a mantenere lo stesso passo della produzione. Il risultato è un titolo solido e coinvolgente, pensato per l’evasione, indirizzato ad appassionati del Gran Premio ma non solo; un film che conquista anche per la parabola di riscatto del protagonista, per la (ri)costruzione dello spirito di squadra e per il percorso formativo-esperienziale che lega giovani piloti e veterani. Consigliabile, realistico, per dibattiti.

https://www.youtube.com/watch?v=Fn9aeBGZ990

“The End” (Cinema, 3 luglio)

Il documentarista statunitense Joshua Oppenheimer – suo “The Look of Silence” (2014) – si misura con il lungometraggio di finzione attraverso l’originale e suggestivo “The End”, un dramma post-apocalittico puntellato di eleganza feroce che volteggia con atmosfere musical con rimandi alla Hollywood classica. Nella sua realizzazione si è affidato ad attori di peso come la Premio Oscar Tilda Swinton, Michael Shannon insieme ai giovani in ascesa George MacKay (“1917”) e Moses Ingram (“La regina di scacchi”). Firma il copione lo stesso Oppenheimer con Rasmus Heisterberg (“A Royal Affair”). Il film è una coproduzione europea targata Danimarca, Svezia, Germania, Irlanda, Regno Unito e Italia, distribuito nei cinema da I Wonder Pictures.

La storia. In un presente-domani post-apocalittico, nel cuore di una montagna si trova un bunker abitato da una famiglia facoltosa composta da due genitori cinquantenni, un figlio venticinquenne e tre collaboratori-amici. Le giornate si susseguono con una routine puntuale tra attività artistiche, sportive, cene eleganti e simulazioni di evacuazione. Il mondo fuori è ormai polverizzato da guerre e cambiamenti climatici, dove l’umanità è pressoché scomparsa. Un giorno la piccola comunità è sconvolta dalla visita di una giovane donna, che bussa alla porta del bunker come superstite in cerca di accoglienza. Sospettosa e spaventata, la famiglia accetta di farla entrare. Sarà l’inizio di un serrato confronto tra realtà e illusione, tra felicità e menzogne...

“Vediamo l’abisso davanti a noi – indica Oppenheimer – sappiamo che ci stiamo correndo incontro, eppure non cambiamo rotta. Ci diciamo che il cataclisma non arriverà mai (...) ‘The End’ esplora la logica conclusione di questo autoinganno: una famiglia rintanata in un bunker anni dopo che tutti gli altri sono morti, godendo di ogni comfort, un ultimo barlume di coscienza umana circondata dagli artefatti di una specie scomparsa, ripetendosi disperatamente di essere felici e di star bene, e che quindi sia tutto a posto”. “The End” è di certo un film acuto e attuale, dotato di grande fascino a livello tematico e dalla raffinata cura estetica, che esalta bene la storia di una famiglia facoltosa che si è ricavata una nicchia dove rintanarsi quando soffia la fine del mondo. Un non-luogo fornito di ogni comfort come un hotel a cinque stelle, dove ruota ripetitiva e illusoria la loro esistenza. È una storia declinata in chiave musical dove in scena troviamo menzogne e follie di un’umanità incapace di affrontare il dramma, il barato. Il mondo fuori è imploso in un collasso climatico-bellico, e lì dentro c’è la presunzione di voler ignorare tutto ciò. Fino a quando non arriva a svegliare le loro coscienze (ma ci riuscirà davvero?) una giovane superstite. Una migrante post-apocalittica. Alla fine, viene accolta, ma per poter vivere lì è costretta ad abbracciare la finzione di quel mondo, a indossare una maschera di felicità artefatta. Anche lei deve partecipare al musical...

Oppenheimer dimostra consapevolezza e maturità artistica, componendo un’opera onirico-delirante su binario musical, dove la ferocia è stemperata dal bello e dall’eleganza. Un film denuncia sofisticato e raffinato, che conquista a livello concettuale, per messa in scena e per l’ottima performance degli attori. Purtroppo, l’eccessiva lunghezza e le non poche dispersioni narrative rendono l’esperienza spettatoriale faticosa, stancante. Consigliabile, problematico, per dibattiti.

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