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Il triduo di preghiera per la pace della comunità di Negrisia



Da più di 650 giorni siamo tutti “bombardati” da notizie e immagini di stragi degli innocenti, di violazione dei diritti umani e di crisi umanitarie da un lato, dal desiderio di potere e di vittoria dall’altro. Poveri e innocenti continuano a subire l’ego di pochi. Certa della forza della preghiera, la parrocchia di Negrisia ha deciso di dedicare il triduo, in preparazione alla festa del patrono San Romano martire, alla pace, dedicando le prime due sere alla preghiera del rosario meditando le parole di Papa Leone, del cardinal Pizzaballa e del Patriarca ortodosso greco Teofilo III e la terza sera a una veglia per invocare lo Spirito di Pace. Durante quest’ultima provocante è stata la riflessione del parroco Don Gianni Biasi. “L’opera del diavolo - dice - sta venendo alla luce, sta agendo alla luce del sole. All’essere umano è stata rubata, con l’inganno, la libertà. Tante persone hanno ceduto alla paura, si sono sentiti accolti dalla maggioranza e non hanno più avuto bisogno di pensare. Non viene più messo in atto l’esercizio del discernimento, non ci si informa, non si elaborano i pensieri. Questo modus operandi è diventato frequente anche tra i Cristiani ed è diventato normale ragionare “a fotocopia”. Oggi, anche nelle nostre comunità, c’è bisogno di coraggio e di uscire. Oggi, tra le macerie, la piccola comunità della sacra famiglia di Nazareth di Gaza, con padre Romanelli, è una luce che splende nelle tenebre, esule luce in speranza, alimentata dall’ instancabile affidamento al Signore”.
Durante la veglia è stata chiesta con insistenza la conversione dei cuori e il dono della pace, per uscire dall’indifferenza, per alimentare la speranza dei nostri fratelli di Terra Santa.
È stato invocato lo Spirito Santo anche per avere il coraggio di essere artigiani della pace a partire dalla quotidianità. In questi giorni continua la raccolta fondi per le borse di studio per i giovani Cristiani di Terra Santa che la parrocchia da anni sostiene. Risuonano forti in noi le parole di Papa Leone recitate all’Angelus del 22 giugno scorso: “Oggi più che mai, l’umanità grida e invoca la pace. È un grido che chiede responsabilità e ragione, e non dev’essere soffocato dal fragore delle armi e da parole retoriche che incitano al conflitto. La guerra non risolve i problemi, anzi li amplifica e produce ferite profonde nella storia dei popoli, che impiegano generazioni per rimarginarsi. Nessuna vittoria armata potrà compensare il dolore delle madri, la paura dei bambini, il futuro rubato”. (Laura Dall’Antonia)