Il Governo Netanyahu
In questo, il Governo di Benjamin Netanyahu, tenuto sotto scacco dalla destra estrema,...
Prendiamo spunto da una sentenza del luglio scorso emessa dal Tribunale di Novara, il quale ha individuato una nuova tipologia di danno, quello da mancato commiato connesso all’impossibilità di assistere un proprio caro nel momento del trapasso. Nel caso esaminato dal Tribunale, a una donna non era stata concessa l’opportunità di assistere il marito, da tempo ricoverato presso una casa di riposo, negli ultimi istanti di vita. Il contesto storico in cui si innesta la vicenda è particolare, perché l’evento è avvenuto a gennaio 2021, quindi in piena pandemia da Covid 19. Come noto, in tale frangente, il nostro legislatore ha emesso una miriade di decreti volti a contenere i contagi, anche attraverso il divieto di accedere alle strutture sanitarie, specialmente alle Rsa. Giusta o sbagliata la legislazione emergenziale, non sta a noi giudicare, sta di fatto che in quel periodo molte persone non sono state in grado di dare l’ultimo saluto al proprio marito, padre, nonno, fratello, moglie, madre, nonna, sorella, amplificando se possibile il dolore patito per la perdita. Nel caso specifico, alla moglie, arrivata in struttura quando ormai il marito era morto, le era stato concesso di dare l’ultimo saluto alla salma; tuttavia, ella si era rifiutata in quanto, come il marito, era atea e pertanto riteneva superflua tale pratica essendo convinta che non vi sia una vita ultraterrena dopo la morte. Il Giudice di Novara, anche per questo, ha deciso il caso dando ragione alla moglie, giustificando la propria decisione, in un certo senso storica, ritenendo che in tali casi esista un “danno da mancato commiato”. In sostanza, il Giudice ha ritenuto sussistere in capo ai responsabili della Rsa un eccesso di potere che abbia indotto gli stessi, pur nell’ambito delle rigide norme emergenziali, a non declinare il potere discrezionale proprio di tutte le Pubbliche Amministrazioni, nel senso di concedere nel caso specifico la possibilità alla moglie di assistere, con le dovute cautele, il marito morente. Il Giudice ha ritenuto concomitanti una serie di eventi determinati dalle decisioni del Direttore della Rsa quali un eccesso di prudenza nel rispetto delle norme anti-Covid 19, ma pur sempre un eccesso, un ritardo nell’avvisare la moglie dell’imminente decesso del marito, situazione ormai chiara da giorni, ciononostante la signora è stata avvertita telefonicamente dalla Rsa a decesso avvenuto, una chiara volontà della Rsa, forse eccessiva, di cautelare i pazienti e cautelarsi da possibili ripercussioni. Tutti questi eccessi, a parere del Giudice, illegittimi, hanno determinato l’impossibilità per la moglie di essere presente all’ultimo respiro del marito causandole una sofferenza profonda derivante dall’impossibilità di condividere con la persona amata il momento finale della vita. Negare o ritardare arbitrariamente l’accesso a un familiare per l’ultimo saluto a un congiunto in fin di vita costituisce illecito extracontrattuale e genera il diritto al risarcimento del danno di natura esistenziale. La Rsa è stata, quindi, condannata a risarcire la moglie con una somma di denaro, nello specifico cinquemila euro, che di sicuro non allevierà le sue sofferenze ma crea certamente un precedente di rilievo. Si tratta, infatti, di una decisione dal grande valore simbolico e giuridico perché per la prima volta afferma, con chiarezza, che la tutela della salute pubblica non può prevaricare il diritto alla dignità, agli affetti e al dolore altrui.